VERSO IL 2019

Centrosinistra "sotto" di 15 punti Centrodestra, impasse sul nome

Un "misterioso" (ma credibile) sondaggio gela il Pd: un distacco che renderebbe impossibile mantenere la guida della Regione. La Lega professa fedeltà alla coalizione, ma in Forza Italia la designazione del candidato torna in alto mare

Non meno di 15 punti di distacco tra il centrodestra e il centrosinistra. Se le voci che riferiscono di un recente sondaggio sul voto alle regionali fossero (come pare) vere, le cifre ricavate dalle intenzioni di voto non farebbero che confermare quello che già emerge incrociando i dati delle elezioni politiche del 4 marzo scorso e le rilevazioni rese note nelle ultime settimane, con un incremento per la coalizione Lega-Forza Italia-FdI che giustifica ulteriormente i timori di un disastro prossimo venturo e difficilmente evitabile che serpeggiano nel Partito Democratico.

Ma anche di fronte a una prospettiva di vittoria facile, il centrodestra – sempre osservato ad oggi – non imbocca la strada verso la riconquista della Regione senza problemi da risolvere e ostacoli il cui superamento non appare cosa da nulla. Certo sono messi molto peggio nel centrosinistra dove il divario da colmare non giova ad appianare il percorso verso l’individuazione del candidato presidente di cui si sta occupando, come da missione affidata, Sergio Chiamparino il quale deve anche verificare da qui a settembre la formula in grado di recuiperare quei voti che ad oggi mancano per mantenere il governo del Piemonte. E che, invece, sono ad oggi nell’ampia disponibilità del centrodestra, a sua volta alle prese con scelte che potranno rivelarsi cruciali.

La prima, di cui si è ampiamente detto e scritto dopo il contratto di governo Lega-Cinquestelle, riguarda proprio l’eventuale frattura della coalizione tradizionale a favore di una riproposizione dello schema che ha portato Matteo Salvini e Luigi Di Maio, insieme, a Palazzo Chigi. Ipotesi negata con forza da via Bellerio, così come dal plenipotenziario per il Piemonte,Riccardo Molinari.

Se la coalizione regge e con quella il centrodestra si presenterà ai piemontesi, paiono complicarsi proprio in questi giorni alcune situazioni, in primis quella legata alla scelta del candidato presidente. Salvini potrebbe mettere sul tavolo i consensi guadagnati alle politiche e quelli, in numero decisamente maggiore , attribuitigli dai sondaggi per forzare la mano e insediare un suo uomo al posto attualmente occupato da Chiamparino. Se, come molti suppongono (e sperano), non lo farà non sarà solo per non fare l’asso acchiappatutto rinunciando ad accrescere le Regioni a guida leghista inserendo il Piemonte nella lista che già comprende la Lombardia, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia.

Il Capitano se, come lascia intendere, deciderà di rispettare la spartizione con Silvio Berlusconi lasciando la candidatura alla presidenza del Piemonte a Forza Italia sarà anche e soprattutto perché il candidato naturale non ne vuole assolutamente sapere: Molinari non ci pensa neppure a lasciare la guida del gruppo leghista a Montecitorio e scaccia ogni più recondita eventualità che ciò gli possa essere chiesto. Ripercorrere pedissequamente la strada fatta a suo tempo da Roberto Cota – da capogruppo a candidato presidente, poi eletto – non sarebbe neppure di buon auspicio. E proprio quel recente passato, quella legislatura finita anzitempo è un altro orpello in grado di indurre il vertice della Lega a rispettare l’accordo e lasciare a Forza Italia la designazione dell’aspirante governatore. Tant’è che, sia pure in maniera informale, dalla Lega sarebbero già state avanzate richieste al vertici piemontesi di Forza Italia su quale sia la figura per la quale prepararsi a correre verso la conquista di piazza Castello. Il coordinatore regionale azzurro,Gilberto Pichetto, finora non si è sbilanciato sul punto e men che meno sembra intenzionato a farlo adesso, anche se manca meno di un anno al voto. La corsa in avanti, agevolata da più o meno esplicite incoronazioni arcoriane di cui si potrebbe già essere palesato il non nuovo carattere effimero, dell’europarlamentare Alberto Cirio sembra avere davanti più di una salita.

Quella, improvvisa e traditrice, della vicenda giudiziaria di Rimborsopoli in cui lo si vede indagato e che potrebbe, complice la legge Severino, risultare un grosso ostacolo per la candidatura e l’eventuale svolgimento del mandato. Ma, non di meno, un calo di supporto che viene notato sia all’interno di Forza Italia, sia da chi ne osserva le vicenda da altri lidi politici. Non è un caso che il politico albese sia proiettato con mai dismesso impegno verso il tentativo di fare un secondo giro a Strasburgo. Impresa, peraltro, non facile sempre guardando ai sondaggi e alla conseguente riduzione degli europarlamentari azzurri rispetto agli attuali. C’è poi chi guarda in controluce anche eventi a prima vista banali, come l’arrivo a Torino nei prossimi giorni di Stefano Maullu, eurodeputato lombardo, molto vicino alla presidente del gruppo di Fi alla Camera Mariastella Gelmini e diretto concorrente, per Bruxelles, di Cirio. Il quale è sempre stato accostato nella probabile coppia da cui scegliere il candidato per la guida del Piemonte a Claudia Porchietto. Anche lei resta in lizza, seppure con un nodo da sciogliere: nel caso di elezione dovrebbe lasciare il seggio alla Camera e il collegio in cui ha vinto, quello di Moncalieri, dovrebbe tornare al voto. Per Forza Italia potrebbe significare perdere un seggio a Montecitorio nel non improbabile caso che la Lega rivendicasse per sé quel posto e sempreché il centrodestra riuscisse a mantenerlo, magari di fronte a una candidatura del centrosinistra allargata a LeU.

Intoppi superabili nel caso il partito di Berlusconi decida di puntare su una donna, peraltro con esperienza nell’amministrazione della Regione di cui è stata assessore e con forte radicamento in quegli ambienti dell’impresa e delle professioni cui il Cav torna a puntare per arginare la fuga di voti verso la Lega. Ragioni per non far sbilanciare Pichetto, com’è evidente, non ne mancano.

Anzi, vista la situazione, non si stenta a credere a chi racconta che il coordinatore regionale starebbe prendendo sempre più in seria considerazione l’idea di valutare, anche solo cautelativamente, l’ipotesi di cercare una terza figura con cui rispondere alla richiesta dell’alleato leghista. Un candidato (o una candidata) di area, anche se non marcatamente di Forza Italia, una sorta di Marco Bucci, il sindaco di Genova. Tutti conti fatti senza l’oste di Arcore, al quale Pichetto non dimentica mai di ricondurre ogni scelta, tanto più quella che ancora appare lontana. Anche se manca meno di un anno al voto. E, nel frattempo, sempre da Arcore potrebbe arrivare (anche a breve) il momento del cambio per lo stesso Pichetto, per la cui sostituzione si sta scaldando e agitando Paolo Zangrillo. Chissà che non tocchi a lui dare la risposta definitiva alla Lega. 

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