SCONTRO ISTITUZIONALE

Il Governo impallina la Regione

L’esecutivo gialloverde impugna la legge sulla caccia ma soprattutto contesta l'utilizzo dei 200 milioni del capitale di Finpiemonte per misure a sostegno delle imprese. Un fronte sempre più caldo quello tra piazza Castello e Palazzo Chigi

Bilancio e caccia: due leggi del Piemonte finicono nel mirino del Governo. Duecento milioni destinati al sostegno delle imprese piemontesi sono stati bloccati dal governo che ha impugnato l’articolo 22 della legge di bilancio regionale, quella che si riferisce alla smobilitazione delle risorse utilizzate per ricapitalizzare Finpiemonte, nel piano, poi accantonato, di trasformarla in intermediario finanziario, riconosciuto dalla Banca d’Italia. Il ciclone giudiziario che ha travolto la cassaforte della Regione ha poi determinato la fuoriuscita volontaria di Finpiemonte dal sistema vigilato di Bankitalia, rendendo inutile e controproducente la capitalizzazione elevata, pari a 358 milioni di euro. Tali risorse, con il cambio di ragione sociale, rischiavano infatti di restare bloccate, non potendo più essere utilizzate per le finalità previste dal piano industriale, di qui la decisione di sbloccarle e metterle subito a disposizione del sistema economico piemontese. È proprio quest’ultimo passaggio che viene contestato dal governo perché - sostiene il Mef - quelle risorse, rientrate nel bilancio della Regione, avrebbero dovuto essere destinate alla riduzione ulteriore del disavanzo regionale. La richiesta di chiarimenti del governo è stata inoltrata alla Regione il 7 agosto, alle 21,30, con una deadline fissata entro le 12 del giorno successivo. Alle 20 dello stesso giorno, l’8 agosto, il governo ha deciso l’impugnativa.

“Una motivazione singolare da parte di un governo che sostiene in ogni dove la necessità di far ripartire gli investimenti” affermano in una nota il presidente Sergio Chiamparino e il titolare del Bilancio Aldo Reschigna. “Ricordiamo anche – proseguono i due - che il giudizio di parifica reso dalla Corte dei Conti il 20 luglio sancisce che la Regione Piemonte al 31 dicembre 2017, era in anticipo per 205 milioni di euro sulla copertura dei disavanzi frutto delle precedenti gestioni regionali. Non solo dunque stiamo rispettando pienamente, in ossequio alle norme nazionali, il piano di copertura del disavanzo, ma siamo avanti sul cronoprogramma”.

Lo scontro istituzionale tra piazza Castello e Palazzo Chigi, divampato sui binari dell’alta velocità tra Torino e Lione, raggiunge così il punto più alto e a rimetterci sarà ancora una volta il sistema economico piemontese e le tante aziende in attesa di un sostegno. Proseguono Chiamparino e Reschigna: “Vogliamo inoltre ricordare che sentenze della Corte Costituzionale - una in particolare, che riguardava la Regione Molise - hanno ribadito la necessità di un equilibrio nella politiche di bilancio tra il dovere di coprire i disavanzi e il mantenimento di quegli interventi senza i quali il sistema economico o la coesione sociale subirebbero conseguenze molto pesanti. Viene in  definitiva stabilito il principio che una accelerazione eccessiva della copertura dei disavanzi può essere foriera sul sistema economico o sulla protezione sociale di conseguenze ben peggiori”. Poi la dichiarazione di guerra: “È  evidente che l’impugnativa deliberata dal Consiglio dei Ministri, per le conseguenze concrete che determina, non può essere supinamente accettata dalla Regione né possiamo attendere senza fare alcunché la decisione da parte della Corte Costituzionale, perché i tempi sarebbero incompatibili con il dovere che abbiamo come amministratori di fare in modo che 200 milioni di euro non rimangano congelati in qualche conto corrente, ma siano prontamente messi a disposizione del sistema economico piemontese.  Per queste ragioni chiederemo urgentemente un incontro al governo per concordare un percorso che abbia come obbiettivo fondamentale quello della rimessa in circolo delle risorse”.

Un bruciante e ancor più imbarazzante fuoco amico: questo il primo indiscutibile effetto in casa grillina dell’impugnazione della legge piemontese sulla caccia disposta dal Governo, secondo il quale la norma promulgata lo scorso 19 giugno contiene disposizioni che “eccedono dalle competenze regionali invadendo le materie dell’ordinamento statale”. Un cavillo, a detta di molti, utile a “dare una lezione, o quantomeno un segnale” a Sergio Chiamparino “colpevole” di aver alzato la testa e i toni sulla Tav e su altre scelte del Governo penta-leghista. Gli “strateghi” grillini, nonostante la presenza di esponenti piemontesi del Governo e i fili diretti tra Roma e Torino, non hanno tenuto conto del fatto che proprio su quelle norme impugnate e ritenute troppo restrittive, proprio i loro rappresentanti a Palazzo Lascaris avevano sostenuto l’esatto opposto.

Uno dei due punti impugnati riguarda la procedura più snella e i vincoli ridotti per i proprietari dei fondi agricoli che intendano vietare su di essi l’esercizio venatorio: in base alla nuova norma è sufficiente una richiesta motivata alla Provincia e in caso di mancata risposta, dopo sessanta giorni scatta il silenzio-assenso. “Il gruppo del M5s su questo aveva presentato un emendamento in linea e anzi aveva accusato la maggioranza di non essere sufficientemente restrittiva nei confronti dei cacciatori – osserva la consigliera del Pd Nadia Conticelli che ha seguito tutto l’iter legislativo –. Adesso i loro compagni di partito al Governo, solo per mettere un dito nell’occhio a Chiamparino, li sconfessano”.

Se, infatti, Lega e Forza Italia, in Regione, sono sempre stati di avviso opposto avvalorando la tesi di sostenere la lobby (elettorale) dei cacciatori, i grillini avrebbero voluto una norma assai più stringente nei confronti delle doppiette, sia per quanto attiene al divieto da parte dei proprietari dei terreni, sia per quanto contemplato nell’altro punto oggetto dell’impugnazione, ovvero il calendario venatorio. “Adesso – avverte Conticelli – mi aspetto una presa di posizione dei consiglieri regionali del M5s che per mesi ci hanno accusato di fare una legge non sufficientemente tutelante la fauna e i proprietari che non vogliono si cacci nei loro terreni”.

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