Il liberismo immaginario

In questi tempi di dazi e guerre commerciali è piuttosto evidente il potere degli stati e di come la politica sovravanza, e di molto, l’economia. Era un ritornello di tanti politici, e forse lo è ancora, che la politica debba ritornare centrale e l’economia essere secondaria e in qualche modo dipendente dalla prima. Nonostante il ritornello, nei fatti la politica ha continuato a farla da padrone. La tanto temuta globalizzazione che schiacciava gli stati si è molto ridimensionata come pericolo quando si è incominciato a parlare di dazi. È bastato che il presidente Trump tirasse fuori l’argomento dei dazi per mostrare come gli stati possono bloccare i commerci internazionali. Che poi sia un bene è tutto da dimostrare, anche se nel caso degli Stati Uniti si inseriscono in una più ampia strategia di potenza. Il blocco dei trasferimenti tecnologici verso la Cina hanno lo scopo di mantenere un primato e una capacità tecnologici su cui si basa attualmente il primato economico di una nazione e l’efficienza e potenza di un esercito.

Il tanto evocato e temuto liberismo selvaggio non se ne vede molto in giro, tanto meno in Italia. Va a gambe all’aria Banca Carige, per i soliti motivi di gestione politica e clientelare e si pensa subito di nazionalizzarla. C’è lo scontro diplomatico con la Francia, giusto o sbagliato che sia e le preoccupazioni vanno alle relazioni economiche fra i due paesi che potrebbero essere danneggiate a dimostrazione di come la politica la continui a fare da padrone nell’economia. Fra Italia e Francia ci sono varie questioni economiche aperte in cui sono gli stati a decidere alla faccia del liberismo e della globalizzazione. La prima di questa è la faccenda dei cantieri navali francesi Stx, ora Chantiers de l’Atlantique che dovrebbero essere acquisiti dall’italiana Fincantieri, ma che viene ostacolata dal governo francese. Le due aziende, sia quella francese che quella italiana sono di proprietà pubblica dei rispettivi stati. Si tratta di una fusione fra due aziende pubbliche di stati diversi e le recenti polemiche con la Francia potrebbero far saltare il progetto. Altra questione riguarda la Tim, il cui pacchetto di maggioranza relativa è nelle mani della francese Vivendi. Il governo italiano è intervenuto pesantemente nella gestione della società acquistando un pacchetto di azioni che ha poi usato, insieme al fondo americano Elliot, per rovesciare il consiglio di amministrazione di Tim. Sempre gli stati in azione. Questi sono solo alcuni esempi di quanto la politica interferisca con l’economia e di quanto del cosiddetto liberismo c’è ne sia ben poco in giro. I politici continuano a raccontare la favola della politica in balia dell’economia, ma in realtà hanno fin troppo potere per intervenire e far danni sull’economia. Esiste un limite a questo potere ed è un limite economico, nel senso che le risorse per quanto grandi, sono limitate e prima o poi finiscono. Sarebbe auspicabile almeno un po’ di liberismo per ridurre il controllo della politica sull’economia in modo che gli individui possano liberamente agire e possa rallentare la gigantesca distruzione di risorse attuata dagli stati.

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