VERSO IL VOTO

Forza Italia alza la voce, poi si accuccia alla Lega

Azzurri nervosi: "Se salta Cirio si rompe la coalizione". Ma la velina anonima viene subito smentita e si corre ai ripari. Il coordinatore dei berluscones piemontesi blocca i suoi consiglieri sull'iter referendario: "Non irritiamo Salvini"

“Non irritiamo Salvini”. Quando già montava la tensione in Forza Italia per il paventato sgambetto leghista sulla candidatura alla presidenza del Piemonte che sarebbe culminata ieri sera una serie di veline, facilmente riconducibili a parlamentari molto vicini (anche geograficamente) ad Alberto Cirio, con la non troppo credibile minaccia azzurra di far saltare il banco in tutte le Regioni, l’uomo del monte (meglio noto come il fratello del medico personale del Cav) diceva no.

No, non se ne parla neppure di presentare quella proposta di legge che, se approvata in tempi brevi, avrebbe consentito al Piemonte di indire un vero referendum, sia pure sempre consultivo, sulla Tav. Cosa che, a detta dei consiglieri regionali di Forza Italia oggi non è possibile, rendendo di fatto scontato il respingimento al mittente da parte del Viminale della richiesta avanzata l’altro giorno da Sergio Chiamparino. E dire che il gruppo azzurro a Palazzo Lascaris quel testo, aveva incominciato a prepararlo proprio “per stanare il Chiampa” e superare sulla destra un Pd che ben avrebbe potuto presentarla lui quella norma per attuare ciò che lo Statuto del Piemonte prevede.

Fermi tutti, lasciate perdere: il messaggio arrivato dal coordinatore regionale azzurro Paolo Zangrillo, nei giorni in cui gli azzurri a Palazzo Lascaris stavano già a buon punto, ha messo fine a questa storia, continuando a raccontarne un’altra: quella di un sempre più ossequiente atteggiamento del vertice forzista piemontese nei confronti della Lega. Già, perché la spiegazione arrivata chiara e netta pur non risultando affatto convincente e tantomeno condivisa, rimanda dritto dritto al leader del Carroccio: evitiamo di irritare Matteo Salvini, il messaggio spedito da Roma e digerito come un piatto di gnocchi freddi a Torino.

Storia vecchia di un po’ di giorni, ma che si innesta nell’attualissima questione del rapporto tra Forza Italia e la Lega sull’ancora irrisolta vicenda della candidatura a presidente della Regione. Ed evidenzia, pure, l’eclatante differenza tra il modo assai duro, martellante, con cui il partito di Berlusconi si rapporta in Parlamento nei confronti dell’ormai ex alleato e quello a tappetino che continua a connotare il vertice forzista piemontese rispetto all’azionista di ampia maggioranza di un’alleanza, peraltro a rischio per gli azzurri.

Un eccesso di cautela che, per qualcuno, valica il confine della dignità politica, alla base di quel no che ha finito con fare un favore anche a Chiamparino: “Senza la legge, prevista dallo Statuto, il ministero dell’Interno avrà gioco facile a respingere la richiesta”, spiega chi, dopo lo stop di Zangrillo, ha dovuto appallottolare le bozze e gettarle nel cestino. Vicenda indicativa del clima e dei rapporti tra una buona parte degli eletti in Consiglio Regionale e il vertice piemontese del partito.

Così mentre in Parlamento e nei confronti del Governo Forza Italia non lesina attacchi, in Piemonte anche solo il vago sospetto che una mossa degli azzurri sul tema più caldo come quello della Tav possa innervosire il Capitano ha fatto scattare l’allarme e imposto un immediato stop. A nutrire più di un dubbio che questo possa servire a evitare che Salvini e i suoi procedano, come tutto fa pensare, verso un candidato alla presidenza della Regione indicato da loro e non da Forza Italia, ormai sono proprio molti degli stessi berluscones. Insomma, se a Roma il partito del Cav non si mette i guanti con Salvini, a Torino c’è chi pensa sia davvero troppo usare quelli da cameriere.

Attenzioni e cautele che stridono con quelle che paiono altrettanto eccessive corse in avanti – puntualmente frenate da una delle figure più vicine a Berlusconi, come la senatrice Licia Ronzulli – da parte di alcuni settori del partito. Secondo alcuni esponenti, che hanno parlato con la formula di rito delle “fonti vicine” ai vertici, se non dovesse essere l’europarlamentare di Alba il candidato governatore del Piemonte, gli azzurri sarebbero pronti a far saltare il banco, distruggere il centrodestra e rompere tutte le giunte. Ipotesi ingigantita, forse troppo e comunque di fatto smentita da una nota affidata non a caso alla Ronzulli. Tant’è che altre fonti, questa volta vicine a Salvini si limitano a osservare che "si sta lavorando nel cercare una soluzione di buon senso senza preclusioni o pregiudizi ma per il meglio della Regione".

Lo stesso vicepremier ha parlato di "accordo quasi chiuso". Ma tutto da interpretare resta anche il fatto che, ieri l’altro, il Capitano abbia cenato con Denis Verdini. Quanto c’entra quell’incontro con la inattesa presa di posizione di chi, ventiquattrore dopo, quando la candidatura Cirio diventa "la linea del Piave" per respingere al mittente l'opa ostile della Lega? Lega che, sempre secondo quanto fatto trapelare in forma anonima da chi ha deciso di forzare la mano a favore di Cirio, è impensabile conquisti anche l'ultimo tassello del cosiddetto corridoio elettorale del Nord, guidando con propri uomini Piemonte, Lombardia, Veneto e perfino Liguria, che le stesse fonti, con la presidenza Toti, indicano gravitare ormai nel giro leghista.

L’ultimatum, apparso ad alcuni una sorta di disperato ruggito del coniglio, fa riferimento anche al rinvio della decisione sul Piemonte dopo il voto in Basilicata: “Non serve aspettare come qualche leghista ha fatto intendere. Il Piemonte – questa la tesi – è molto più rilevante sotto ogni punto di vista, elettorale politico ed economico, della pur importante Basilicata. Poi l’avvio del conto alla rovescia con annesso avvertimento: “Se la conferma di Cirio non avverrà nel giro di due settimane qualcuno si farà molto male”.

Una posizione non certo condivisa appieno da Palazzo Grazioli, dove l’estintore è stato affidato alla Ronzulli che nella nota afferma: “Nessuna rottura nel centrodestra, che anzi si sta confrontando per affrontare unito le regionali del Piemonte e le comunali in tutti i Comuni chiamati al voto". Per la senatrice "le giunte di centrodestra proseguono il loro lavoro, tra il consenso dei cittadini, e si moltiplicano dall'Abruzzo alla Sardegna”. Infine le parole che faranno fischiare orecchie a Roma così come nel Cuneese: “Se poi letture diverse vengono alimentate da fuoco amico vuol dire che qualcuno, invece di lavorare per ricostruire un centrodestra unito anche a livello nazionale, sceglie un dannoso autolesionismo. Chi ha a cuore il futuro di Forza Italia – conclude Ronzulli – lavora per unire non per dividere". E chi vuol capire capisca.

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