GRANDI OPERE

Tav, sì degli italiani (e del Cipe)

Un sondaggio registra la posizione favorevole alla Torino-Lione: solo per il 30% degli intervistati l’opera andrebbe fermata. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l’approvazione delle modifiche al progetto che “non comportano variazioni di costo”

Il fronte del sì alle grandi opere come Tav e Tap, come all’attività dell’Ilva è molto più forte di quello del no. Lo dice un sondaggio Swg commissionato dal Sole 24 Ore, realizzato tra il 24 e il 26 luglio su un campione di mille soggetti residenti in Italia. L’alta velocità Torino-Lione è ritenuta indispensabile dal 49% degli intervistati e solo per il 30% andrebbe fermata (il 21% non sa rispondere). Percentuali simili per il gasdotto pugliese Tap: il 44% lo vuole e il 28% vi si oppone; e per l'Ilva di Taranto: 41% di sì contro 31% di no.    Fotografia che si ripete anche per il Mose di Venezia (49% di favorevoli contro 27% contrari). L’unico caso in cui il no prevale sul sì è quello sul ponte sullo Stretto di Messina (53% contro 30%).

Il sondaggio scandaglia poi l’opinione sulle grandi opere a seconda dei partiti di appartenenza. Emerge che il 64% (15 punti in più della media generale) dei leghisti considera la Tav un’opera indispensabile. Percentuale che si abbassa al 35% fra gli elettori del M5s e che raggiunge il 90% tra chi vota Forza Italia e il 63% nell'elettorato del Pd. I forzisti e i dem sono quelli che esprimono il massimo consenso nei confronti delle grandi opere con punte dell’80-90% per Mose e Tav. Tra i Cinquestelle l’opera meno avversa è il Mose (40% favorevoli), mentre per Tap e Ilva si attestano rispettivamente al 35 e al 34%. Sul fronte Lega, anche nei casi di Mose, Tap e Ilva l’elettorato del Carroccio supera per favorevoli la media del campione generale: i sì per il Mose superano di 4 punti la media, per il Tap di 10 punti oltre e per l’Ilva 7 punti in più.

Intanto, un nuovo passo in avanti verso la realizzazione della Tav si registra per quanto concerne le procedure. La Gazzetta Ufficiale ha infatti pubblicato un documento del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) che approva una lunga serie di modifiche a un allegato della cosiddetta “delibera 30”. L’atto è del 26 aprile (a firma dell’allora premier Gentiloni). L’approvazione era subordinata alla registrazione della “delibera 30” da parte della Corte dei Conti, che - secondo quanto si apprende - è arrivata nelle scorse settimane. Le “modifiche all’allegato della delibera 30 del 2018” sono una serie di prescrizioni di vari enti, fra cui Ministero dell’Ambiente, il Mibact e la Regione Piemonte. In totale sono circa 150 punti, relativi, fra l’altro, alla pianificazione paesaggistica e urbanistica, alla gestione delle terre e delle rocce da scavo, all’“area del cantiere di Salbertrand”, alle opere sul torrente Clarea, al monitoraggio ambientale, alla tutela della fauna, alla valorizzazione del territorio. “Le modifiche richieste - si legge nella delibera Cipe del 26 aprile - non comportano variazioni di costo dell’opera né alcun ulteriore onere”.

A questo punto, solo una decisione “politica” da parte del governo gialloverde potrebbe far saltare l’accordo internazionale che impegna Telt, la società italo-francese che materialmente gestisce i lavori, a firmare i contratti – a valle delle procedure con bandi di gara e assegnazione lavori – entro fine 2019, per un totale di 5,5 miliardi. La situazione più delicata è quella relativa ai bandi per lo stock di lavori da 2,3 miliardi, per avviare lo scavo definitivo sul lato Francia. Questo il dossier più urgente in questa fase. Telt dovrebbe comunque aprire i bandi entro settembre, per non accumulare ritardi nella procedura, per rispettare il cronoprogramma concordato con Ue e Francia ed evitare un eventuale contenzioso.

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