Quei rivoluzionari da operetta

Torino è città dalla storia molto complessa: la più importante d’Italia come città operaia (Fiat) negli anni fine '60 -'70 -'80 è stata forse la più importante culla feconda di fenomeni storicamente pesantissimi come Lotta Continua, Potere Operaio, Brigate Rosse, Prima Linea. A Torino hanno avuto seguaci innumerevoli nelle università cittadine mentori illustri come Toni Negri, Adriano Sofri, e molti altri. Moltissimi attuali professori universitari torinesi (soprattutto storici e sociologi) hanno partecipato a quei movimenti e assorbito le lezioni di quegli anni, e ne continuano a passare il messaggio ai propri studenti.

Se non si conosce a fondo la radice storica dell’evoluzione a Torino della filosofia della “violenza politica” finalizzata alla sovversione della società capitalistica e “fascista” (termine ampiamente usato come connotato fondamentale per definire anche le forze dell’ordine, chiaramente individuate come bieche serve del potere), non si capisce come a Torino tuttora esistano amplissime sacche di persone, spesso ignoranti, intrise dagli ultimi cascami di quelle filosofie, deformate e malamente introiettate attraverso slogan banali, propagandate con faciloneria e oggi finalizzate a una destabilizzazione generica, all’espressione di una violenza tout court, alla sicurezza che tanto nessuno affronta il problema, alla espressione di una mal interpretata “libertà” che di fatto nasconde la voglia di non fare nulla, vivere a carico della società ed esprimere una violenza che mira a mantenere privilegi individuali e ad imporre (questo sì in maniera “fascista”) violentemente i propri modelli a tutta la comunità.

I centri sociali (che in alcuni, rari casi hanno fatto e fanno anche azioni socialmente valide come vorrebbe il loro nome) sono per gran parte formati da figli della buona e alta borghesia torinese, figli viziati di professori universitari, intellettuali di grido, politici di rango, professionisti affermati, medici, avvocati, ecc. ecc. tutte famiglie dai redditi elevatissimi, i “ragazzi” insomma giocano a fare i rivoluzionari/anarchici (e Bakunin si rivolterà sicuramente nella tomba!!), a occupare stabili della comunità, a sbeffeggiare e aggredire chi si permette di contrastarli e la cosa più interessante è che se aggrediscono anche pesantemente e violentemente, una certa parte di questa società è con loro, Torino mantiene in una sua parte la tradizione della violenza contro le istituzioni.

Da quegli anni le forze dell’ordine furono bollate come “violenti, sbirri maledetti, carogne servi del potere”, ecc. considerati pericolosi nemici della società, gente da combattere e distruggere. Questi messaggi ripetuti come un mantra per anni e anni hanno continuato a riempire i cervelli di centinaia di migliaia di giovani e non, spesso grazie agli insegnamenti universitari e anche ai media compiacenti in queste campagne di odio.

Non dobbiamo dunque stupirci se oggi, a Torino, eventi come quello accaduto in Piazza Santa Giulia vedono ancora una volta da una parte i poliziotti come biechi servi del potere e dall’altra coloro, i rivoluzionari che si battono per difendere l'alcol in vetro, come eroi di una battaglia che di rivoluzionario non ha evidentemente nulla e in realtà nasconde soltanto una prepotente affermazione della illegalità fine a sé stessa, giusto per sentirsi “eroi” da operetta.

Aggiungo per inciso che molti ex esponenti dei gruppi citati all’inizio resteranno nel mondo dell'informazione (e a volte anche i loro figli), in cui occupano oggi di fatto ruoli strategici, chi lavorando in televisione (Rai, Finivest, La7) chi su varie testate giornalistiche. Tra i più noti Gad Lerner, Paolo Liguori, Gianpiero Mughini, Toni Capuozzo e lo stesso Adriano Sofri... con buona pace dell’imborghesimento con notevoli vantaggi economici dei grandi maestri della rivoluzione.

*Simonetta Chierici, presidente del coordinamento nazionale “No degrado e malamovida”

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