GRANA PADANA

"La Lega va rifondata dal basso, diventi la Volkspartei del Nord"

Borghezio, figura storica (e controversa) del Carroccio, non ha dubbi. Dopo lo sfacelo di Salvini serve un cambiamento radicale della linea politica. "Fare ammenda degli errori tornando ai temi fondativi. I sentimenti leghisti sono oramai più fuori dal partito che dentro"

“O la Lega diventa la Volkspartei del Nord, oppure è meglio che stiamo a casa”. Il numero di telefono è sempre quello, ma l’esordio di Mario Borghezio alla chiamata dello Spiffero non è più quel “Pronto, Padania libera” con cui per molto tempo rispondeva l’Obelix (appellativo che divideva con un’altra figura epica delle origini, Erminio Boso) torinese, a lungo in Parlamento in Italia e in Europa (dove allacciò ua forte amicizia con Marine Le Pen),

Borghezio sempre pimpante e pure un po’ dirompente, lei. La Lega, invece mica tanto. I mal di mancia per la linea del segretario sembrano quasi un’epidemia, ieri tre consiglieri regionali lombardi hanno lasciato il gruppo e dopo poche ore sono stati espulsi da Salvini. Il Comitato Nord voluto da Umberto Bossi dà voce a un sempre più diffuso malcontento. E adesso lei sposta il nordismo fino al modello altoatesino. Non dica che alla Lega ci vuole un Silvius Magnago? 
“Alla Lega serve una rifondazione dal basso, aprendola a nuovi contributi. C’è la necessità di dare spazio a quelli che considerano ormai parecchio appannata la presa sui temi nordisti. Sarebbe molto importante dar vita a una serie di iniziative per riprendere il dialogo con quelle moltissime persone che oggi non votano la Lega, ma che si riconoscono ancor più di prima nelle idee fondative della Lega. Che vanno riprese, ovviamente attualizzandole”.

Quindi il riferimento alla Volkspartei era per dire che…
“Per dire che non possiamo ragionare sull’8 per cento, nel Nord dobbiamo puntare al 51”.

La realtà però sta attorno sotto al dieci.
“Veda, abbiamo un Nord molto diverso da quello di quando è incominciata l’avventura della Lega, ma sembra che la Lega politicienne non se ne accorga o non ne sia sufficientemente consapevole”.

Borghezio lei richiama all’attenzione sul Nord, ma a Roma ha allacciato rapporti con l’estrema destra, incontrando pure il neofascista Stefano Delle Chiaie fondatore di Avanguardia Nazionale, ai cui funerali fu addirittura presente. Non è stato un errore quella strada nazionale, non poco spostata a destra, poi imboccata anche da Salvini arrivando a togliere il Nord pure dal simbolo? 
“Io avevo captato dei sostegni elettorali a Roma, parlando però da padano. L’errore è pensare di far politica a Roma parlando da romani. La Lega quando parla come parlano i politici romani, perde la sua identità. E ne paga le conseguenze”.

Le paga anche per aver varato, nel primo governo gialloverde, il reddito di cittadinanza. Un errore imperdonabile, che il Nord nel frattempo non ha perdonato?
“Certamente un gravissimo errore. Assecondare i grillini in queste scelte borboniche è stato un passo falso e molti elettori del Nord hanno voluto darci una lezione, non votandoci più”.

Senta Borghezio, appare sempre più evidente il peso che l’iniziativa del Comitato Nord ha per liberare e anche amplificare i mal di pancia all’interno della Lega. Dunque, è stata un’intuizione felice e tempestiva quella del Senatur? 
“Sicuramente questa funzione ce l’ha e la sta esercitando. Tutto quello che fa Umberto è sempre motivato e ispirato esclusivamente dall’amore per la Lega. Non so a che cosa questa iniziativa possa portare concretamente, lo diranno i fatti. Una cosa è certa, Bossi è un personaggio che ormai appartiene alla storia della Lega e oggi il suo ruolo è quello di indicare una direzione. La linea politica deve essere formulata da chi guida il partito”.

Serve un cambio di leadership?
“È necessario che i capi politici della Lega affrontino con lucidità una situazione che vede ormai il sentimento leghista più fuori che dentro il partito”.

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