COME FOSSE ANTANI

La supercazzola di Conte

Il premier convoca una conferenza stampa sulla Tav per non dire nulla. Lo stallo prosegue. E anche sui bandi Telt annuncia un supplemento di riflessione giuridica. Dopo una notte inconcludente, un'altra giornata inutile. Chiamata alle armi di Chiamparino - VIDEO

Parlare senza dire nulla, per comunicare di non aver deciso niente. Una premessa di quasi quindici minuti, uno svolgimento circonvoluto e tedioso, mezzora per dare fiato alla bocca. Per prendere (e perdere) ancora un po’ di tempo, per ammettere che, sì, dopo una notte inconcludente a Palazzo Chigi sulla Tav si è consumata un’altra giornata inutile. Ha dei dubbi il premier per mancanza di prove Giuseppe Conte, vuole ancora “sviscerare” bene la questione, “applicare il contratto di Governo” e quindi “avviare un’interlocuzione con i partner di questa grande opera”. Parole, parole, parole. Per non dire nulla. Per non pronunciare quelle “due letterine” di cui nei giorni scorsi aveva parlato Matteo Salvini: Sì o No alla Torino-Lione. “Non ho mai preso una posizione a favore o contro e ho dichiarato da subito di voler affrontare questa questione con estremo senso di responsabilità, senza alcun atteggiamento pregiudizievole, con equilibrio, essendo guidato esclusivamente dalla tutela degli interessi dei cittadini come garante dell’interesse nazionale” è la sintesi di un lungo quanto inutile preambolo. “Sono formule che possono sembrare retoriche ma che per me significano un metodo di lavoro che ho preliminarmente chiarito ai miei compagni di viaggio. Non accetterò deviazioni da questo percorso” afferma. E come provare a deviare, d’altronde, se si è fermi da otto mesi. “A me tocca fare una sintesi – dice –. Me ne assumo la responsabilità. Andrò io e rappresenterò l’intero governo in questa interlocuzione con i nostri partner” nell’opera: cioè Francia e Unione Europea.

Una requisitoria, fortemente orientata sul No, ma nella quale la Torino-Lione resta ancora sospesa. “In linea di massima ci sono ragioni che spingono a favore dell’opera: la riduzione del traffico stradale, l'impatto ambientale, la limitazione dell'inquinamento acustico. Però ci sono elementi negativi che superano quelli positivi: i flussi del trasporto sarebbero inferiori rispetto ai precedenti calcoli. E questo dato fa pendere l'ago verso il no all'opera”. E poi: “Dobbiamo considerare che l'opera dovrebbe terminare nel 2030 ma chi si occupa di queste cose sa che quella data è una chimera. E anche a non voler considerare la lievitazione dei costi noi ci ritroveremmo comunque in una fase temporale in cui il sistema dei trasporti si sarà evoluto e c'è il rischio che l'opera si riveli poco funzionale rispetto al sistema dei trasporti con cui avremo a che fare”. Insomma, come fosse antani. E infine: “Non sono affatto convinto che questo sia un progetto infrastrutturale di cui l’Italia ha bisogno”.

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Dunque si torna a discutere con Francia e Unione Europea che di partecipare a questa insopportabile manfrina non hanno più voglia. “A noi sembra che non si perda credibilità se si portano sul tavolo argomenti che ci spingono a interrogarci sull’attuale convenienza di un’opera concepita dieci anni fa. Condivideremo le nostre ragioni con gli altri partner”. “L’unica strada è proseguire, alla luce di ciò che emerso, alla luce dei forti dubbi emersi, e me ne assumo la responsabilità, l’unica strada che credo sia d’obbligo è procedere ad un’interlocuzione con i partner di questo progetto, Francia e Ue, per condividere questi dubbi e le perplessità”.

Ma il vero nodo resta quello dei bandi da 2,3 miliardi. E a chi gli chiede quale sarà l’indicazione del governo italiano in vista del cda di Telt di lunedì risponde deciso che... non lo sa: “Siamo in una situazione di stallo sui bandi. È un tema che stiamo sviscerando negli aspetti tecnici e giuridici”. Che la questione sia delicata lo ha spiegato lui stesso evidenziando come il non farli partire possa comportare il rischio di vedere “pregiudicato il finanziamento complessivo dell’opera. Stiamo facendo un approfondimento tecnico, scioglieremo la riserva nelle prossime ore”. Il sì ai bandi rischia di far implodere i pentastellati, il no è indigeribile alla Lega: ecco perché si rischia la crisi ma, dice Conte, “sarebbe assurdo”. Chissà perché. “Dateci tempo”, è l'appello di Conte all’opinione pubblica che segue esterrefatta lo scontro plateale in atto nel governo. Il confronto è “franco, serrato”, ma “non abbiamo litigato”, assicura. Certo e gli asini volano. No, anzi, governano.

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