Abbattere i muri del centrosinistra

“Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori”, scriveva Calvino. Prescindendo, per un attimo, ai posizionamenti interni al Pd che si stanno predisponendo alla definizione degli assetti immediatamente prossimi e futuri del principale soggetto politico del centrosinistra è proprio su questo punto che occorre riflettere. Il primo dovere di una classe dirigente è d’intessere un lavoro di ricostruzione di un campo politico, culturale e sociale del centrosinistra. È un lavoro difficile, che parte da una sconfitta bruciante e per questo più complicato ma è, al tempo stesso, indispensabile e senza alternative. Ci sono tante persone di sinistra, molte delle quali senza tessere in tasca, che dispongono ancora di un residuo di passione e di cultura politica e che non sopportano l’idea di ulteriori divisioni, polemiche e puntigliose ostinazioni dove ognuno si chiude nelle proprie certezze, stringendo nel pugno – ben stretta e orgogliosa – la propria bandiera ( peraltro alquanto malconcia).

“Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori”, scriveva Calvino ne “Il Barone rampante”. Ed è tempo di abbatterli questi muri mentali e cercare di ricostruire senza diffidenze, con pazienza e determinazione le ragioni di un campo progressista. Un lavoro che richiede chiarezza nei fini e nelle proposte, capacità di ascoltare la società e l’opinione pubblica, individuandone i bisogni veri. Un lavoro duro, a ridosso delle macerie del voto, che non può partire in un clima di diffidenze e supposte superiorità di analisi e pensiero. Ma, delle due l’una: o si ricostruisce o ci si condanna a vivere tempi difficili in condizioni di marginalità. Non credo sia un bisogno del ceto politico del centrosinistra ma di milioni di persone che non hanno rinunciato ad un idea progressista. E il Piemonte è un laboratorio importante.

Quattro anni fa il centrosinistra, guidato da Sergio Chiamparino, si candidò a governare il Piemonte per “ridare dignità e credibilità” all’istituzione regionale subalpina, fissando i paletti del programma di legislatura. Vinse con un insieme di idee e iniziative per il lavoro, la sanità, i trasporti, la sburocratizzazione. Il suo venne presentato come un “manifesto elettorale” per un “nuovo inizio”. Credo che, analizzando il lavoro dei quattro anni e definendo l’agenda per il tempo che rimane, occorra ripartire da lì, dal progetto per il Piemonte. C’è da rilevare ciò che di buono è stato fatto sino ad oggi e pensare a come andare avanti recuperando una solidarietà sociale che la crisi ha sfilacciato e individuando alcuni obiettivi su lavoro,logistica e welfare socio-sanitario sui quali puntare. Così si potrà contribuire a riconquistare quella credibilità del centrosinistra che gli elettori hanno messo in discussione e costruire una nuova classe politica. Un lavoro che necessita di tempi non brevi, di dedizione e passione, di una profonda umiltà. Chi ha esperienza, se vorrà e se potrà, avrà il compito di dare una mano, ricercando le soluzioni migliori non tanto per noi stessi, individualmente, e per le ambizioni che naturalmente possiamo coltivare, ma per cercare di promuovere "l’arte di governare la società", dal punto di vista di chi ha meno, degli ultimi. Governare non è solo testimoniare ma anche misurarsi, generare idee, cercare risposte, sporcarsi le mani con i problemi. Diceva, giustamente, Don Lorenzo Milani: “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?”.

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