La manovra dei sovranisti

L’attuale governo, dopo aver tuonato contro l’Europa e aver promesso mari e monti, incomincia a fare i conti con la realtà. In questa rubrica non siamo fan dell’Unione Europea: troviamo invadenti ed oppressivi gli stati nazionali, figurarsi un super stato europeo ancora più lontano dai cittadini. Opporsi all’Europa può andare bene, ma bisogna misurare le proprie forze. L’Italia è da almeno dieci anni che non cresce o cresce poco, ha un debito pubblico imponente, deficit di bilancio, una situazione infrastrutturale non delle migliori, servizi pubblici scadenti, tasse elevate e una burocrazia soffocante. Sfuggono i motivi del braccio di ferro con l’Unione Europea, in fondo, per dei decimali. Così come è poco chiaro il perché dell’intransigenza europea. Il motivo di cotanta sceneggiata, più che il decimale in più o in meno, sembra la prossima campagna elettorale europea alla quale ognuno dei contendenti vuole arrivare mostrandosi più forte dell’altro. Le conseguenze di questa contesa le pagano però, i cittadini italiani. Al di là di quello che dicono le istituzioni europee sulla manovra, il giudizio importante è quello dei mercati e degli operatori economici. Per quanto si possa dar credito a ipotesi complottiste, è piuttosto evidente che una manovra in deficit per uno stato sovraindebitato come quello italiano, non può evidentemente essere vista di buon occhio da chi deve prestare denaro. Quando sei pieno di debiti, sei nelle mani dei creditori, piaccia o non piaccia. Chi possiede titoli di stato italiani nel portafoglio ha pensato che l’attuale governo non desse garanzie sufficienti e ha deciso di ridurre il rischio vendendo i titoli in possesso, facendone abbassare il prezzo e di conseguenza facendo alzare il famigerato spread. Si può anche dichiarare che il rialzo dello spread non faccia paura, ma intanto il risparmiatore che ha titoli di stato in portafoglio dall’oggi all’indomani li ha visti deprezzare. Non solo. Tutti i fondi pensioni o le polizze che hanno investito in titoli italiani vedono ridurre il loro valore. Anche il povero operaio che ha aderito ai fondi di categoria si vedrà ridotto il valore delle sue quote. In un precedente articolo abbiamo visto i rischi per le banche e la concreta possibilità di aumento della rata del mutuo a tasso variabile. Tutto questo per sfidare l’Europa su dei decimali.

L’Istat ha certificato che nel terzo trimestre l’economia italiana è arretrata, seppur di poco. I corifei di questo governo si sono affrettati a scaricare la colpa sui precedenti governi, ma le elezioni si sono tenute il 4 marzo e il clima di incertezza del post elezioni ha sicuramente influito. L’economia italiana è più rigida rispetto ad altre, mancando di grosse aziende capaci di muovere miliardi di investimenti, ed è più lenta ad adeguarsi alle innovazioni legislative o tecnologiche. In ogni caso, un ambiente stabile è una premessa essenziale per programmare degli investimenti a lungo termine e l’incertezza creata da questo governo con le conseguenze sullo spread e l’impossibilità di capirne l’orientamento economico ha sicuramente pesato sulle decisioni degli imprenditori. Il rallentamento non è da addebitarsi integralmente a questo governo, ma non si può negare che il clima di incertezza creato non abbia contribuito. Un esempio è il cosiddetto decreto dignità che ha influito negativamente sul rinnovo di tanti contratti a tempo determinato. Le inutili polemiche con l’Europa per qualche decimale in più di defict determineranno il successo elettorale della Lega, ma al prezzo di un rallentamento economico che pagheranno tutti gli italiani, alla faccia del “prima gli italiani”.

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