Ma che razza di discussione

E ci risiamo. Il polverone mediatico che si sta sollevando sull’uso della parola “razza” sta superando quello già grande sollevato sui sacchetti biodegradabili. Il molto “rumore per nulla” sta battendo il molto “rumore per poco”. Siamo imbattibili in quest’arte. Non a caso Shakespeare ambientò la sua “Much ado about nothing” a Messina: sarebbe stato inverosimile ambientarla nella fredda Londra o nella sua piccola Stratford. È banalmente il frutto della nostra cultura: dalla tragedia greca ad Eduardo De Filippo, passando per Seneca, la letteratura epica, il melodramma e Totò.

La genesi del caso sono state le parole di Attilio Fontana, candidato presidente della Regione Lombardia: ha sostanzialmente detto che L'Italia non può “accettare tutti” gli immigrati (in maggioranza di razza nera) perché si metterebbe a rischio la razza bianca. Apriti cielo! L’aver usato la parola razza ha indignato i benpensanti del politically correct, che l’hanno additato come apertamente razzista. Si noti bene che la critica si è incentrata solo sulla parola razza, non risulta che qualcuno abbia contestato il significato della frase, ovvero una cosa banalissima per chi ha un minimo di nozioni di genetica. Se inserisco un coniglio nero in una popolazione di conigli bianchi, la percentuale di quelli bianchi scenderà, alla lunga magari fino a zero. In questo senso esiste il pericolo per la razza bianca. Qualcuno ha addirittura tirato in ballo le discriminatorie leggi razziali del 1938, che indubbiamente diedero una connotazione negativa alla parola razza e ai suoi derivati. Si identificava erroneamente con quel sostantivo un gruppo religioso, quello ebraico, a prescindere dalle caratteristiche antropologiche. Essere ebraico non implica infatti avere specifiche caratteristiche fisiche, e lo stesso dicasi per l’essere cristiano o musulmano. Quindi l’errore fu quello di traslare il significato della parola razza, ovvero l’attribuire un’etichetta razziale ad un gruppo religioso. Magari solo perché la stragrande maggioranza delle persone di quel gruppo possedeva ben individuabili caratteristiche fisiche.

La parola razza non è di per sé condannabile, possiamo continuare ad usarla. Anche perché la troviamo nell’articolo 3 della Costituzione, distinta dalla religione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. La troviamo in tutti i vocabolari. Il Treccani, per esempio, come prima accezione specifica: “In biologia, popolazione o insieme di popolazioni di una specie che condividono caratteristiche morfologiche, genetiche, ecologiche o fisiologiche differenti da quelle di altre popolazioni della stessa specie”. Ovvero: noi umani apparteniamo alla specie umana e siamo suddivisi in razze, o sottospecie. In base a fenotipi differenti esistono una razza bianca, gialla, nera; una razza australiana, sudanese, nilotica, etc..

È scorretto invece affermare che esiste una razza superiore o una inferiore, una migliore o una peggiore: proprio perché sono classificazioni che prescindono dal fenotipo, ovvero da ciò che appare, quindi da qualcosa di oggettivo. Ma sono giudizi più ampi, morali, comportamentali o religiosi, quindi soggettivi. Attilio Fontana non aveva perciò nulla di cui scusarsi. La sua espressione sarà stata anche un lapsus, ma corretta. Se infatti in una popolazione umana di una razza, individuata in base colore della pelle, si introducono (troppi) individui con la pelle di un altro colore, ovvero di un’altra razza, la prima rischia di veder scomparire il colore originale della pelle dei suoi individui.

La scorrettezza è invece stata commessa da coloro che hanno frettolosamente criticato Fontana, senza analizzare e approfondire quanto da lui espresso. Volendo essere ottimisti: forse perché vittime del pensiero unico e pregiudizialmente rimasti indietro, magari al 1938 indignati per i fatti evocati. Volendo essere pessimisti, ma più realisti: perché consciamente e strumentalmente hanno voluto cercare un appiglio per criticare il candidato, evidentemente non trovandone altri, più seri e consistenti.

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