LE REGOLE DEL GIOCO

Taglio dei parlamentari, così il Piemonte ne perderà 24

Con la norma appena approvata in Senato 16 deputati e 8 senatori lasceranno lo scranno. Una legge elettorale surrettizia giustificata da esigenze di risparmio ma che limita la rappresentanza di molti territori. Critiche di Uncem. L'analisi di Fornaro e Borghi

Una solida polizza sul presente, una pesantissima ipoteca sul futuro. Questo, al di là della retorica anticasta che alimenta il consenso alla riduzione del numero dei parlamentari, è la riforma Fraccaro (dal nome del ministro grillino per le Riforme Istituzionali) approvata giovedì scorso in seconda deliberazione al Senato.

Quale miglior assicurazione se non spettro di una drastica riduzione di posti per evitare spinte verso il voto da almeno una parte dei Cinquestelle? Ma è, soprattutto, lo scenario di un futuro Parlamento eletto utilizzando l’attuale sistema, il Rosatellum, con però meno posti a prefigurare una maggioranza assoluta, sia a Montecitorio sia a Palazzo Madama, del partito più forte. Una prospettiva a dir poco allettante per Matteo Salvini, ma non poco rassicurante guardando – senza casacche di partito – con una certa legittima preoccupazione al futuro con un occhio al passato.

“Il taglio dei parlamentari è la fine di una ingordigia politica che è andata avanti per decenni", ha esultato Luigi Di Maio, forse senza mettere in conto che dovrà vedersela con ben altra ingordigia, quella del suo alleato di governo, certamente in grado di essere soddisfatta in maniera assai più pesante proprio grazie a quello che Federico Fornaro, deputato di LeU, ma in questo caso soprattutto riconosciuto esperto di sistemi elettorali, definisce “un micidiale combinato disposto”, ovvero la riduzione del numero dei seggi in Parlamento attuato conservando la legge elettorale vigente. Di cambiarla aveva chiesto anche Forza Italia, votando in prima lettura a favore con un’apertura di credito poi chiusa nella votazione dell’altro giorno cui gli azzurri, inascoltati, non hanno partecipato.

Un combinato disposto, quello di cui parla Fornaro che, come lui stesso dati alla mano spiega, “riducendo da 630 a 400 i deputati e da 320 a 200 i senatori e andando al voto con il Rosatellum produrrà un pesante effetto distorsivo nella rappresentanza. Le soglie di sbarramento saliranno dal formale 3% fino anche al 20%. In Piemonte viene calcolata all’11%", cifra da far tremare i polsi dalle parti di Forza Italia, ma non solo. " E poi – prosegue il parlamentare autore di numerosi saggi in materia elettorale – i collegi diventano enormi e ingestibili, soprattutto per il Senato”.

Il partito nato e cresciuto nel segno della partecipazione dei cittadini e quello che dal suo non infinito vocabolario attinge ad ogni piè sospinto la parola territori, hanno partorito un sistema che prevede collegi alla Camera da 400mila abitanti (che possono arrivare a 480mila) e da 800mila (aumentabili a poco meno di 900mila) al Senato. “Il rischio è che la riduzione complessiva degli eletti tagli drasticamente le possibilità dei territori di essere rappresentati se non vi saranno delle compensazioni territoriali nella composizione dei collegi elettorali", ha denunciato, chiedendo un incontro al ministro, il presidente dell’Uncem (l’unione dei Comuni e delle Comunità Montane) Marco Bussone.

“Almeno per il Senato proporremo la regola prevista negli Stati Uniti: ogni Stato, vale a dire ogni collegio, esprime due senatori indipendentemente dalla popolazione e dall'estensione. Bisogna evitare che concentrazione del potere elettorale dove ci sono i numeri piu' alti, indebolisca le zone montane e rurali del Paese, dove vivono 15 milioni di persone, un quarto degli italiani” dice il presidente di Uncem.

