STANZE ROMANE

Rimpasto, Castelli nel mirino

La viceministra di Collegno potrebbe essere sacrificata sull'altare di un rinnovato patto di governo M5s-Lega. Più che le numerose gaffe e la poca competenza paga la fuga di notizie sulla lettera di Tria a Bruxelles

Rimpasto. Forse non c’è, nella storia della politica italiana, parola più ambivalente: speranza di ascesa per qualcuno, spettro del baratro per qualcun altro. Il duplice significato non cambia neppure all’epoca del governo del cambiamento. Così, dopo l’incontro tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini dell’altro giorno subito dopo il quale fonti autorevoli del M5s hanno incominciato a far filtrare la non disinteressata disponibilità a concedere il ministero dell’Economia alla Lega – “mettano uno dei loro o lascino Giovanni Tria ma se lo intestino” – oltre a quello delle Politiche Europee ancora vacante dopo le dimissioni di Paolo Savona passato alla Consob, tra coloro che non possono che temere il peggio dal rimpasto molti vedono proprio uno dei due vice al Mef: la grillina torinese Laura Castelli. La sua considerazione da parte della Lega magari non sarà l’omnicomprensiva definizione dei pentastellati data dal loro più palese detrattore nel Governo, Giancarlo Giorgetti – “scappati di casa” – ma non si allontana di molto. I sorrisi e le braccia allargate del suo collega Massimo Garavaglia hanno detto, spesso, più di tante parole. Ieri, però, Salvini ne ha pronunciate di quelle da far balenare a ministri e vice l’immagine del ballo della scopa: “Se ci fosse necessità di una squadra più compatta e di una revisione del contratto di governo io sono a disposizione”.

Tradotto, con premessa che “non chiedo nulla, ringrazio i nove milioni di italiani che ci hanno dato fiducia, ma userò quei voti per difendere l'Italia in Europa, non per chiedere qualche posto in più a Roma", suona come una apertura non dichiarata al rimpasto. Si fa, ma non si dice. E si dice che a ballare, tra i ministri, siano soprattutto Danilo Toninelli il cui dicastero tornerebbe utile alla Lega per le grandi opere a partire dalla Tav e Giulia Grillo alla Sanità, pure questa materia interessante per il Carroccio salviniano in quanto fulcro dell’autonomia regionale su cui i governatori leghisti chiedono al Governo di accelerare e i grillini frenano.

Ballano ministri e ballano viceministri. Spesso incampano pure. E quello sulla bozza della lettera che Tria stava per inviare Bruxelles, uscita dal Mef con conseguenze note e altrettanto nota e inattesa reazione del ministro rivoltosi alla Procura affinché indaghi sulla manina, non è stato inciampo da poco per la Castelli.

Ci è voluto poco perché nel giallo della lettera l’”economista” torinese vestisse i panni del maggiordomo. Lei ha sempre ribadito che non è sua la manina. Ma proprio ancora lei mentre la caccia alla talpa era già incominciata in una nota si diceva “sorpresa che Tria smentisca i contenuti (della lettera, ndr). Nel pomeriggio anche io ho visto una bozza della lettera che girava con quei contenuti e quel passaggio sul taglio al welfare c’era”. Il ministro non si era fatto attendere: “Se Castelli aveva quel testo, non lo doveva avere”. Per dire del clima al Mef.

La grillina che nel curriculum spiegava “volevo fare la contabile insieme a mia cugina e dovevo studiare molto per diventare brava come lei” e che poi arriverà addirittura al vertice del ministero dell’Economia, adesso non può certo contare sulla benevolenza degli alleati di Governo ai quali ancora frulla il sospetto che sia la sua la manina. Tantomeno potrà affidarsi al sostegno di Tria, inferocito per quell’uscita della lettera dal palazzo di via XX Settembre. Se rimpasto ci sarà, sia che resti lui al Mef (con la targa della Lega) sia che il Carroccio metta un suo uomo, per la viceministra la strada per continuare nel Governo potrebbe diventare molto stretta e ripida. Perché da sempre quando c’è un rimpasto – e il disperato tentativo del M5s di evitare elezioni lo renderà ancor più appetibile per Di Maio e appetitoso per Salvini – qualcuno arriva e qualcuno se ne deve andare. Anche se la Castelli, probabilmente, a chi glielo ricordasse obietterebbe: “Questo lo dice lei”.

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