L'Europa nell'urna

Pare proprio che la prossima campagna elettorale delle elezioni europee verterà su come cambiare l’Europa. Se farla diventare Fortezza, come vorrebbe la destra, o Solidale, come spera la sinistra. Se farla ancora più Austera, come vuole il nord, o Indebitata come desiderano a Sud. Se ancora più unita come vogliono a ovest, o un po’ più liberi tutti, come la sognano a est. Ci divertiremo un sacco, insomma. E voteremo, forse per la prima volta da quando esistono le elezioni europee, per qualcosa di grosso.

Qui sta il paradosso: che qualunque sia l’Europa che sceglieremo, non cambierà nulla. Banalmente, perché non può cambiare nulla. Perché l’Unione Europea è disegnata quando le ceneri della seconda guerra mondiale erano ancora calde, affinché non arrivasse qualcuno e la usasse come cavalli di troia. Ammettiamo di voler aumentare il rapporto deficit/Pil contenuto nel trattato di Maastricht dal 3 al 4%. Per prima cosa bisogna presentare una proposta e farsela votare dalla maggioranza del Parlamento. Poi, la palla passa al Consiglio Europeo che deve approvare all’unanimità la modifica. Poi tocca a tutti i Paesi ratificare quella modifica. Non esattamente una passeggiata.

L’unica strada per cambiare è uscire, o minacciare di farlo e negoziare un accordo, sperando che il bluff regga, e che non arrivino scherzi britannici dalle urne. Forse, più dei sovranisti, dovremmo preoccuparci di questo.

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