Cota proprio non Lega con Maroni

Il governatore non sarà tra i vice del prossimo segretario. Piemontesi esclusi dai posti di vertice per far posto alla fedelissima Viale, ligure. Sicuri Zaia (o Tosi) e Salvini (o Stucchi)

I due proprio non si prendono. Neppure la recente abiura della sua frequentazione del “cerchio magico” ha fatto guadagnare punti a Roberto Cota: Maroni non si fida e lo considera troppo compromesso con coloro che stanno mandando a scatafascio il movimento. Per questo nel nuovo vertice che uscirà dallo sconquasso e dal congresso federale di giugno non si sentirà neppure una parola in piemontese. E non perché il governatore, di origini pugliesi (di San Severo), incespichi con l’idioma allobrogo, ma perché nessun esponente del Carroccio al di qua del Ticino siederà nel triumvirato che guiderà, con Bobo leader, il partito.

 

Nel nuovo organigramma un ruolo di primo piano, anche per riequilibrare i pesi tra le “nazioni”, sarà ricoperto dal veneto Luca Zaia, quarantenne, già ministro e presidente della Regione più leghista d’Italia. Oppure, ma con minori probabilità, dall’irruente sindaco di Verona Flavio Tosi. La patria natia del movimento sarà rappresentata da un maroniano doc: Matteo Salvini o Giacomo Stucchi che si fronteggeranno nel congresso lombardo. Sul terzo scranno, nelle intenzioni dell’ex ministro dell’Interno, dovrà sedersi una donna. Forse Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo? Manco per idea, e non solo per il legame sentimentale con l’ex rivale Roberto Calderoli. La terza vicesegreteria non andrà a un piemontese, bensì a un esponente ligure: Sonia Viale, ex capo della segreteria tecnica al Viminale, già sottosegretario all’Economia nel 2010 e agli Interni nel 2011.

 

Resterà quindi a bocca asciutta il povero Cota, agli occhi di Maroni reo di non averlo difeso dalla fatwa lanciata a suo tempo dai cerchisti di Gemonio e di aver celebrato in tutta fretta il congresso “nazionale” del Piemonte con l’obiettivo di preservare il suo partito dall’onda di rinnovamento sollecitato più volte dalla componente dei “barbari sognanti”. E, soprattutto, di aver siglato in quell’occasione un patto con Calderoli.

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