Ora affrontiamo il dopo Appendino

Le consultazioni regionali appena concluse hanno rappresentato una sorta di elezioni di medio termine per l’amministrazione torinese: un modo per i cittadini di esprimere un giudizio su quanto fatto in due anni e mezzo dal sindaco Appendino. Diciamo subito che il risultato suona come sonora bocciatura da parte dei torinesi; un risultato che mostra come tutto il malessere verso le decisioni incomprensibili prese dall'amministrazione comunale in questi anni si sia riversato nelle urne.

Torino, come molte altre grandi città in Italia, ha registrato una controtendenza rispetto ai risultati regionali: in città il vincitore è risultato il governatore uscente Chiamparino e il partito più votato è stato il Pd - sebbene all’interno delle singole Circoscrizioni i risultati non sono stati così netti. La dinamica è stata esattamente la stessa delle ultime elezioni politiche con un M5s totalmente fuori dai giochi, segno di un giudizio chiaramente negativo nei confronti dell’operato della giunta. Certo la concomitanza di elezioni europee e regionali ha caricato il voto di una forte componente politica nazionale, che va oltre le singole questioni cittadine, ma il dato che emerge fortemente è la richiesta dei torinesi di cambiare rotta per restituire a Torino quella marcia in più che storicamente la città ha sempre avuto.

L’analisi del voto dimostra come il malcontento delle “due Torino” (periferie e centro) sia trasversale a tutti i quartieri, alle categorie sociali e produttive. Dalle periferie emerge ancora una volta una richiesta di legalità e sicurezza; esattamente come tre anni fa i cittadini non si sentono tutelati dalle autorità, e nulla è cambiato in zone “calde” come Barriera di Milano o Borgo Aurora sempre al centro delle cronache cittadine per spaccio e delinquenza. La sensazione di abbandono da parte di interi quartieri registrata durante la campagna elettorale delle amministrative è sempre la stessa e passeggiando per le strade malconce si avverte lo sconforto dei cittadini. In questi anni più che a risolvere i problemi con soluzioni concrete si è privilegiato il “no a tutto”, frutto di un’ideologia del secolo scorso che ha penalizzato la città, da qui le proteste dei quartieri centrali per una Ztl - imposta ideologicamente ai residenti e commercianti senza un minimo di condivisone e confronto - che penalizza pesantemente le attività commerciali recando danni economici non indifferenti, così come le decisioni che hanno lasciato decisamente perplessi sul regolamento dei “dehors” in centro o sulle piste ciclabili e zone con limiti di traffico a 30 km/h improvvisate. La pessima gestione dell’area del Valentino ha di fatto consegnato il parco all’illegalità, sottraendolo ai torinesi e andando a colpire gli investimenti fatti in attività commerciali che rappresentavano un vero e proprio presidio sociale del territorio; e come se non bastasse è stata ingaggiata una querelle con attività e club ultracentenari presenti nel parco a tutto discapito dei chi ne usufruisce.

L’incomprensibile posizione NoTav, la pessima gestione del dossier Torino2026, il no alle infrastrutture che potrebbero snellire il traffico congestionato della città, la mancanza di una visione strategica del futuro e, ancora, l'innata ideologia “pubblica” assistenzialista che tende a diffidare sempre e comunque del privato, mettendone in secondo piano le esigenze senza capire che, al contrario, è proprio dalle attività economiche e dalla concorrenza sul mercato che nascono qualità, efficienza per i cittadini e soprattutto posti di lavoro. Certo alcuni risultati positivi sono stati ottenuti ma non sono sufficienti per invertire la rotta.

Che fare dunque? Occorre che tutte le forze che si riconoscono come alternativa all’attuale amministrazione, ma anche a quello che consideriamo un pericoloso ritorno al passato di gestioni corresponsabili dello stato delle città, si riuniscano in un’unica proposta politica seria e concreta, con una visione di lungo termine da proporre ai torinesi nelle prossime elezioni amministrative. Bisogna prima di tutto capire Torino e cosa significhi la “sabaudità”, certo non si può pensare che siano sufficienti pochi slogan per conquistarne la fiducia e neppure si può avere la supponenza di pensare di farlo senza rinnovare dal basso le classi dirigenti che negli anni hanno dato prova di scarsissima attitudine a capire la città. Bisogna lavorare da oggi, duramente, sul territorio e rispondere alle esigenze dei cittadini, senza spocchia o supponenza, con soluzioni reali e concrete, riunendo le “due Torino” in un’unica forte città per andare avanti verso un futuro di crescita.

*Guglielmo Del Pero, SiAmo Torino

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