Dc e Lega, stesso consenso?

Al di là della propaganda e delle parole d’ordine sul pericolo del fascismo, della xenofobia, del razzismo e fanfaronate varie, c’è un dato politico ed elettorale su cui val la pena, adesso, riflettere senza scadere nel pressapochismo e nella superficialità. E cioè, nella prima repubblica la Democrazia Cristiana vantava un consenso nelle cosiddette “zone bianche” del Nord che raggiungeva il 40%. Nella seconda repubblica, cioè dopo la crisi innescata da tangentopoli e la liquidazione di tutti i partiti della prima repubblica salvo gli ex comunisti, il partito di Forza Italia ha quasi sostituito in quelle zone territoriali e sociali il peso politico ed elettorale della Democrazia Cristiana. Dopo il voto spartiacque del 4 marzo del 2018, la Lega di Salvini nelle medesime zone - per fermarsi al Nord Ovest e al Nord Est, salvo poche enclave come la città di Torino e la città di Venezia - ha, di fatto, sostituito e raccolto il consenso che quei territori riversavano prima alla Dc e poi a Forza Italia. Certo, sono cambiati i partiti, è cambiata la società, sono passate le generazioni, è mutato profondamente il contesto politico e sociale ma i consensi continuano a non andare a sinistra. O meglio. La stragrande maggioranza dei cittadini di quelle zone continua a riconoscersi massicciamente in un blocco sociale lontano dalla sinistra e vicino a tutto ciò che è sinonimo di centrodestra. Un tempo rappresentato da un grande partito interclassista, democratico e riformista come la Dc e poi in un agglomerato indistinto come Forza Italia e, ultimamente, in un partito con una chiara identità politica e culturale come la Lega di Salvini.

Su questo versante, allora, è opportuno e necessario, per chi non si riconosce in quei partiti, porsi una semplice domanda: e cioè, perché quei territori votano massicciamente quelle formazioni politiche? È perfettamente inutile, al riguardo, continuare ad accusare la Lega di “dittatura”, di “deriva fascista”, di “onda nera”, di “cancellazione della democrazia” e baggianate varie. La propaganda, ridicola e grottesca, di molti settori della “sinistra al caviale” e della intelligenthia salottiera, borghese ed aristocratica della sinistra è sempre più lontana dalle istanze, dai bisogni e dalle richieste che provengono da quei territori. È appena sufficiente, al riguardo, fermarsi a leggere e a riflettere sui consensi reali nelle provincie piemontesi - tutte le province, compresa quella di Torino - per rendersi conto di questa considerazione. E leggendo questi dati si arriva ad una semplice conclusione: e cioè, non si possono accusare quei territori e quella vasta porzione di opinione pubblica di essere complici di una “deriva fascista” o di percorrere una strada che porta alla fine della democrazia e alla instaurazione della dittatura. Considerazioni, queste, che confermano la strutturale lontananza di chi lancia quelle accuse dagli umori concreti e semplici che attraversano quella società.

Ecco perché, allora, è sempre più necessario mettere in piedi una iniziativa politica che sia in grado di intercettare un consenso che oggi veleggia seccamente verso il verbo leghista. La sinistra di Zingaretti, com’è evidente a tutti tranne ai predicatori televisivi e giornalistici alto borghesi e salottieri, non è affatto in grado di farsi carico di quelle istanze e di quei bisogni. Lo dicono tutti gli indicatori e, soprattutto, lo dice il voto popolare. Serve, cioè, una forza politica che sappia anche farsi carico delle esigenze che oggi trovano una risposta massiccia nel programma politico e programmatico della Lega e che possa riaprire una nuova fase politica. Senza questa iniziativa politica, che fortunatamente sta per decollare, continueremo ad assistere a questo balletto dove alla quotidiana accusa del ritorno di una possibile dittatura e di una nuova deriva fascista, i ceti popolari, e non solo, continuano a votare in massa quel partito. Forse è venuto il momento di non continuare a perdere tempo con quelle analisi ridicole, grottesche e comiche e iniziare ad invertire la rotta con nuovi progetti politici e nuovi attori politici capaci di ridiventare interlocutori veri e

interpreti reali di quei territori, di quelle persone e delle esigenze di cui sono portatori.

A volte è tutto molto più semplice di quel che appare.

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