“Sicurezza e lavoro” per cacciare Fassino
Oscar Serra 23:10 Domenica 20 Settembre 2015 1Salvini detta le parole d'ordine di una campagna elettorale che a Torino vedrà la Lega protagonista. Centinaia i militanti alla chiusura della festa piemontese. Per Cota "finalmente è una sfida contendibile". Congresso nuovamente rimandato (15 novembre?)
«Casa, sicurezza, lavoro». Matteo Salvini chiude la festa della Lega Nord piemontese e apre di fatto la campagna elettorale del Carroccio in vista delle prossime amministrative dei Torino. Non c’è ancora un candidato, «ma arriverà e sarà una persona per bene, non è importante se della Lega o meno» dice il leader padano allo Spiffero a margine del suo intervento sul palco, intanto ci sono le tre parole d'ordine per una città che «deve tornare alla normalità».
Non conta il partito, dice, ma è indubbio che le centinaia di persone accorse al parco della Tesoriera per il suo comizio sono una prova di forza evidente, soprattutto se rapportata alla difficoltà di Forza Italia, l’altro contraente della coalizione, a mobilitare i suoi militanti. Sul palco c’è tutto lo stato maggiore piemontese, assieme ai sindaci che poche ore prima avevano trovato un accordo sull’uscita compatti dall’Anci, «un carrozzone che fa da zerbino a Matteo Renzi», come lo ha definito Roberto Cota.
I due segretari si sono abbracciati e stretti la mano, sancendo una sorta di pax Augusta (nel senso di Taurinorum). Anche del prossimo congresso nazionale (ovvero piemontese) non si parla più, rimandato, pare, al 15 novembre, dopo la grande adunanza nazionale della settimana prima a Bologna, «in casa loro» dice Salvini dal palco, dove «loro» sono i comunisti, la sinistra, il nemico di un segretario che si dichiara pronto a governare e per farlo si alleerà anche con Berlusconi se necessario «ma senza annacquarci, senza fare marmellate». La gente applaude, la sensazione che «questa volta Torino è contendibile» è diffusa.
Una città che Salvini ha imparato a conoscere: parla dell’ex Moi, dov’è già stato, e annuncia che ci tornerà finché «non verranno mandati via i clandestini e quelle case non verranno date ai torinesi sfrattati», cita San Salvario «che deve tornare a essere un quartiere normale», parla di Porta Palazzo. «Una città in cui se sposti un tappeto ti denunciano, ma se occupi abusivamente una caserma nessuno fa niente» urla il capogruppo in Sala Rossa Fabrizio Ricca dal palco, assieme a Roberto Carbonero, nelle vesti di segretario organizzativo appena nominato da Cota.
Salvini è il solito, la differenza sta nella gente: «mai così tanta negli ultimi 15 anni» ammette un parlamentare di lungo corso come Stefano Allasia. La gente applaude, le felpe tra il pubblico indicano la provincia di appartenenza dei militanti: Biella, Alessandria, Borgosesia (che nel mondo leghista è una repubblica autonoma fondata su Gianluca Buonanno). C’è l’altro europarlamentare Mario Borghezio e ad applaudirlo ci sono i militanti di CasaPound, che poi scattano foto con Salvini e il suo vice, l’alessandrino Riccardo Molinari, ormai tra i punti di riferimento del movimento, dentro e fuori il Piemonte.
Foto che rappresentano il segno di una saldatura politica sempre più evidente tra il partito del federalismo e l’estrema destra. Tra i dirigenti e gli amministratori del partito si parla di un piano-Salvini che prevede un salto di qualità della Lega, che per tornare al governo dovrà diventare un partito nazionale e nazionalista, a costo di cambiare anche il nome. Lui da mesi batte le regioni del sud con alterne fortune, dal palco di Torino lo ha ripetuto: «Tornerò in Sardegna, nel Lazio, in Puglia». In questi mesi sono spuntati come funghi i movimenti “Noi con Salvini”, che presto potrebbero fondersi con la Lega e dare vita a un nuovo soggetto “nazionale”. Il piano prevede naturalmente l’inglobamento anche dell’estrema destra, evitando una deriva razzista – «i profughi di guerra vanno accolti» - ma continuando a incalzare il governo Renzi sull’emergenza migranti. Vero? Certamente verosimile. Un percorso che passa anche attraverso il successo in roccaforti storiche della sinistra. Partendo, neanche a dirlo, dal «territorio».