TRAVAGLI DEMOCRATICI

Controffensiva renziana su Furia: "Pronti a tornare alla conta"

Il caso Alessandria deflagra e coinvolge tutto il Pd. Fregolent: "Il segretario regionale non è certo esente da responsabilità". Lui respinge le accuse e rivendica il merito di aver recuperato voti rispetto alle politiche. Già traballa il capogruppo Ravetti

“Si vuole andare alla conta, si vuole aprire il vaso di Pandora? Noi siamo pronti, ma sia chiaro che vale per tutti, nessuno può sentirsi escluso”. La controffensiva renziana alla richiesta di dimissioni del segretario provinciale di Alessandria Fabio Scarsi (sostenitore della mozione Giachetti-Ascani al congresso) arrivata dall’area Zingaretti non si fa attendere.

Silvia Fregolent, deputata cui spetta di diritto e per meriti sul campo il titolo di “renzianissima”, esplicita ulteriormente un concetto peraltro già ampiamente intellegibile nel suo rifermento al segretario regionale: “Noi aveva detto che non avremmo chiesto le dimissioni di Paolo Furia dopo il risultato delle regionali e delle europee e così è stato, anche di fronte a un esito elettorale che purtroppo ben conosciamo. Dobbiamo invece notare che c’è chi le dimissioni le chiede per il segretario provinciale di Alessandria, e forse è pronto a farlo dopo con altri, imputando a lui responsabilità che certo non sono e non possono essere tutte sue”.

La deputata torinese non ci gira troppo intorno, punta dritto sugli artefici dell’operazione che mira a cambiare la guida del Pd mandrogno: “Stupisce che a volere la testa di Scarsi sia chi per cinque anni ha rivestito un ruolo importante come quello di consigliere regionale e addirittura di capogruppo – dice riferendosi a Domenico Ravetti, autore di un post che ha addirittura preceduto il documento della componente zingarettiana contro l’attuale segretario – e chi ha gestito la campagna elettorale da un ruolo altrettanto importante qual è il tesoriere regionale del partito”, ovvero l’ex senatore Daniele Borioli, al quale Fregolent non nasconde la voglia di “chiedergli come sono stati spesi anche i miei soldi per un guru della comunicazione che abbiamo scoperto quando ha sbeffeggiato Sergio Chiamparino”. “Ravetti e Borioli, nei loro ruoli, non hanno alcuna responsabilità nella sconfitta elettorale nell’Alessandrino, essendo entrambi di quella provincia? Solo tutta colpa del segretario?”.

La questione ormai ampiamente uscita dai confini alessandrini e già approdata, tra imbarazzi e reazioni tutt’altro che morbide, su scrivanie dem di rango nella Capitale tira in ballo, nolente, un altro segretario. Lui, Furia, da sei mesi a capo del partito regionale, scalfarianamente non ci sta: “Quello di Alessandria è un caso che non può essere confrontato col regionale e neppure con le altre federazioni dove ci sono segretari dimissionari come Asti, Biella e Novara. E poi nessuno in Direzione Regionale ha chiesto le mie dimissioni”.

Insomma, questione chiusa, anzi non la si doveva neppure aprire a detta del numero uno di via Masserano il quale assicura (ma non si sa quanto rassicura chi pensa il contrario) che “non esiste nessuna strategia degli zingarettiani per prendersi tutte le federazioni provinciali”. Ammette che “ci sono stati risultati deprimenti in Piemonte e riguardano tutte le province, un po’ meno Torino”, ma a chi lo chiama in causa manda a dire che “paragonare un mandato di sei mesi come il mio con quelli di tre anni (il caso di Scarsi ad Alessandria, ndr) è sbagliato. E poi registro che ci sono dei posti dove si chiede la testa del segretario e altri no. Scarsi è stato inclusivo, ha costruito delle condizioni che gli permettessero di continuare a essere sostenuto?”.

Al successore di Davide Gariglio è vero che non possano essere attribuite responsabilità della débâcle, ma è altrettanto vero che non gli possa essere riconosciuto il merito di quel lieve recupero di voti segnato il 26 di maggio rispetto alle politiche dello scorso anno. Piuttosto da più parti nel Pd gli vengono mossi due addebiti, questi sì di sua pertinenza: l’aver consegnato di fatto la composizione del listino a Chiamparino e aver inciso praticamente nulla sulla lista delle europee. Quest’ultima partita non era oggettivamente facile e gli spazi di manovra ridotti, ma più d’uno avrebbe gradito almeno un tentativo di interlocuzione con i vertici nazionale invece di un ruolo pressoché notarile. Risultato: il Piemonte dem da due europarlamentari uscenti è rimasto a bocca asciutta.

Critiche e mugugni, anche su questioni non certo marginali come quella del listino, che tuttavia non hanno neppure adombrato lontanamente la messa in discussione del segretario regionale. Se non tutto, molto è cambiato dopo le esternazioni di Ravetti seguite a ruota dal documento dell’area che da riferimento al segretario nazionale con cui di fatto è stato chiesto a Scarsi di farsi da parte. Lui ha risposto picche, pronto a sostituire i tre zingarettiani che hanno lasciato la segreteria, con lo scenario probabile di una inevitabile mozione di sfiducia da presentare in assemblea dove, tuttavia, l’area Zingaretti non pare avere un margine così ampio per rendere certa la defenestrazione.

“Gli attuali segretari delle federazioni sono stati eletti in una fase di transizione volta all’appuntamento delle politiche dello scorso anno, adesso – spiega Furia – la fase è cambiata. Nessuno chiede loro di cambiare pelle, ma è necessario comprendere che la mission è mutata e richiede un adeguamento. E poi io quello che sta succedendo non lo vedo come sintomo di crisi, ma come segno di vitalità del partito che ha tra i suoi obiettivi proprio il recupero nelle province, attraverso una fase di ristrutturazione”.

Insomma, come dice lui stesso, usando un termine assai più morbido rispetto all’eloquente disfatta, “nel Piemonte 2 i risultati elettorali sono stati complicati”, ma per Furia non c’è alcuna ragione che possa reggere la richiesta di mettere in discussione il suo ruolo. “Nessuno lo ha chiesto in Direzione”. Vero. Poi, solo dopo e dopo aver sistemato tutte le poltrone in Consiglio regionale, è partita la bordata contro il segretario mandrogno.

“Non è affatto l’inizio di una strategia di conquista” ripete Furia che l’altra sera durante la segreteria parlando dei congressi per le province i cui segretari si sono dimessi non solo aveva previsto di dover inserire nel novero anche Alessandria, ma pure ipotizzato (rinviando poi la decisione all’esito di consultazioni con le federazioni) di mandare a congresso, tra metà settembre e i primi di ottobre, anche i circoli.

Un passo, quest’ultimo, che difficilmente potrebbe reggere la tesi dell’inesistenza di un piano dell’area Zingaretti per riprodurre il modello Alessandria, sempreché riesca. Per ora è più probabile che l’iniziativa assunta e guidata da Ravetti e Borioli possa sortire, come effetto collaterale e non previsto, una sorta di ricompattamento delle varie anime renziane e post renziane. Se la Fregolent, da par suo, non ha esitato a intervenire lancia in resta ciò non vuol dire che altri parlamentari ed esponenti di rilievo di quel Pd che non è con Zingaretti stiano ragionando su come rispondere su un terreno che non è solo quello alessandrino. E guardino anche loro a via Masserano.