Cara Appendino, ora tiriamo le somme

I risultati della prossima tornata elettorale di domenica 26 maggio, con la concomitanza di elezioni europee e regionali, saranno particolarmente significativi soprattutto per quanto avverrà nella città di Torino, con un’amministrazione che guida la città ormai da oltre due anni e mezzo che non potrà certo sottrarsi dal giudizio politico che i torinesi esprimeranno nelle urne. Un confronto elettorale a metà mandato consente di valutare quanto i cittadini siano soddisfatti; politicamente la prima parte del mandato di ogni amministrazione sia locale che nazionale è la più significativa proprio perché i nuovi amministratori usciti vittoriosi dalle urne tendono a imprimere fin da subito quel cambiamento promesso in campagna elettorale rispetto a chi li ha preceduti, per dare risposte immediate agli elettori che hanno creduto in loro.

Per fare una valutazione completa dell’operato della Giunta Appendino e della sua maggioranza occorre dire, come abbiamo sempre sottolineato, che lo stato della città ereditato non era certo di quelli migliori: dai problemi dalla sicurezza in città, ai bilanci in rosso che risalgono a molti anni addietro e non sono solo imputabili all’amministrazione attuale. Il tempo per invertire la rotta e imboccare il binario del cambiamento tanto promesso c’è stato, cosi come non sono mancati gli strumenti e le occasioni (la maggior parte delle quali perse).

Torino, un tempo appartenente allo storico triangolo industriale, unica città in Piemonte e soprattutto fra le grandi città del Nord, è stata da poco tempo dichiarata “area di crisi complessa” esattamente come Gela o Termini Imerese con un’assolutamente incomprensibile soddisfazione da parte del sindaco Appendino e del ministro Di Maio (in questo caso la soddisfazione è più comprensibile trattandosi di un ministro che basa sull’assistenzialismo il proprio consenso elettorale), segno che la città non ha saputo reinventarsi negli anni e le colpe non possono essere tutte e solo di “mamma” Fiat che ci ha abbandonato, ma devono ricercarsi nella mancanza di iniziativa politica con progetti seri e di lungo periodo. Inutile, e per noi torinesi dannoso, il paragone con la vicina Milano: è sufficiente passare dalla tangenziale milanese per accorgersi che si tratta di un altro mondo, dove da anni le amministrazioni di diverso colore che l’hanno amministrata lo hanno fatto con un progetto ben preciso che ha portato la città a essere, di fatto, la vera capitale europea del paese, relegando Roma al confronto con le altre capitali del Mediterraneo.

Occorre anche dire che oggi alcune città piemontesi un tempo considerate un po’ snobisticamente province minori sono più avanti per sviluppo economico e per dinamicità imprenditoriale di Torino. In questo contesto l’azione della Giunta Appendino è stata decisamente carente, a parte alcune “botte di fortuna” derivanti da giuste intuizioni (forse più del sindaco in persona che dell’amministrazione) come le Atp Finals di tennis, che sono una vera e propria boccata di ossigeno per la nostra asfittica economia cittadina. Si è passati da una sostanziale continuità con le precedenti e tanto criticate amministrazioni a decisioni che hanno peggiorato la situazione di Torino: un triste quadro complessivo che è frutto dello spazio lasciato, man mano che le difficoltà politiche aumentavano, alle posizioni più estreme e radicali (dalla Tav alla Ztl) presenti nella maggioranza.

Due i temi fondamentali a nostro avviso sui quali giudicare l’attività di Appendino: il primo è la sicurezza. In questo campo le azioni sono state poche e quasi del tutto inutili; il tanto pubblicizzato sgombero dell’ex villaggio olimpico (Moi), frutto dell’eredità dell’amministrazione di centrosinistra, procede a rilento e soprattutto su iniziativa principale più del Ministero dell’Interno che degli uffici comunali. Per il resto non è stata ristabilita la legalità e non sono stati restituiti quei pezzi di città ai cittadini che continuano a essere del tutto invivibili. Anzi, sono nate nuove zone franche di illegalità grazie all'inazione dell’amministrazione che sta favorendo, per esempio, la desertificazione del principale Parco cittadino, il Valentino, con conseguente aumento della criminalità che va ad occupare gli spazi lasciati liberi. Non sono state sgomberate in via definitiva le zone occupate illegalmente, le poche chiusure dei campi rom sono state fatte a mero scopo elettorale e si sono rivelati in effetti solamente dei traslochi di persone in altre zone della città, di altri sgomberi non ci sono tracce se non quello, su impulso del Questore, dell’“Asilo occupato” da fannulloni e delinquenti per il quale il Sindaco è finito nel mirino di qualche esagitato.

Il secondo tema sono le tasse. I cittadini torinesi continuano a essere fra i più spremuti in Italia con aliquote in costante crescita, senza che a questo corrisponda un miglioramento dei servizi; il disastro della gestione della Gtt con un pessimo servizio è sotto gli occhi di tutti, tranne quelli dell’amministrazione che in sede di nostra presentazione di referendum per la privatizzazione dell’azienda, ha affermato che le cose non sono mai andate così bene: peccato per i bus in fiamme. Non va meglio per gli altri servizi, dalle buche nelle strade alle foreste di erba in città. Non si registrano interventi laddove gli sprechi e le inefficienze sono evidenti, come per esempio la dismissione di partecipate comunali e contenimento dei costi del personale. Valuteremo dai risultati il giudizio dei cittadini torinesi, ma la nostra sensazione è che si sia proceduto e si stia tutt'ora procedendo “a vista” senza un vero progetto futuro per la città. Pensare alla Torino del futuro significa vederla in un contesto europeo, con servizi e infrastrutture moderne, innovazione e attrattività per le imprese, favorendo il più possibile le varie forme di imprenditoria, sburocratizzando procedure, rivedendo regolamenti comunali ormai obsoleti e, soprattutto, immaginando una città che deve invertire la decrescita demografica degli ultimi anni, invogliando per esempio i giovani a rimanere e altri a trasferirvisi: l’obiettivo deve essere una crescita oltre il milione di abitanti. Una visione e un progetto che hanno bisogno di qualche decennio per realizzarsi, ma che si contrappongono a quello della decrescita felice ipotizzato da alcuni assessori in carica.

*Guglielmo Del Pero - SiAmo Torino

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