IDEE

Il nuovo Stato? Liquido

Se vorrà sopravvivere dovrà trasformarsi in un organismo più flessibile, abbandonare i monopoli che si è arrogato ed evolversi in una struttura che si adatti al mutare incessante della società. In edicola l'ultimo libro del nostro columnist Vito Foschi

Lo Stato ha una sua storia con un inizio e una evoluzione, ma nel sentire comune viene percepito come un’entità eterna sempre esistita e soprattutto necessaria, un qualcosa di consustanziale alla civiltà umana. Queste prerogative fanno dello Stato, nella mente delle persone, un’entità metafisica staccata dalla realtà degli uomini. Su questo sentire ha sicuramente influito l’abitudine inveterata dal tempo, ma ciò da sola non è sufficiente. La propaganda statalista ha fatto leva sul sentimento religioso dell’essere umano, che per quanto lo si pensa un elemento superficiale rimane un tratto distintivo anche oggi in epoca di secolarizzazione. Le parate militari, le celebrazioni civili, le feste nazionali, le bandiere, la retorica patriottarda, il culto degli eroi e del milite ignoto, le gare sportive internazionali fanno parte di un apparato rituale che mima i rituali religioni, con il compito di celebrare ed esaltare lo Stato. Anche nell’atea Unione Sovietica esisteva tutto un apparato rituale con lo scopo di esaltare Stato e comunismo. Cosa distingueva la visita al mausoleo di Lenin con relativa mummia, dalla visita alla tomba di un santo cristiano? (…)

Lo Stato, per quanto lo si voglia caricare di retorica e di esistenza metafisica, rimane una organizzazione creata e gestita da uomini e come tale fallibile e moralmente non superiore agli uomini che la compongono. Lo Stato non può vantare una superiorità né etica, né intellettiva sull’individuo, perché composto esso stesso di individui. Sarebbe come postulare che tutti gli individui migliori di una nazione in un dato momento facciano parte dell’organizzazione statale. Ipotesi ancora più assurda se si considera la difficoltà a stabilire i criteri per cui un individuo risulti migliore di un altro. (…)

Per come è inteso oggi sarà destinato a sparire, perché ad una struttura rigida, monopolistica e territoriale si contrappone una società sempre più flessibile in cui le professioni variano con l’evolversi della tecnologia: uno Stato monolitico che cerca di governare una società sempre più liquida. Inoltre alle tradizionali fratture territoriali, quali città e campagna, nord e sud, e in Italia le miriadi differenze anche fra territori vicini, si aggiungeranno quelle dovute all’evoluzione tecnologica che ridisegneranno il territorio, così che un distretto industriale avrà esigenze completamente diverse da un distretto turistico.

Un pericolo in questo processo di eliminazione degli intermediari tradizionali è la formazione di nuovi oligopoli tecnologici che possono svolgere delle funzioni quasi statali. Per fronteggiare questi pericoli sarebbe necessario che la società da liquida tornasse a “solidificarsi” in qualche maniera, per esempio, trasformando le varie comunità virtuali in qualcosa di più concreto. Gruppi che nascono per un certo interesse potrebbero favorire incontri nel mondo reale, trasformarsi in gruppi di acquisto per poter ottener sconti e così via. Un associazionismo diffuso coadiuvato dalle nuove tecnologie potrebbe essere un fattore di solidificazione di una società frammentata.

In questo processo lo Stato potrebbe scomparire o evolversi in una struttura non più legata ad un territorio. La differenziazione territoriale che spinge verso strutture federali potrebbe spingere gli stati nazionali a delegare sempre più compiti a livello locale, avocando a sé solo esercito e politica estera. Venendo a mancare il gigantesco apparato di welfare state, lo Stato subirà uno snellimento evidente e i cittadini potranno scegliere liberamente a quale gestore di welfare aderire. Qualcosa del genere potrebbe succedere agli Stati, che da soggetti legati ad un territorio preciso potrebbero diventare organismi che erogano servizi agli associati tramite le nuove tecnologie che eliminano il legame dell’intermediario con il territorio.

L’unico organismo politico tradizionale che potrebbe sopravvivere a questo processo di disintermediazione potrebbe essere il Comune per sua vicinanza fisica agli individui e la necessità di costituire servizi di prossimità.

Sotto la spinta delle nuove tecnologie disintermediatrici e della tendenza al selfservice che demanda sempre più compiti all’individuo, lo Stato se vorrà sopravvivere dovrà trasformarsi in un organismo più flessibile, abbandonare i  monopoli che si è arrogato ed evolversi in una struttura più liquida che si adatti al mutare incessante della nuova società.

estratti da “Lo Stato liquido”, in edicola con il Giornale

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