GRANA PADANA

Molinari non segue Salvini: "Il 25 aprile va celebrato"

Il capogruppo e segretario piemontese rivendica le "radici antifasciste" della Lega e partecipa alle cerimonie della Liberazione. Il nonno che disertò il bando della Repubblica di Salò e i ragazzi trucidati della Benedicta. "Ma non deve essere una festa di parte"

Pioveva che Dio la mandava, quel 25 Aprile del ’94. Un mese prima Silvio Berlusconi aveva vinto le elezioni e la sinistra era un pugile suonato. Oltre che l’acqua, a Milano Umberto Bossi si prese un bel po’ di fischi e pure qualche spintone da cui venne difeso anche da qualche progressista (si chiamavano così, allora), stupito dal coraggio del leader leghista. “Normale che ci sia un po’ di rabbia. Ma il nostro posto è lì – disse sul palco il Senatur –. Noi siamo antifascisti”.

Riccardo Molinari, lei allora aveva undici anni, troppo pochi anche per essere un Giovane Padano come diventerà più avanti imboccando la strada che l’avrebbe presto portata ai vertici della Lega e a fianco di Matteo Salvini. Oggi è capogruppo alla Camera e segretario regionale in Piemonte. Domani, esattamente un quarto di secolo dopo quella partecipazione del Carroccio alla Festa della Liberazione e con Salvini che va Corleone perché, dice, “la vera liberazione è dalla mafia”, lei cosa farà?
“Quello che ho sempre fatto da almeno dieci anni e più a questa parte: parteciperò alle manifestazioni del 25 Aprile. Sarò nella mia città, ad Alessandria”.

Ma Salvini dice che…
“Matteo ha ragione nel dire che questa festa non deve essere considerata di proprietà solo di una parte politica”.

Veramente ha detto anche altro, ma dica di lei: non ha paura di prendersi i fischi come capitò a Bossi?
“Qualcuno che, diciamo così, capisce poco ci può sempre essere. Pensi che c’è pure chi ha detto che mi si vedrà col fez a Predappio. Robe da matti”.

Per adesso la si è vista, poche settimane fa, al Sacrario della Benedicta alla celebrazione in memoria dei partigiani uccisi dai nazifascisti nell’aprile del ’44.
“Certo. E non era la prima volta che andavo. Tra quei ragazzi trucidati poteva esserci anche mio nonno paterno che non rispose al bando della Repubblica di Salò e come tanti si oppose a quella stagione buia della storia del nostro Paese. Ma non è solo per questa vicenda famigliare. Veda, io credo davvero, ne sono profondamente convinto, che non solo chi è nato in queste terre non possa che averlo nel dna l’antifascismo, ma ancor più che chi partecipa alla vita democratica del Paese debba averlo come prerequisito”.

Torniamo alla Lega antifascista, come affermò Bossi dal palco a Milano.
“È la storia, i nomi di chi ha fatto quella della Lega a dire che il movimento ha profonde radici democratiche e antifasciste. Non salta fuori oggi Molinari a dire cose che stanno, appunto, nella storia della Lega. Semmai altri sono gli errori che hanno segnato questa data fondamentale per il nostro Paese”.

Ne dica uno.
“Voler tingere, come sei è fatto per molti anni e c’è chi prova a farlo ancora oggi, di un solo colore la Resistenza, la lotta per la Liberazione che venne combattuta con sacrifici e costi enormi da tutti gli italiani sinceramente democratici”.

Quest’anno il clima, però, è a dir poco surriscaldato.
“Ci sono le elezioni e qualche polemica può venire montata, amplificata per mascherare la paura del cambiamento”.

Nessun dubbio sulla sua partecipazione alle celebrazioni di domani?
“Nemmeno a pensarlo. Ci vado da quando sono ragazzino, alcuni anni quando già ricoprivo ruoli istituzionali ho anche tenuto orazioni ufficiali. La mia formazione è assolutamente antifascista. Come antifasciste sono le profonde radici della Lega”.

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