GRANDI OPERE

Terzo Valico non supera l'esame, ma l'opera verrà completata

Fonti di governo preannunciano l'imminente conclusione dell'analisi costi-benefici di Toninelli. L'esito negativo però non bloccherà i cantieri. Lo stato avanzato dei lavori e le condizioni della Lega. Pronta la revoca del commissario Cociv Rettighieri

A salvare il Terzo Valico sarà la ragion di Governo. La Lega non può consentire l’aprirsi di una voragine sotto la sua base elettorale nel Nord lasciando dar corso a quella che, secondo solide indiscrezioni, sarà comunque una bocciatura del collegamento ferroviario tra Genova e Milano.

Se addirittura già non c’è, quella che arriverà a breve sulla scrivania del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli sarà infatti una relazione dalle conclusioni negative. Ma al verdetto della commissione incaricata di fare l’ormai (tristemente) famosa analisi costi-benefici non corrisponderà il blocco dell’opera. Una non si sa quanto onorevole via d’uscita per il M5s, da sempre contrario e per il quale la bocciatura equivarrebbe a un successo, sarà fornita probabilmente dal fatto che i lavori sono già in uno stato di notevole avanzamento e risulterebbe gravoso interromperli a questo punto.

Sulla scrivania di Toninelli, però, c’è anche altro: lo scalpo in forma di decreto dell’amministratore straordinario di Cociv, Marco Rettighieri. Questioni di giorni, riferiscono voci dal ministero, e la testa del manager che guida il general contractor del Terzo Valico dal marzo dello scorso rotolerà nella cesta che i grillini bramano di mostrare ai loro elettori dopo aver dovuto incassare imbarazzanti inversioni di rotta sull’Ilva e il Tap in Puglia e il Muos in Sicilia, oltre alla blindatura salviniana delle pedemontane veneta e lombarda.

Ingegnere, 55 anni, Rettighieri è un Mister Wolf, uno che risolve i problemi anche se questo non a tutti piace. Nel 2015 sostituì il direttore dei cantieri per l’Expo Milano dopo essere stato alla guida di un altro cantiere, quello della Tav di Chiomonte, e andando a ritroso il suo è un curriculum prestigioso e costellato da missioni complesse. Il manager che in Valsusa era riuscito velocizzare gli appalti affidando i controlli delle ditte a un gruppo interforze specializzato nelle verifiche antimafia, approderà anche nella Capitale. Il prefetto Francesco Paolo Tronca, commissario dopo la fine della Giunta di Ignazio Marino, lo chiama a dirigere l’Atac, la disastrata azienda dei trasporti e lui incomincia ad aprirne i cassetti e rivolgersi alla Procura, ovviamente facendosi parecchi nemici.

Nel giugno del 2016 Virginia Raggi diventa sindaco, Rettighieri si dimette a settembre e in una lettera spiega le ragioni, una su tutte: le ingerenze di alcuni componenti della Giunta capitolina. Insomma con i grillini non è certo amore.

È un altro prefetto, sempre di Roma, a firmare nel marzo del 2017 il decreto di nomina di Rettighieri quale amministratore straordinario del general contractor per il Terzo Valico, travolto dall’inchiesta della magistratura. Anche in questo caso il piglio e lo stile di lavoro si vede subito: per fare una gara, chiude i membri della commissione in una stanza di albergo controllata con le telecamere a circuito chiuso. L’incarico gli verrà prorogato fino al 15 gennaio del 2019, così come richiesto dai governatori di Piemonte, Sergio Chiamparino e Liguria, Giovanni Toti.

È uno tosto, oltre che serio, Rettighieri. Piace a molti, ma non a tutti. A Cernobbio un mese fa il professor Marco Ponti, guru del ministro Toninelli sulle infrastrutture e componente di spicco della commissione costi-benefici, dice dal palco: “Il governo mi ha affidato l’analisi: dobbiamo capire se si gettano via dei soldi pubblici” dice dal palco. Rettighieri, sbotta e replica: “Noi non sprechiamo denaro pubblico, creiamo anzi indotto e occupazione”. Lo scontro tra i due non nasconde quello, più pesante, politico.

Nella black list dei Cinquestelle c’è il nome del commissario di Governo per la Tav Paolo Foietta, quello del direttore generale di Telt, Mario Virano, ma ad aprire l’elenco dell’inusuale spoil system è proprio quello del numero uno di Cociv.

Sacrificato sull’altare pentastellato per far digerire ai grillini il via libera al Terzo Valico? L’ipotesi non è affatto peregrina. La Lega alla ferrovia che deve portare le merci dai porti liguri nella pianura padana è sempre stata favorevole con decisione assai maggiore rispetto a quella mostrata per la Tav. Il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi, genovese, alcuni mesi fa in colloquio con lo Spiffero disse: “Per l’economia italiana è certamente più strategico il Terzo Valico rispetto alla Tav. Non c’è paragone. Questo ovviamente non vuol dire che uno escluda l’altra. Certo è che collegare i porti italiani con il centro Europa grazie a quello che sarà il tunnel più lungo del Paese vuol dire riportare il nostro sistema portuale al centro del mediterraneo”.

Matteo Salvini ha più volte ripetuto: “Il Terzo Valico non si tocca”. Anche perché, al netto delle convinzioni sulla strategicità dell’opera sempre sostenute dal Carroccio, è chiaro come per la Lega sarebbe un problema colossale (e disastrose le conseguenze politiche) cercare di spiegare a Toti e al suo collega lombardo Attilio Fontana, leghista, che quel collegamento non si fa perché l’analisi costi-benefici lo boccia dando ragione ai Cinquestelle.

Si troverà, anzi ci sarà già, una giustificazione per cercare di farli uscire dall’impaccio e accettare che i lavori proseguano nonostante il parere negativo della commissione. Proseguire con il Terzo Valico significa rendere vane un’altra volta le promesse di Luigi Di Maio, del suo ministro e del suo movimento, spingendoli ad asserragliarsi nell’ultimo fortino rimasto, quello da cui combattere la Tav.

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