Totosindaco ad Alessandria

Da “giornalista improvvisato”, che ama definirsi “grillo parlante” o “bastiancontrario”, il quale per mantenere neutralità ed obiettività di giudizio alle prossime elezioni comunali non andrà neanche a votare, mi siano consentite alcune considerazioni aggiuntive anche perché si vanno meglio delineando le candidature a sindaco alle prossime comunali di Alessandria. Con una doverosa premessa. Non si tratta delle elezioni presidenziali degli Usa, ma appunto delle comunali in una Città in crisi con indicatori sociali ed economici del profondo Mezzogiorno in un Paese fallito. E forse quasi quasi è meglio perdere che vincere.

Prendiamo in considerazione i principali schieramenti dal minore al maggiore, almeno sui sondaggi nazionali, anche se forse in Alessandria, città con il 40 per cento degli abitanti in pensione M5s è meno “forte”. Nel centrodestra a livello nazionale l’emorragia in FI non è compensata dalla crescita della Lega. In Alessandria i tanti “galli nel pollaio” sono stati tenuti a lungo in scacco dalla discesa in campo di Maconi, che pare non avverrà, puntando forse più saggiamente a completare la propria carriera sanitaria, magari anche con risvolti manageriali. Occhio però al profilo!

Via Maconi a quanto pare le segreterie, con una dinamica secondo me discutibile, avrebbero incoronato Cava, pensionato della Camera di Commercio ed ex esponente della Dc. Non discuto sulla competenza ed onestà del candidato, anche se mi sembra distante dalle tradizioni laiche cittadine ed espressione di un mondo, la vecchia Dc, che non esiste più, come la realtà del commercio uccisa dalla grande distribuzione. Il migliore candidato la Lega l’aveva in casa, anche perché giovane ed in grado di bucare i mass media. Mi riferisco al segretario regionale Molinari. Sul perché non si candidi, magari in splendida solitudine, mi riesce difficile comprendere. Anche una “bella sconfitta” può sempre giovare, evidenziando dot i di leadership e di trascinatore dell’intera destra.

Nel centrosinistra la Rossa comunque doveva ricandidarsi. Ed è anche fortunata, perché se gli inizi non sono stati brillanti anche per le “casse vuote”, si è rilanciata col buon lavoro fatto durante l’alluvione e l’inaugurazione del Ponte Meier, il quale, piaccia o non piaccia, contrassegnerà l’immagine di Alessandria per secoli, come la Cittadella. L’inaspettata svolta “clericale” della destra poi la renderà di nuovo gradita a tanti laici, che non si riconoscono in quanto accaduto.

Ed infine i pentastellati, il maggior partito del Paese, forse no in Alessandria per le peculiarità anagrafiche. Non hanno ancora un candidato ufficiale, forse sarà l’architetto Serra. Li comprenderemo meglio quando leggeremo la composizione della lista e forse la squadra di governo. Purtroppo una volta che si vince arriva il difficile e cioè governare, applicando l’arte del compromesso. La vicenda della Raggi è emblematica, Avrà forse delle “colpe”, ma il “Sistema Roma” non l’ha mai accettata e le gioca contro, con il risultato che alla fine si faranno tutti male.

Ed infine, non me ne vogliano se li chiamo così, i “cespugli ” con tanti nomi come quelli di Miraglia e Costantino. Il più “strutturato” mi pare Barosini, anche perché una sua corsa solitaria potrebbe togliere voti importanti al centrodestra per arrivare al ballottaggio ed essere decisivo nello stesso, qualora si sfidassero i blocchi “tradizionali” di Centro-Destra e Centro-Sinistra.

Infine un rammarico da osservatore. Ho sempre sperato nell’ arrivo di un “Papa Nero” cioè nel ritorno a casa di un Alessandrino di grande profilo, in grado di rilanciare la città, avendo conoscenze e rapporti ben al di là di Tanaro e Bormida. Ce ne sono tanti. In ordine alfabetico, scusandomi di eventuali dimenticanze, Giordano, Malvezzi, Mensi, Patuano. Ma forse, ritornando all’inizio dell’ articolo fare il sindaco di Alessandria non è cosi ambito!

*Pietro Luigi Garavelli, medico e sindacalista

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