POLITICA & GIUSTIZIA

Rimborsopoli, condanne a prova di Cassazione

La Corte d'appello chiede altri 90 giorni per depositare le motivazioni della sentenza sulle spese pazze in Regione Piemonte. E l'attesa si trasforma in calvario per i consiglieri dell'era Bresso. Destini opposti per i due sindaci leghisti condannati

Ci vorranno altri novanta giorni per le motivazioni della sentenza della Corte d’appello su “Rimborsopoli”, quella che il 24 luglio scorso ha portato alla condanna dell’ex governatore Roberto Cota e altri ex consiglieri regionali, tra cui gli attuali deputati Riccardo Molinari, Paolo Tiramani e Augusta Montaruli. In questi novanta giorni i magistrati della IV sezione penale elencheranno in maniera minuziosa le ragioni per cui hanno condannato molti politici per i rimborsi illeciti ottenuti tra il giugno 2010 e il settembre 2012. Una decisione che consente a Tiramani, che oltre a sedere a Montecitorio è sindaco di Borgosesia (Vercelli), di tirare il fiato ancora un po', a differenza del suo collega e compagno di partito Federico Gregorio, il primo cittadino di Narzole (Cuneo), sospeso dal prefetto di Cuneo per via della legge Severino.

Le motivazioni della condanna erano attese per il 22 ottobre, ma da tempo ci si aspettava una richiesta di proroga da parte della Corte d’appello. Sembrava che i giudici avessero bisogno di un mese, forse due, ma alla fine è stato chiesto il massimo possibile. Questo perché stanno preparando un testo molto accurato, così come molto accurato era il dispositivo letto in aula il 24 luglio: gli avvocati hanno notato che il collegio aveva studiato ogni singolo caso, scontrino per scontrino, e così - scontrino per scontrino - stanno procedendo adesso. Ogni spesa verrà analizzata seguendo le indicazioni impartite dalla Corte di Cassazione con alcune sentenze relative alle “spese pazze” di altre regioni, tra cui il verdetto sul caso della Valle d’Aosta, secondo il quale “l'impiego delle somme deve concretizzarsi in modo conforme alle corrispondenti finalità istituzionali”. I giudici devono inoltre “rispondere” a ogni contestazione sollevata nei ricorsi dagli avvocati degli ex consiglieri e alcuni di loro ne avevano sollevate moltissime. Scontato dirlo: l'obiettivo è avere un testo che non offra il fianco alle difese che, con il ricorso in Cassazione, cercheranno di ottenere l'annullamento delle condanne.

Ad aspettare le motivazioni della Corte d’appello ci sono anche i sostituti procuratore Andrea Beconi e Giovanni Caspani che stanno portando avanti l’inchiesta sulla cosiddetta Rimborsopoli bis, dopo che in estate sono stati emessi 50 avvisi di garanzia ad altrettanti consiglieri della legislatura di Mercedes Bresso, tra i quali spiccano i nomi di un candidato in pectore alla presidenza della Regione, l’eurodeputato azzurro Alberto Cirio, cui vengono contestati scontrini per 30mila euro, ma anche i parlamentari dem Davide Gariglio, Stefano Lepri e Mauro Laus.  

Resta appeso a un filo anche l’onorevole Tiramani, condannato a 17 mesi, il quale mangerà il panettone da sindaco di Borgosesia. La legge Severino prevede che i primi cittadini condannati - anche in via non definitiva - per reati contro la pubblica amministrazione debbano essere sospesi temporaneamente dal loro incarico. Ad agire deve essere il prefetto: quello di Cuneo ha assunto il provvedimento pochi giorni dopo il verdetto con cui Gregorio, primo cittadino di Narzole, è stato condannato anche lui a 17 mesi per peculato. Gregorio, assistito dagli avvocati Stefano Campanello e Vincenzo Enrichens, ha fatto ricorso al tribunale civile di Cuneo contro la decisione e attende la prima udienza fissata il 5 dicembre prossimo. Invece, a Vercelli, il prefetto non ha ancora sospeso il parlamentare del partito guidato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini poiché - spiegano fonti della prefettura - in questo caso è stata non è stato ritenuto sufficiente il dispositivo della condanna, ma anzi si attendono le motivazioni della sentenza. Fino alla metà di gennaio, quindi, Tiramani potrà mantenere i due incarichi, a differenza del compagno di partito meno fortunato.

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