PALAZZO CHIGI

Addio governo M5s, Castelli di rabbia

Il Movimento torna barricadero dopo lo strappo definitivo col Pd. La porta di Palazzo Chigi si chiude in faccia a Di Maio che reagisce in modo scomposto. Ma cresce il fronte di chi non vuole andare a casa e la deputata torinese chiede di concentrarsi sul Def

Con la direzione di ieri, il Pd ha di fatto chiuso la porta di Palazzo Chigi a Luigi Di Maio e ora il Movimento 5 stelle cambia strategia. Se da una parte torna barricadero per recuperare il consenso perso in questi due mesi di trattative per il potere, e con Beppe Grillo invoca un referendum sull’euro, allo stesso tempo si fa largo nel gruppo parlamentare la pattuglia di coloro che non vogliono andare a casa e sarebbero disposti anche a qualche compromesso pur di allungare la propria permanenza a Montecitorio e Palazzo Madama. Altro che voto a giugno, come evocato nei giorni scorsi dallo stesso candidato premier. L’apertura a nuovi scenari è testimoniata dalle parole della torinese Laura Castelli, vicecapogruppo alla Camera, tra i deputati più ascoltati al civico 6 di via Morone, a Milano, nel quartier generale della Casaleggio Associati: “C’è un momento importante da affrontare, quello del Def. Il Movimento 5 Stelle vuole mettere i temi al centro, sicuro di poterlo fare proponendo politiche espansive per risolvere i problemi dei cittadini. Questo è l’obiettivo del M5s aspettando di andare al più presto al voto”. Tradotto: non c’è nessuna fretta di riaprire i seggi elettorali.

Un atteggiamento che pare in qualche modo prefigurare la disponibilità dei grillini a partecipare a un esecutivo in grado di mettere in sicurezza i conti, disinnescare le clausole di salvaguardia sull’Iva, approvare il documento di economia e finanza e magari la stessa legge di bilancio per tornare solo al termine di questo iter al voto e quindi non prima del prossimo autunno. Se poi, come capita spesso, il governo si forma, i primi scogli vengono superati e s’incardinano pure un paio di riforme (leggi quella elettorale) allora ecco che il 2019 è dietro l’angolo e forse chissà pure il 2020. Un esecutivo che a questo punto potrebbe essere relativamente ampio e coinvolgere buona parte delle forze presenti in parlamento. Il famoso “governo tregua”, quello che avrebbe in mente il Quirinale, e che metterebbe definitivamente la parola fine alle velleità di premierato di Di Maio. Lui, intanto, boccia senza appello questa opzione, definisce “traditori del popolo” i partiti che dovessero intraprendere la strada indicata dal Colle, il tutto però mentre cresce il gruppo di eletti che, pur di andare a casa, sono pronti a soluzioni di compromesso. Tra questi c’è proprio la Castelli, la quale, come decine di parlamentari, sa bene che se si tornasse al voto non potrebbe più ricandidarsi avendo esaurito il limite dei due mandati imposto dal regolamento del Movimento. Solo in Piemonte, oltre alla Castelli, ci sono Fabiana Dadone, Paolo Romano, Davide Crippa e Alberto Airola, oltre a Carlo Martelli che, pur eletto nelle liste grilline non è stato ammesso nel gruppo per via dello scandalo (tutto interno) delle mancate restituzioni. 

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