Landini è “partito”. No podemos
Stefano Rizzi 08:15 Domenica 15 Marzo 2015 6Con il varo della sua "coalizione sociale" il leader della Fiom cambia la natura sindacale dell'organizzazione. "Un errore" dice Damiano, della sinistra Pd e per trent'anni dirigente dei metalmeccanici della Cgil piemontese, che consiglia: "Ognuno faccia il suo mestiere"
Arriva da Bologna, “la rossa” di Guccini, ma anche della sinistra del Pd riunita attorno a Pier Luigi Bersani, la risposta più dura al cantiere aperto a Roma da Maurizio Landini per dare vita a quella “coalizione sociale” alla quale il numero uno delle tute blu ha annunciato di puntare per costruire un’alternativa alle politiche del governo di Matteo Renzi. Il capogruppo dem alla Camera, Roberto Speranza, nella sua relazione introduttiva all’incontro di Area riformista ha detto che la soluzione alla richiesta di una maggiore presenza di sinistra nella politica italiana “non può essere una sinistra antagonista che nasce dalle urla televisive di Landini, ma avere più sinistra nel Pd e più sinistra nella nostra azione di governo”. A stretto giro la replica del segretario Fiom: “Sono abituato a discutere di merito più che di decibel e sono attento a quello che si dice: inviterei ad avere rispetto delle proposte che si fanno senza dimenticare che il partito di maggioranza, non tutti al suo interno, ha votato la cancellazione dello Statuto dei lavoratori”.
Qualche ora dopo, appena sceso dal treno che lo ha riportato a casa dal convegno felsineo un altro esponente della sinistra Pd, ma anche un politico che proprio nella Fiom ha trascorso quasi trent’anni, come Cesare Damiano commenta con lo Spiffero l’iniziativa di Landini «che lo porta ormai sull’uscio per entrare nella politica dei partiti». Che per il presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio ed ex ministro del Lavoro nel secondo governo Prodi «è cosa diversa dall’essere soggetto politico. Io mi ritengo figlio del sindacalismo di Luciano Lama e Bruno Trentin, quello del confronto e magari scontro con il governo, delle trattative per i posti di lavoro, anche delle proposte». Insomma, un sindacato lontano da quello in cui sembra trasformarsi, sulla linea tracciata dal suo leader, la Fiom. Se questa via imboccata è la risposta alla crisi di rappresentanza che tocca il sindacato, come i partiti, per Damiano non è la via giusta, anzi, «credo sia un errore».
Il deputato, segretario piemontese dell’organizzazione dei metalmeccanici della Cgil negli anni Novanta, rispolvera pure la rivoluzione permanente di trotskiana memoria dove ogni parametro, ogni regola cambia in continuo, per descrivere il clima attuale in cui si ritrovano concetti e situazioni che mutano e addirittura si capovolgono. E dove, dunque, capita pure di vedere una mutazione annunciata e in via di concretizzazione di una sigla sindacale storica. E, ancora, di far ammettere al politico cresciuto nel sindacato: «Non mi stupisco più di niente». Neppure di quegli scambi, duri, non tra Landini e l’ala renziana del Pd, che non sarebbero una novità, ma anche con quella sinistra del partito cui egli stesso appartiene e che poche ore prima da Bologna ha indirizzato al leader della Fiom parole non certo leggere. Da Roma dov’era in corso l’incontro per fondare la sua “coalizione sociale” con la partecipazione di diverse associazioni, da Emergency ad Arci, da Libera ad Articolo 21, comprese categorie professionali come avvocati, farmacisti e dottorandi di ricerca, Landini ha avvertito: “Chi pensa che questa riunione sia preparatoria di un partito sbaglia: se ne vada a casa”. Sarà.
Certo, per varcare quella soglia dell’agone politico cui si riferisce Damiano, manca davvero un nonnulla. E se così come probabile sarà, dalla sinistra Pd un altro avvertimento altrettanto chiaro: «Come ha detto Bersani, la parola scissione non esiste. Così, come non esiste l’eventualità che chi, come me, non condivide scelte della maggioranza del partito, possa giocare il suo ruolo al di fuori del Pd, anche se Landini darà vita a un partito o comunque scenderà in politica». Rivendica l’identità riformista, Damiano, la stessa che connotava l’allora terzetto di cui faceva parte insieme e Susanna Camusso e Gaetano Sateriale ai tempi dello scontro, nel ’97, con l’allora segretario “movimentista” della Fiom Claudio Sabattini. Un putiferio da cui cercò di tenersi discosto, l’allora segretario della Cgil Sergio Cofferati. Un nome, quello dell’ormai ex democratico che ha sbattuto la porta dopo le primarie per le regionali liguri, che torna nel colloquio con Cesare Damiano. «Non do giudizi su nessuno, tantomeno su Landini e la sua iniziativa che, oggettivamente, mi pare si inquadri nel panorama dove già ci sono Podemos in Spagna e Tsipars in Grecia, quindi più politica che sindacato, direi. Forse una forza del genere anche in Italia potrebbe avere la sua ragione di esistere». Nessun giudizio tranchant. A Landini, però un consiglio lo regala, «un libro da leggere, proprio di Cofferati: “A ciascuno il suo mestiere”».