ALTA TENSIONE

La Tav finisce alla Corte dei Conti

Dopo il congelamento dei bandi di gara il Pd presenta un esposto alla magistratura contabile per accertare eventuali danni erariali. Gariglio: "Siamo stati fin troppo pazienti e tolleranti, ora si perseguano le responsabilità dello stallo". Virano sulla graticola

Il blocco dei bandi per i lavori della Tav “ha un impatto medio mensile di 75 milioni di euro, senza considerare il costo del sotto-utilizzo delle risorse umane”. Così scrivevano lo scorso 3 ottobre Hubert du Mesnil e Mario Virano, rispettivamente presidente e direttore generale di Telt, la società italofrancese incaricata della realizzazione (e successiva gestione) della tratta transfrontaliera della Torino-Lione.

Settantacinque milioni di perdita ogni mese, escluso il mancato ridotto utilizzo delle maestranze, ma non solo: “se si supera il limite di qualche settimana (in concreto al di là del mese di novembre) – scrivevano ai primi di ottobre – si compromette la data-obiettivo di completamento dell'opera, fissata al primo gennaio 2030”. Questo perché “essendo i contratti interessati dallo slittamento nel percorso critico, ed è altresì da la possibilità di recuperare tale ritardo attraverso ulteriori contrazioni imposte alle imprese per la preparazione delle offerte e la realizzazione dei lavori”, come si legge nella lettera inviata, ormai tre mesi fa, dai vertici di Telt ai capi di gabinetto dei ministri dei Trasporti italiano e francese, Danilo Toninelli ed Elisabeth Borne.

Ma basta aver comunicato queste previsioni a manlevare Telt da eventuali responsabilità per il rinvio, ancora in essere, dei bandi per la prosecuzione dei lavori avvallando nei fatti una richiesta del Governo italiano, nonostante la Francia avesse “espresso comprensione per questa richiesta, richiamando però la posizione del Presidente della Repubblica al summit di Lione del 2017 e confermando la necessità del rispetto dell'accordo binazionale con il conseguente contratto sottoscritto con Inea (l’agenzia incaricata dalla Commissione europea del controllo del buon andamento del progetto, ndr) in particolare per quel che riguarda il planning e l'utilizzo dei fondi”, come scritto ancora nella lettera?

O piuttosto, si potrebbe profilare addirittura l’ipotesi di danno erariale come non esclude il gruppo parlamentare del Pd che con un esposto investirà della questione la Corte dei Conti? Già, perché quell’azione “minacciata” dal presidente dei deputati dem Graziano Delrio lo scorso dicembre, oggi è un atto concreto, frutto del lavoro di un gruppo di tecnici e giuristi.

“È stato intimato a Telt di non pubblicare i bandi. Allora – aveva detto l’ex ministro dei Trasporti – io intimo alla società di pubblicarli perché sennò succederà che il gruppo del Pd dovrà fare un esposto alla Corte dei conti chiamando in causa gli amministratori, perché se non pubblicate i bandi, perdete i fondi".

Detto, fatto. “Il Pd è stato fin troppo tollerante e paziente – premette il deputato Davide Gariglio, componente della commissione Trasporti –. Adesso, di fronte all’atteggiamento demagogico oltre ogni limite del Governo sulla Tav, di fronte a una politica che non decide è indispensabile verificare ogni responsabilità e, non ultimo, l’eventuale danno erariale che il blocco dei bandi potrebbe aver già causato”.

Il pressing del Pd prevede anche un passaggio parlamentare: lunedì 28 gennaio alla Camera è stata infatti inserita all’ordine del giorno una mozione che chiede la ripresa dei lavori per la realizzazione del tunnel di base. Iniziativa analoga, ma con esito decisamente migliore da quella intrapresa nei giorni scorsi a Palazzo Madama dal senatore Mauro Laus. “Il nostro atto – spiega Gariglio – si si pone la finalità di autorizzare Telt a pubblicare i bandi di gara, superando quindi la disastrosa situazione di impasse causata dal governo e che potrebbe causare sanzioni al nostro paese sul mancato avanzamento dei lavori.  Bisogna infatti ricordare che l’opera è stata ratificata da una legge dello Stato e non bastano le minacce di Toninelli e di Di Maio, l’inerzia di Salvini o le contraddittorie indicazioni del contratto di governo gialloverde per cancellare quest’opera”. 

E se a finire al vaglio della Corte dei Conti sarà il vertice di Telt, a partire dal suo direttore generale, chissà se in suo aiuto arriverà il ministro Toninelli, ovvero colui che quel blocco dei lavori ha chiesto e, tutto sommato, facilmente ottenuto?

Quella richiesta era stata, come si evidenzia nella comunicazione di Telt al ministero, “motivata dalla situazione causata dal tragico evento di Genova, nonché per poter acquisire le risultanze di un'analisi costi benefici che dovrebbe essere disponibile tra qualche settimana”. Qualche settimana, e si era ai primi di ottobre.

La stessa convergenza francese sbandierata da Toninelli a supporto della sua istanza di rinvio (sine die) dei bandi emerge come a dir poco fredda e per nulla ampia. Insomma, i francesi abbozzano, ma tengono il punto.

Eppure anche di fronte a questa posizione della parte d’Oltralpe, passate quelle poche settimane indicate a ottobre, nulla si è mosso.

Un atteggiamento previsto e denunciato già alla fine dell’anno dall’ex senatore del Pd Stefano Esposito, in un post che aveva provocato una certa irritazione di Virano, la cui posizione sulla vicenda è sempre più lontana da quella dell’altro torinese protagonista della vicenda: il commissario di Governo Paolo Foietta. Se lo scontro di quest’ultimo con la parte No Tav del governo è ormai aperto tanto da aver indotto Toninelli all’inciampo del frettoloso licenziamento (poi scopertosi non attuabile) di Foietta, altro è il rapporto del direttore generale di Telt con l’esecutivo.

Le sue interlocuzioni con la sottosegretaria al Mef, Laura Castelli, hanno retto assai poco all’aura di riservatezza con cui si è cercato di avvolgerli. Nulla di illecito, per carità. Come nulla di strano vi sarebbe nel caso trovassero conferma i rumors secondo i quali la vice di Giovanni Tria avrebbe ragionato con Virano di un suo possibile successore chiedendogli se avesse qualche nome da suggerire. Nessuno si stupirebbe se avesse fatto il proprio. In fondo, nella lettera, lui il Governo lo ha avvertito: "La società è pienamente impegnata nella realizzazione della sua missione nel rispetto degli obblighi assunti, ma è doveroso informarvi che che non sarebbe in grado di assumere una tale responsabilità qualora dei fattori che non è in grado di governare compromettessero la sua capacità di farlo".

print_icon