Tassare le banche, ma pagano i cittadini

Fra i provvedimenti di questo governo c’è un deciso aumento del prelievo fiscale su banche e assicurazioni e l’introduzione della cosiddetta web tax che dovrebbe teoricamente colpire i colossi di Internet come Google o Amazon che non hanno sede in Italia e pagano poche tasse e quasi nulla al fisco italiano. Il tutto viene sbandierato come un intervento equo che colpisce i ricchi e non i poveri. Ma è proprio così? Senza conoscere l’economia, esperienze non tanto lontane nel tempo avrebbero dovuto suggerire maggiore discernimento ai membri dell’attuale governo.

Non tutti forse ricorderanno che Tremonti nell’ultimo governo Berlusconi utilizzò l’espressione Robin Tax per tradurre la volontà di tassare i ricchi e non colpire impiegati ed operai. Il tutto si risolse in tasse sulle imprese energetiche che in qualche modo finirono nelle bollette e sul costo dei carburanti.

Senza approfonditi studi di economia, ma cercando su Wikipedia, si trova la voce traslazione di imposta, che spiega bene il meccanismo sopra illustrato con un esempio. Il contribuente che si trova un aumento delle tasse cercherà di arginare il maggior costo in qualche modo. Se si tratta di imprese non faranno altro che aumentare i prezzi e alla fine la maggiore tassazione non sarà pagata da chi la subisce, ma dall’acquirente dei prodotti o servizi finali. Si può ragionevolmente pensare che l’inasprimento fiscale su banche e assicurazione non comporterà aumenti dei costi bancari e dei premi assicurativi? Alla fine pagherà chi ha un reddito fisso e chi non riesce a scaricare sul prezzo dei propri prodotti e servizi il maggiore costo fiscale. Se consideriamo le imprese di trasporto potrebbero aumentare il prezzo dei propri servizi per recuperare i maggiori costi assicurativi e così via in una catena che si ferma a chi non può traslare il maggiore carico fiscale ad altri. Con la feroce concorrenza che attualmente esiste per le polizze di responsabilità civile auto con la conseguente spietata guerra dei prezzi non è pensabile che le aziende possano sobbarcarsi il maggior costo per non scontentare i clienti.

Lo stesso dicasi per la web tax. A descriverla sembra una cosa meravigliosa: tassare quei cattivoni della Silicon Valley che non pagano tasse. In pratica ci troveremo aumentati i prezzi dei servizi dei giganti di Internet. L’aumentato prezzo della pubblicità di Google, di Facebook e di altri compagnie si ripercuoterà sulle imprese italiane che non potranno che alzare i prezzi finali per recuperare i maggiori costi. Alla fine sarà sempre il popolo che tutti dicono di difendere a pagare il conto finale.

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