È vero civismo?

Le elezioni locali, storicamente, sono caratterizzate dalla presenza delle cosiddette “liste civiche”. Ovvero, da liste che non sono riconducibili ai partiti storici ma che rappresentano pezzi di società, appunto civica, che hanno però la capacità di saper rappresentare istanze e domande altrimenti destinate o all'astensionismo o alla stanca adesione ai partiti esistenti.

Ora, però, dobbiamo anche dire con chiarezza che il civismo rappresenta un vero valore aggiunto per le singole coalizioni quando non è il frutto di una pianificazione a tavolino decisa dei partiti o degli azionisti di maggioranza delle rispettive coalizioni. In questo caso il tanto decantato civismo si riduce ad essere un semplice prolungamento dei partiti che si sono fatti carico dell’operazione.

Le prossime elezioni regionali del Piemonte, al riguardo, come possono essere giudicate? E cioè, ci troviamo di fronte ad una vittoria del civismo politico, sociale e culturale del tessuto subalpino oppure si tratta di un semplice escamotage per moltiplicare l’offerta politica senza un valore aggiunto? La risposta non può che essere personale e politica. Ossia, dipende dalla valutazione che ognuno può e deve dare sulle singole liste. Certo, quando alcune liste spuntano come funghi alla vigilia delle elezioni è estremamente difficile definirle come una vittoria del civismo di fronte alla crisi dei partiti e del loro radicamento sociale e territoriale. Se, invece, sono il frutto di una reale, e non fittizia, rappresentanza della società è un deciso passo in avanti per lo stesso rinnovamento della politica e qualità della nostra democrazia. È indubbio, al riguardo, che sia nel centrodestra che nel centrosinistra piemontese ci sono delle liste che rappresentano un reale pezzo di società che si possono ascrivere ad un vero civismo.

Due esempi tra i tanti che si potrebbero fare. La lista civica di Chiamparino, l’ex Monviso, da un lato e la lista Sì Tav e Sì Lavoro di Mino Giachino dall’altro. Due esempi concreti, almeno a mio parere, che qualificano le rispettive coalizioni con un indubbio valore aggiunto sociale, politico e quindi anche elettorale. L’unico elemento da evitare, e quindi da contestare, è quando l’azionista di maggioranza di una singola coalizione pretende di distribuire le carte. Cioè, di definire a tavolino le liste che possono coprire il fianco destro, il fianco sinistro e anche quello centrista. Operazioni che, come quasi sempre capita, sono destinate ad essere sconfitte perché fanno leva sulla ignoranza o sulla poca conoscenza dell’elettorato. Furbizie che vengono puntualmente smentite dallo stesso elettorato di riferimento.

Ecco perché attorno al civismo non si possono percorrere strade ipocrite, furbe e interessate. Perché, prima o poi, vengono smascherate dal voto - e quindi dai cittadini - e, quel che è peggio, non possono più essere riproposte per le prossime elezioni. Cioè rappresentano l’esatto opposto di ciò che dovrebbe essere un vero, autentico e credibile civismo.

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