TRAVAGLI DEMOCRATICI

I renziani preparano la conta

Gariglio convoca un summit tra i maggiorenti della componente che fa riferimento all'ex premier. All'ordine del giorno i mutati equilibri interni al Pd piemontese dopo lo strappo di Fassino e il congresso regionale. Prende corpo la candidatura di Borghi

Ringalluzziti dall’esito della direzione nazionale di giovedì, che ha restituito a Matteo Renzi la leadership (di fatto) del Pd, per i suoi seguaci piemontesi è giunto il momento di serrare i ranghi, guardarsi negli occhi e sottoscrivere un nuovo patto in vista di una conta nel partito regionale. Sui tempi nessuno osa azzardare delle previsioni, molto dipende dalle dinamiche nazionali e a livello locale il boccino resta saldamente nelle mani del traghettatore e confessore Sergio Chiamparino, ma una cosa è certa: superato il primo momento di stordimento post batosta elettorale, ora i renziani vogliono tornare a determinare le sorti del Pd piemontese a partire dal prossimo incontro con Giuliana Manica e lo stesso governatore in vista dell’assemblea del 19 maggio.

A tirare le fila del correntone che fa riferimento all’ex premier c’è il neo deputato ed ex segretario regionale Davide Gariglio, che ha convocato una riunione allargata a tutti gli alleati per lunedì sera nella sede del suo think tank, Prospettive 2030. Sono attesi, tra gli altri, i parlamentari Mauro Marino, Silvia Fregolent, Francesca Bonomo, il consigliere regionale Daniele Valle, il presidente dell’Anci piemontese Alberto Avetta; non ci sarà invece Stefano Lepri, ufficialmente impegnato in un dibattito al Circolo dei quartieri Santa Rita e Mirafiori, ma che potrebbe essere rappresentato dalla consigliera comunale Monica Canalis.

La sfida questa volta potrebbe essere tutt’altro che scontata visto il continuo mutare degli equilibri politici al Nazareno. In un contesto in continua evoluzione, gli alleati di ieri assumono i contorni degli avversari di domani e questa volta potrebbe non esserci solo più la sinistra di Andrea Orlando e Michele Emiliano da arginare, ma anche i due grandi vecchi del Pd torinese, Chiamparino e Piero Fassino. Il primo, da renziano ante litteram a post renziano, si è ormai iscritto al partito degli anti renziani, un percorso per certi versi simile a quello dell’altro ex ragazzo di via Chiesa della Salute, che pare aver riallacciato la corrente di AreaDem con Dario Franceschini, puntellando, per quanto possibile, il reggente Maurizio Martina di cui si è sempre professato mentore e scopritore. L’intervista con cui Renzi ha di fatto chiuso la porta di Palazzo Chigi in faccia a Luigi Di Maio ha segnato un momento di cesura nella storia del Pd nazionale aprendo una faglia non solo con gli avversari storici della sinistra, ma pure con quelli che fino a un paio di mesi fa erano annoverati tra i suoi amici. Per questo, dopo la tregua armata proclamata ieri in Direzione, tra i feriti sul campo, i colonnelli renziani hanno il compito di verificare chi è rimasto leale e chi, invece, è pronto a cambiare schieramento.

Di certo si è ormai sgretolato l’asse con Fassino che ha permesso a Gariglio di governare il partito negli ultimi quattro anni, al punto che l’ex sindaco starebbe puntando sull’ex parlamentare alessandrino Daniele Borioli per una candidatura alla segreteria regionale nell’ottica di una revanche (o ridotta) diessina. Difficile dire chi lo seguirà tra sodali di un tempo, tra cui figurava anche il senatore ed ex presidente di Palazzo Lascaris Mauro Laus, che pur non partecipando alla riunione dei “garigliani” di lunedì oggi risulta tra i più convinti sostenitori della linea dettata da Renzi.  Da questo arcipelago prende forma la candidatura del deputato ossolano Enrico Borghi per la guida del Pd piemontese.

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