Il tetto (necessario) del 3%

Ogni tanto qualche economista o presunto tale, tira fuori che il limite del 3% del rapporto deficit pubblico su Pil sia arbitrario e poco significativo, dipendente più dai voleri politici che dall’economia. Inutile nascondere l’evidenza che l’Unione Europea sia una costruzione politica, in cui i pesi degli Stati non sono tutti uguali e l’esistenza di accordi di alcuni a scapito di altri. Questo è un fatto e ovviamente un governo dovrebbe cercare di lavorare anche per acquisire una maggiore influenza, anche cercando alleati sia in Europa che oltre Atlantico. Detto ciò, non bisogna dimenticare che l’economia ha le sue regole che non sono campate in aria, ma dettate dalla cruda realtà.

I limiti del 60% del debito pubblico e del 3% di deficit furono calcolati negli anni Novanta del secolo scorso facendo una media dei valori degli Stati europei in modo da non creare eccessivi disagi ai vari Paesi nel raggiungere quegli indici. Interessante è il valore del 3% di deficit calcolato sul Pil. Tale valore è stato fissato in base all’inflazione e alla crescita media europea in quei ormai lontani anni e garantiva che il rapporto esistente fra debito pubblico e Pil non variasse. Con un’inflazione significativa il debito pubblico tende a svalutarsi in termini reali e se contemporaneamente il prodotto interno lordo cresce in maniera sensibile, il nuovo debito fatto non va a incidere sul rapporto debito pubblico su Pil che rimane costante. Questa è la ratio della regola del 3%: niente di campato in aria. Il problema nasce dal fatto che questo valore è stato definito in una situazione tutto sommato florida, almeno a livello europeo, perché l’Italia i problemi di crescita li ha da un bel po’. Però rispetto alla vulgata corrente, il limite non andrebbe alzato, ma semmai abbassato. Considerato che l’Italia non cresce e che l’inflazione è bassa, non dimentichiamo il “rischio” di deflazione di qualche tempo fa, quel valore dovrebbe essere il più possibile prossimo allo zero per evitare che il rapporto fra debito pubblico e Pil salga. Al di là della regola europea, il rapporto fra deficit e prodotto interno lordo è un indice importante per gli investitori, perché indica la capacità di uno stato di restituire i soldi a scadenza. E quando per sopravvivere hai bisogno di continuare a fare debito, non puoi che cercare di non spaventare i tuoi possibili finanziatori con spese azzardate o facendo più debiti di quanto si sia in grado di ripagare.

D’altro canto cosa serve fare altro debito? È da dieci anni che si tenta di uscire dalla crisi aumentando la spesa pubblica a debito, ma non mi sembra che l’economia si sia ripresa.

Alcuni economisti si dilettano creando una differenza fra microeconomia, l’economia delle famiglie e delle aziende, e la macroeconomia, l’economia degli Stati e delle nazioni. In realtà i principi economici sono gli stessi: per esempio che non puoi spendere quello che non hai. Certo gli Stati hanno il monopolio della violenza ed è difficile portarli in tribunale, ma quando i soldi sono finiti, sono finiti e basta sia che tu sia una famiglia, un’impresa o uno Stato.

Un esempio può chiarire. Consideriamo una famiglia che sottoscrive un mutuo per comprare casa. Gli immobili sono un bene che ha un’utilità per più anni e quindi anche se il mutuo dura decine di anni alla sua estinzione l’immobile esisterà ancora. Considerato che in ogni caso una famiglia un tetto sulla testa lo deve avere e pertanto un affitto lo deve tirare fuori, l’acquisto di una casa può ritenersi. come comunemente si fa, una scelta ponderata. Ora, consideriamo una famiglia che decida di andare in vacanza e non avendo soldi accende un finanziamento pluriennale. Il secondo anno ha ancora da estinguere il finanziamento fatto per la vacanza dell’anno prima e decide di andare in vacanza accedendo un secondo finanziamento pluriennale. Al termine della vacanza ha due rate da pagare. Il terzo anno fa la stessa cosa, facendo un nuovo finanziamento pluriennale per le vacanze. Ora ha da pagare tre rate. Continuando così, si troverà prima o poi sommersa dai debiti e senza poter andare in vacanza. A chiunque è evidente la follia del comportamento della seconda famiglia dell’esempio.

Gli stessi ragionamenti valgono per gli Stati. Un conto è fare debito per costruire infrastrutture che hanno un’utilità ripetuta nel tempo e che migliorando, per esempio il sistema dei trasporti, possono avere ripercussioni positive anche sul sistema delle imprese che aumentando la redditività potrebbero pagare più tasse permettendo allo Stato di rientrare dei soldi spesi, un conto è fare debito per la spesa corrente tipo pagare stipendi, regalare sussidi, acquistare beni di consumo, ecc. che non hanno utilità oltre l’anno; spesso una nuova spesa, come possono essere gli stipendi dei nuovi assunti, bisogna ripeterla ogni anno e ciò implica che ogni anno bisogna fare nuovo debito che si somma a quello fatto l’anno prima in una spirale che si autoalimenta. Si tratta della stessa situazione della famiglia che fa sempre più debiti per pagarsi le vacanze. Il limite del 3% nasce per frenare queste situazioni, per quanto finora non ha molto funzionato, visto l’impennarsi del debito pubblico italiano.

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