Un Sì laico e non confessionale

Cari amici, ho letto con molta attenzione il vostro appello al Referendum che si terrà il 20/21 settembre e ritengo nobili le vostre motivazioni, come pure il vostro impegno nelle istituzioni che è sempre stato corretto e di esempio per tutti noi, ma vi prego, per amore della comune fede che ci unisce, date “a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio“.

La Chiesa Cattolica non si è mai pronunciata e mai lo farà, sul numero dei deputati e senatori che un popolo ritiene di eleggere e da cui farsi rappresentare perché di questo parla il quesito referendario. L’intervento di Padre Sorge, figura che noi tutti apprezziamo e stimiamo, è del tutto personale. Giustamente non parla né a nome della propria congregazione religiosa, né tantomeno di alcuna istituzione ecclesiastica. La pedagogia gesuitica ci ha insegnato il discernimento, che è la capacità della nostra ragione di cercare e trovare il migliore momento e mezzo concreto per realizzare il bene comune. Per attuare questo, bisogna partire dall’analisi della realtà che ad oggi ci consegna un Parlamento, profondamente diverso, da come era stato concepito e pensato dai Padri Costituenti.

Il nostro organo legislativo, con l’avvento delle Regioni negli anni Settanta, ha perso giustamente molte funzioni territoriali ed il processo di integrazione europeo, mediante i trattati di Maastricht, l’Euro, il Fiscal Compact ed il Mes (camuffato da Recovery Fund), ha fortemente limitato l’autonomia del Parlamento che da oltre 20 anni dedica gran parte del suo lavoro istituzionale alla ratifica di trattati internazionali su temi come bilancio, salute, politica industriale, trasporti, agricoltura e servizi. Tutto ciò si somma a terrificanti leggi elettorali che in questi ultimi anni hanno trasformato i nostri deputati da eletti dal popolo a nominati dai vertici di partiti, distruggendo il rapporto con il territorio.

Questa è la realtà, complessa, poco edificante e che ha portato ad un forte distacco tra i cittadini e le istituzioni. Non amo questo quesito referendario, in quanto avrei voluto esprimermi su una profonda riforma costituzionale che rendesse le attuali istituzioni in grado di affrontare gli argomenti che ci riguardano dal vivo come la quarta rivoluzione industriale, la globalizzazione e tutte le tematiche ad esse connesse. Per fare questo occorre una nuova Costituente che prenda atto della fine del Novecento, essendo terminata la seconda e terza rivoluzione industriale.

Ritengo che il quesito referendario sia limitativo e fortemente ideologico e non affronti i temi che ho elencato, ma penso sia utile prendere atto che le nostre istituzioni non sono più in grado di affrontare le scelte che ci attendono. Per questo dobbiamo ispirarci ai nostri Padri Costituenti, uno tra tutti il laico e servo di Dio Aldo Moro, che speriamo sia presto sugli onori degli altari. Lui convinse socialisti e comunisti, che allora avevano posizioni molto massimaliste, a fondare la nostra Repubblica basata sul lavoro e non sui lavoratori. Non per una differenza lessicale, ma perché la ricerca di condizioni economiche e sociali è un bene comune.

Per i motivi sopra elencati voterò Sì, con l’auspicio che presto ci troveremo tutti insieme a lavorare per una nuova Costituente adeguata ai nostri tempi.

*Piergiorgio Domenico Bianco, devoto di S. Ignazio di Loyola

print_icon