La messa in piega di Stampubblica
08:22 Mercoledì 26 Ottobre 2016 1Mentre il personale non giornalistico viene invitato a passare negli organici di Fca, via Lugaro si prepara ad accogliere la redazione locale del quotidiano romano. Riusciranno i nostri eroi a festeggiare i 150 anni della Busiarda?
C’è da chiedersi se riusciranno i nostri eroi di via Lugaro 15 a celebrare, il prossimo 9 febbraio 2017, i centocinquanta anni della Stampa, quotidiano nato a Torino col nome di Gazzetta Piemontese e con un motto molto impegnativo ma oggi disatteso alla grande: “Frangar non flectar”, più o meno “mi spezzo ma non mi piego”. Sono in molti ad avere dei dubbi sul futuro della “Busiarda”, soprattutto da quando i dipendenti non giornalisti (poligrafici, amministrativi, addetti ai servizi come fattorini, sistemisti, operatori di telecomunicazioni) vengono chiamati dalla direzione del personale per passare alla Fca, alla ex Fiat, cioè a quel che è rimasto dopo la fuga all’estero.
Il discorso è semplice: “Se passate a Fca salvate il posto perché da gennaio non garantiamo più l’occupazione: questo è l’ultimo treno”. E pare che in molti, poligrafici prima di tutti, siano già in Fca da una settimana: sono saliti in corsa sul convoglio senza troppa attenzione alle regole e ai vantaggi. Altri, timorosi, si stanno accodando.
I giornalisti, da anni ormai molto discreti nelle relazioni sindacali portate avanti da un Comitato di redazione decisamente “responsabile”, osservano preoccupati anche un altro elemento che la dice lunga sul loro futuro: il trasloco della redazione torinese di Repubblica (affitto pare disdetto da dicembre) da via Buozzi 10 al palazzo di via Lugaro 15, che vedrà così gli ex concorrenti, ai tempi d’oro in lotta quotidiana, lavorare gomito a gomito per due giornali fratelli. Per salvare le apparenze si sta cercando di ricavare un ingresso riservato solo ai “profughi” torinesi del quotidiano fondato da Scalfari. Ma è più forma che sostanza. Intanto la pluralità dell’informazione va a farsi benedire.
Non basta perché sono in molti a chiedersi se sia un’operazione di fusione o piuttosto l’inizio dello smantellamento. Dice un redattore che ha vissuto tempi migliori nella sede, oggi rudere vuoto, di via Marenco 32: “E pensare che Elkann a Natale brindava e rideva soddisfatto del suo grande risultato. Eccola la fusione: ci stanno distruggendo pezzo per pezzo”. Così mentre la nave affonda i più previdenti scappano: il capocronista Guido Boffo è andato al Messaggero come caporedattore centrale, Massimo Gramellini (che ha sempre un piede, se non entrambi, in Rai dal mellifluo Fabio Fazio) viene dato per sicuro al Corriere della sera. E a Torino, in cronaca, una volta “Principato” del giornale, regna Luca Ferrua, affiancato come vice da un giovane dalla carriera fulminante, Giuseppe Bottero, che in un decennio dal web è passato all’economia per diventare vicerè di un settore fondamentale.
Purtroppo c’è anche chi in cinque anni ha rinnovato ben sette contratti da precario e chi produce pezzi da freelance pagati poco più delle corse dei rider di Foodora. A fronte c’è un ex direttore del quotidiano inglobato, Il secolo XIX, “a disposizione per la scrittura” ma con lo stesso stipendio che aveva da direttore. E non è il solo che grazie agli appunti sul suo “Taccuino” viene ancora retribuito lautamente come fosse rimasto al vertice del quotidiano.
Per assurdo pare che non si persegua l’incremento delle copie, peraltro un miraggio di questi tempi, ma l’esatto contrario per rientrare in quei limiti dell’Antitrust che permettono la vita di Stampubblica & c. Frangar non flectar? Flectar, flectar... il giornale di domani sarà tutto una piega.