POLVERE DI (5) STELLE

Rivolta M5s contro Appendino

Mezza maggioranza irritata dalle parole della sindaca. La capogruppo Sganga chiede un confronto che la prima cittadina non intende concedere. Crisi dietro l'angolo, ora tutto può succedere. Ecco la mappa dei consiglieri, dai ribelli ai lealisti

Chiara Appendino si gioca tutto. Con un discorso schietto quanto duro nei confronti prima di tutto della sua maggioranza, la sindaca pone un aut aut definitivo al variegato gruppo pentastellato che finora l’ha sostenuta, seppur tra mugugni, sceneggiate e dichiarazioni talvolta scomposte. Ne ha punito uno, Guido Montanari, con l’intento di educarne 24, quanti sono i consiglieri rimasti al suo fianco, almeno sulla carta. Il rischio che in pochi giorni la situazione precipiti è altissimo. A dimostrarlo c’è un numero, 13, con cui la verifica del numero legale chiesta dal capogruppo del Pd Stefano Lo Russo, al termine della seduta, ha certificato la spaccatura in atto. Al momento sono 13 i consiglieri al fianco della sindaca, neanche la capogruppo Valentina Sganga è più dalla sua parte, lo ha lasciato intendere chiaramente ritirando la sua scheda proprio al momento dell’ultima votazione. Prima di lei avevano lasciato l’aula indispettiti dall’intervento della prima cittadina, altri due esponenti grillini, l’ex presidente della Sala Rossa Fabio Versaci e Maura Paoli. Viviana Ferrero, pur essendo a Palazzo, non si è presentata in aula, Daniela Albano e Federico Mensio pare siano in vacanza insieme, in barca a vela. Barbara Azzarà non c’era per motivi personali, di Damiano Carretto nessuna notizia. Altro che sfilacciata, della maggioranza non v’è più traccia. Che Appendino avesse scelto la linea più strong era chiaro da questa mattina quando ha annunciato via social, senza sentire i suoi consiglieri, la revoca delle deleghe a Montanari. “Ne prendiamo atto” è stata la gelida risposta di Sganga a nome del gruppo. Cosa succederà di qui alle prossime ore è ancora un enigma.

Un elemento non trascurabile di questa vicenda è la totale e incondizionata copertura politica che la sindaca aveva ottenuto nei giorni scorsi da Luigi Di Maio. “Quello che fa lei a me va bene” sono state le parole del capo politico del Movimento 5 stelle. Questo vuol dire che se qualche consigliere deciderà di farla cadere se ne assumerà la responsabilità, che tradotto vuol dire scordarsi una ricandidatura. Di Maio e Appendino d’altronde rappresentano due facce di un Movimento che sta tentando faticosamente una svolta governista: in questo cammino i due si sorreggono a vicenda, claudicanti in quella difficile quanto rischiosa traversata dalle piazze del Vaffa ai Palazzi, una sorta di mutazione genetica del MoVimento.

Ora però il cerino è proprio nelle mani dei consiglieri: chi decreterà la fine di questa giunta? Chi si caricherà la responsabilità di restituire la città al Pd o, peggio (per molti di loro), alla Lega? Per ora un pezzo importante si è limitato a sottolineare il proprio dissenso con l’assenza, ma arriverà un momento in cui non si potrà continuare a vivacchiare nel limbo. “Nelle prossime settimane arriveranno in aula delle delibere su cui chiederò un mandato pieno” ha affermato Appendino. Pur non essendo previsto dal regolamento comunale, quel che vuole la sindaca è un vero e proprio voto di fiducia, in cui l’assenza equivale al “No”. Molti di loro, per voce della capogruppo Sganga, chiedono “un confronto”, la sindaca non sembra più intenzionata a concedere niente. Almeno non in questo momento. Chi cederà? Se non lo farà nessuno a Palazzo Civico arriverà il commissario. Dall'opposizione nessuna mano tesa alla sindaca, anzi una fortissima richiesta di dimissioni pronunciata dalla Lega, con Fabrizia Ricca, al Pd con Stefano Lo Russo. Mentre il capogruppo di Forza Italia Osvaldo Napoli le rinnova l'invito a un rimpasto complessivo della giunta sostituendola con pezzi rappresentativi della città.

La tensione era palpabile in aula. “È legittimo chiedere il rispetto dei ruoli, ma serve la volontà di ascoltare, anche le posizioni più eterodosse” ha risposto Sganga con un intervento che segna una frattura forse ormai insanabile con la sindaca. E dire che lei e Versaci, assieme alla vicecapogruppo Giovanna Buccolo, erano considerati se non tra i fedelissimi comunque tra i responsabili, quelli pronti alla mediazione con l’ala più intransigente, alla quale, almeno a giudicare dal comportamento di oggi, sembrano essersi appena iscritti. Forse con la sola eccezione di Buccolo.

Tra i dissidenti vanno annoverati i cosiddetti movimentisti: molti di loro sono militanti storici, si considerano gli alfieri dei valori originari del Movimento 5 stelle e sono particolarmente refrattari a cedere a logiche di pragmatismo amministrativo. Si tratta dei già citati Albano, Paoli, Ferrero e Carretto. A loro si dovrebbero aggiungere anche Marina Pollicino e Fabio Gosetto che tuttavia oggi sono rimasti in aula, lasciando aperto un canale con la prima cittadina.

Leali verso la sindaca e più impegnati su questioni amministrative sono quei consiglieri che in questi anni hanno lavorato gomito a gomito con gli assessori e mal sopportano le rigidità dei duri e puri. Parliamo di Roberto Malanca (Trasporti), Marco Chessa (Sport), Aldo Curatella (Tecnologia e 5G, tema quest’ultimo che però potrebbe condurlo a subire una diffida da parte del partito romano), Federico Mensio (Ambiente, cannabis terapeutica), Massimo Giovara (Cultura), Andrea Russi (Commercio). Infine gli istituzionali, ovvero quei consiglieri considerati se non organici di certo vicini ad Appendino. Una maggioranza spesso silenziosa che nell’ultimo anno si è ritrovata a subire le iniziative politiche dell’ala più intransigente. Di quest’area fanno parte il presidente della Sala Rossa Francesco Sicari, Monica Amore, Barbara Azzarà, Antonio Fornari, Chiara Giacosa, Antonino Iaria, Serena Imbesi e Carlotta Tevere. Troppo pochi per andare avanti.

Pallottoliere alla mano, infatti, oggi la maggioranza può contare su 24 voti, compreso quello della sindaca: basta che quattro si sfilino per chiudere l'esperienza grillina a Torino.

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