“Saranno, ancora una volta, le aree più fragili a pagare il prezzo della demagogia al potere. Come già accaduto in Piemonte, con il propagandistico taglio da 60 a 50 consiglieri promosso dal mio partito e che oggi ci assicura l’incapacità di dare rappresentanza alle province piccole, ora sul piano nazionale avanza un taglio che si configura come mero taglio di rappresentanza e di democrazia”, prefigura il deputato ossolano del Pd Enrico Borghi, al vertice di Uncem fino a un anno fa. “Vengono lasciati intatti i meccanismi perversi del bicameralismo paritario, ma si taglia a casaccio sul numero col risultato di escludere milioni di italiani dalla rappresentanza e di alzare le soglie implicite a livelli incredibili, come neanche in Turchia esistono”.

Da Borghi anche un vaticinio per i Cinquestelle: “Sul piano politico chi pagherà più di tutti queste scelte saranno proprio loro, destinati ad essere decimati se non cambierà la legge elettorale. Il problema enorme, però è quello di una mancanza di equilibrio nella rappresentanza: se non vi si porrà rimedio milioni di italiani la prossima volta non saranno rappresentati in Parlamento”.

E lì, alla Camera come a Senato, dal Piemonte arriverà circa il 36% per cento di parlamentari: a Torino e provincia, il Piemonte 1, si scenderà da 23 a 15 deputati, mentre nel resto della regione, il Piemonte2, manderà a Montecitorio 8 eletti in meno rispetto agli attuali 22. Ancor più pesante gli effetti sul Senato, “dove salta il minimo garantito di 7 eletti per regione” spiega Fornaro, il quale aveva anche provato a suggerire ai Cinquestelle alcuni correttivi, a partire dalla modifica della norma costituzionale che fissa nel livello regionale il premio di maggioranza al Senato e origine di problemi che si sono spesso presentati proprio con diverse maggioranze tra Camera e Senato. “Si potrebbe anche valutare l’opportunità di collegi sovraregionali, anche se parlare di collegi di fronte a dimensioni come quelle che emergono dalla nuova geografia elettorale suona come una truffa semantica. Più corretto sarebbe parlare di circoscrizioni”.

Dagli attuali 8 collegi uninominali per il Senato, in Piemonte si scenderebbe a 5 con una cartina da ridisegnare completamente, basti pensare che la provincia di Cuneo con il parametro degli 800mila abitanti non potrebbe più viaggiare da sola come oggi, ma accorparsi con altri territori e via così.

“Altro che rapporto eletto-elettore, con un sistema così – osserva il deputato bersaniano – come fa ad esistere?”. Tema assolutamente rilevante, effetto dell’operazione voluta da Lega e Cinquestelle diametralmente opposto da quanto sempre predicato da entrambe le forze politiche. Uno può valere 800mila? E quei territori, i piccoli comuni sempre portati a simbolo dal Carroccio, ancorchè salviniano, le cui rappresentanze protestano di fronte a temute “sperequazioni territoriali” introdotte dal taglio dei parlamentari attuato senza cambiare legge elettorale?

Con i dati elettorali (e dei sondaggi) attuali questo sistema consentirebbe alla Lega di presentarsi alle elezioni da sola, vincerle e ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento, alleandosi magari dopo con Forza Italia (se ci starà e ci sarà) e Fratelli d’Italia per arrivare a quei due terzi necessari per eleggere il successore di Sergio Mattarella al Quirinale.

Confermando la prassi che chi mette mano ai sistemi elettorali ne paga le conseguenze (vedi il Pd col Rosatellum), i Cinquestelle, mentre esultano per il taglio dei parlamentari mettono la testa nella ghigliottina e spianano ancor più la strada a Salvini. Gridano “meno poltrone più democrazia”. Con la testa sulle tabelle con sottolineati i numeri del suo Piemonte, dove come altrove chi sta sotto la soglia aumentata a dismisura sta fuori e saranno non pochi, Fornaro la scuote: “È l’esatto contrario. Meno, molto meno rappresentanza e democrazia”.

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