Imprenditori che inguaiano i figli

Non mi appassionano particolarmente le vicende giudiziarie che hanno recentemente coinvolto i signori Renzi, genitori del compianto premier di governo e noto rottamatore del Pd, e allo stesso modo ho dedicato solamente una manciata di minuti alla cronaca delle disavventure di cui sono stati protagonisti sia il signor Di Maio che il signor Di Battista (i padri dei noti esponenti del M5s).

Le colpe dei padri non possono ricadere sui figli, recitano alcuni passi contradditori dell’Antico Testamento, ma forse l’ambiente in cui i bambini crescono influenza il loro carattere da adulti-cittadini, andando ad incidere sul loro futuro approccio con il mondo circostante.

La prole appartenente a un nucleo familiare retto da solidi principi etici difficilmente vivrà un’esistenza incentrata esclusivamente sul vile denaro, e probabilmente porterà il dovuto rispetto alla collettività che lo ha accolto da piccolo. Allo stesso, tempo vivere sin dalla tenera età in una casa dove dominano quotidianamente i “valori” della speculazione, oppure degli affari di impresa, presumibilmente consegnerà al bambino una spiccata sensibilità verso i principi privatistici del mercato, a cui corrisponderà una scarsa attenzione verso la res pubblica (se non in termini di profitto).

Il reato di bancarotta fraudolenta ascritto ai coniugi Renzi, nonché all’autista del leader Pd durante le primarie, e l’illecito riguardante l’assunzione di lavoratori in nero, attribuito al padre del Ministro del Lavoro, raffigurano comportamenti devianti da regole socialmente rilevanti, quali sono il lavoro irregolare e il raggiro di terzi nell’attività imprenditoriale. Atti che, se confermati, manifesterebbero un assoluto disprezzo verso le istituzioni e le garanzie a difesa dei lavoratori. 

Ipotetiche violazioni della norma statale che sembrerebbero indicare azioni spregiudicate atte al raggiungimento (a ogni costo) di obiettivi economici prefissati, ossia ricchi guadagni. Atteggiamenti disinibiti che inevitabilmente (sempre se confermati) si ripercuoterebbero non solamente nei rapporti casalinghi, ma in questo caso anche nella politica nazionale.

La Confindustria si è organizzata nel tempo per governare il Paese in ogni stagione politica tramite propri affiliati, per mezzo dei grandi imprenditori (vedi Berlusconi), ma pure affidandosi agli stessi figli dei piccoli e medi industriali (Di Maio/Renzi). In assenza di propri uomini in politica, il sindacato imprenditoriale invia tecnici a governare l’Italia, quei noti professori universitari vicini alle spavalde filosofie consumistiche di stampo neoliberista.

Professionisti, avvocati, medici e capitani d’impresa manovrano letteralmente le leve da cui si innerva il potere nazionale. Questi si appoggiano retoricamente allo slogan menzognero secondo il quale “La Destra e la Sinistra non esistono più”: una frottola dagli effetti devastanti sia per il Pubblico che per i cittadini medesimi.

Il Parlamento europeo in questi ultimi decenni ha formato una maggioranza curiosa che unisce il Centrodestra con il Centrosinistra (Popolari-Socialdemocratici), dando vita a un “Governo” impegnato da anni in politiche di austerity e privatizzazioni forzate. Il suo programma economico non include il Welfare e neppure la Sanità pubblica, ma solo l’ampliamento smisurato dei mercati (sempre ai danni dello Stato). Le scelte politiche delle Commissioni non vengono dettate dal cielo, da entità divine, bensì dal Consiglio dei Ministri UE che abbozza tutte le direttive (tra cui la famigerata Bolkestein) non badando troppo alle ricadute sociali (salvo poi stupirsi di eventuali crolli di consenso elettorale a favore dei populisti).

Un numero più o meno ampio di imprenditori, con le loro proli, governa quindi il nostro Paese (nonché l’Europa) spartendosi gustose fonti di guadagno, frutto del “saccheggio” attuato ai danni dei loro governati. Non stupisce infatti come a pochi mesi dalle elezioni del Parlamento di Strasburgo si parli esclusivamente di “Sovranismo”, insieme ad altre piccole amenità messe in agenda con lo scopo di distrarre gli elettori dai temi davvero importanti per la loro quotidianità.

Lavoro, assistenza, sistema sanitario non sono punti degni di essere inseriti nell’ordine del giorno delle vicine elezioni. Invero, se le tematiche sociali fossero appuntate sul taccuino delle forze politiche, l’elettore scoprirebbe amaramente come per tutti i partiti in competizione tra loro esista una ricetta unica per il Vecchio Continente: privatizzare a oltranza, perpetuare l’appropriazione dei beni comuni fino a esaurimento delle risorse (proposte lontane dalla visione marxista dell’economia).

In Piemonte Ghigo (F.I.) avviò l’opera di chiusura di molte strutture ospedaliere, tra cui quelle Valdesi; inoltre consegnò i servizi alla persona in mano ai privati. Scelte poi proseguite sino ai nostri giorni (con una piccola pausa durante l’era dell’Assessore Eleonora Artesio) grazie all’opera silente dell’assessorato Saitta (presidenza Chiamparino). L’assessore Democratico alla Sanità regionale si rivolge addirittura agli imprenditori del ramo sanitario al fine di edificare e gestire le nuove Molinette (la cosiddetta Città della Salute), di fatto privatizzando il più grande e importante polo ospedaliero piemontese.   

Gli elettori fedeli ai contrapposti partiti (o movimenti) si scannano tra loro, così come i militanti delle parti avverse, senza rendersi conto di essere inconsapevoli attori su un palcoscenico dove si rappresentano esclusivamente idee e proposte assolutamente identiche tra loro.

Una sola ideologia è uscita vincitrice da due Guerre mondiali a una Guerra fredda: il neoliberismo.

Il popolo si divide su una linea ferroviaria alpina (guarda caso per ricchi) mentre la classe dominate arruola al governo i suoi adepti per dare il via all’ultimo assalto a Costituzione e risorse pubbliche, incluso il Sistema Sanitario Nazionale.   

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