Torino a un bivio

Mancano 18 mesi all’appuntamento elettorale per rinnovare il Comune di Torino ma le danze, come si suol dire, sono già partite. E questo per un elemento di tutta evidenza politica. E cioè, l’amministrazione guidata dai 5 stelle ha politicamente fallito, al di là dei giudizi - seppur tutti opinabili - che vengono avanzati dalle diverse forze politiche e al di là dello stesso lavoro condotto della sindaca Chiara Appendino che, a onor di cronaca, non merita affatto di essere criticata e contestata quasi “a prescindere”. Ma, al di là del giudizio politico ed amministrativo sull’operato dell’attuale amministrazione, è del tutto evidente che si profila per il futuro di Torino un’alternativa politica per la guida della città capoluogo del Piemonte.

Ora, per fermarsi su questo versante e senza entrare nei dettagli delle già varie opzioni in campo, per il momento mi pare che le strade da scegliere sono sostanzialmente due. Una alternativa all’altra. Ovvero, o prevale la logica delle candidature, degli organigrammi, degli assetti di potere, delle eterne primarie - seppur ammantate con parole nobili e gloriose sui programmi, sulla partecipazione da potenziare e sull'immancabile “strategia dell’ascolto” - oppure si lavora per costruire una vasta alleanza sociale, culturale e politica per ridar vita ad una “visione” della città e attorno alla quale aggregare consenso. Convinto, credibile e trasversale. Due metodi opposti, se non alternativi, nel momento in cui ci si appresta a ricostruire un modello di città competitiva, inclusiva, accogliente e capace di ritagliarsi una “mission” specifica nello scacchiere nazionale ed europeo.

Due metodi alternativi, infine, che generano anche due modalità politiche diverse. La prima, quella degli organigrammi e delle candidature, che non può che innescare una logica di violenta contrapposizione nei partiti con una infinità di polemiche, di veti e di denigrazioni su singoli candidati o aspiranti tali. La seconda, invece, avrebbe il merito di spostare l’attenzione dagli equilibri di potere e dalla sola ricerca di potere dei “soliti noti” che da svariati lustri governano la città - salvo rapide parentesi - alle alleanze sociali da definire e da ricostruire per poi individuare il gruppo dirigente a cui affidare le potenziali sorti della città.

Ecco, il dibattito sul futuro di Torino, anche se mancano ancora diversi mesi al rinnovo dell’amministrazione, deve prima decidere quale strada intraprendere. Perché, a seconda della scelta, cambiano radicalmente anche il profilo politico della discussione e il merito del dibattito. Nonché della credibilità dei partiti che restano, checché se ne dica, gli attori principali di questa sfida. Seppur con molti altri protagonisti sociali, culturali e professionali.

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