Il solito saccheggio

In questi giorni alcune redazioni giornalistiche hanno puntato la loro attenzione su un tema estivo solitamente ignorato dai media. Il bene comune “Spiaggia” ha così potuto svelare il goloso business che rappresenta per alcuni privati.

La rivista Altro Consumo è tra le testate che hanno evidenziato i sacrifici economici che devono affrontare gli sventurati bramosi di nuoto e acqua. La rivista a tutela dei consumatori ha analizzato il litorale italiano, individuando i luoghi definiti esclusivi e quelli alla portata dei più. La Regione Marche è risultata quella con il migliore rapporto qualità servizi/prezzo, poiché offre ai turisti siti naturalistici a costi contenuti, mentre la Versiglia ha confermato la sua peculiare caratteristica di luogo a uso esclusivo delle classi ricche e agiate.

Rai Due in seguito ha messo in onda un servizio di cronaca incentrato sulla Versiglia stessa. Una redattrice a tal fine si è portata in cerca di un luogo da dove poter accedere al mare per fare un bagno: quanto accaduto ha tratti sconcertanti. L’inviata, nella sua lunga esplorazione, non è riuscita a individuare neppure un piccolo lembo di terra destinato a spiaggia pubblica. La giornalista sotto mentite spoglie si è recata quindi presso uno stabilimento balneare, dove si è sentita chiedere 143 euro per l’ingresso e la fruizione di una tenda (pur specificando che si sarebbe fermata soltanto un’ora).

Prezzo esorbitante e simile a quello delle tante spiagge esclusive frequentate dalle élite politiche ed economiche del Paese. Ovunque lettini e ombrelloni impediscono di fatto l’avvicinamento gratuito delle persone al mare, sovente la cabine interdicono addirittura la vista in direzione del bagnasciuga. Sdraiarsi sulla riva diventa in tal modo un sogno agognato e realizzabile solamente da pochi fortunati.

I titolari degli stabilimenti balneari sovente occupano (ma nessuno accenna a sgomberi in questo caso) le zone di libero transito al pubblico, comprese quelle aree in cui per legge è possibile sostare a prendere il sole senza esborso alcuno. Il mese di agosto, così come la cosiddetta “Alta stagione”, costringe i lavoratori a dilapidare gran parte dei loro risparmi invernali in locazioni immobiliari e sdraio. Un impegno monetario spesso insostenibile per le famiglie (le stesse famiglie citate strumentalmente da ministri e vice premier), costrette a regalare un po’ di benessere ai figli nell’unico mese in cui le industrie chiudono per ferie.

Il libero godimento dei beni collettivi è paragonabile all’uso che i condomini (i comunisti nel linguaggio giuridico) fanno delle parti comuni dell’edificio in cui risiedono (cortili, scale, portinerie, tetto). Sarebbe invero inimmaginabile privatizzare le rampe di scale a collegamento di un piano con l’altro, poiché tale scelta comporterebbe la facoltà di istituire una sorta di pedaggio a favore dei proprietari pertinenti. Il tragitto che dall’alloggio conduce all’androne, e viceversa, diventerebbe fruibile solamente con l’acquisto dell’idoneo titolo di transito (il biglietto).

Risulta quindi assurdo privatizzare aree a disposizione di tutti i residenti di uno stabile, poiché utili all’intera collettività; nello stesso modo è folle la consegna ai privati (la cui missione è sempre il profitto) del patrimonio nazionale. Sborsare cifre astronomiche per una nuotata in mare equivale a versare una gabella feudale per uscire dal proprio alloggio e recarsi a fare la spesa.

La concessione dei litorali agli imprenditori turistici avviene in quasi totale assenza di controlli. Questi invadono regolarmente spazi non assegnati loro in gestione, e impongono tariffe elevatissime ai fruitori dei bagni a fronte di canoni spesso esigui. Un affare milionario per pochi e un danno per la popolazione, ossia i veri proprietari del bene comune “Spiaggia”.

Sperare in qualche ministro o parlamentare che metta mano alla materia in un’ottica di solidarietà sociale ed equità sembra decisamente illusorio. I migliori clienti dei bagni privati sono infatti i politici di tutti gli schieramenti, senza differenze ideologiche: gli eletti trovano cure e “coccole” tra lettini e ombrelloni, per cui immaginarli quali fautori di una riforma illuminata delle concessioni marittime appare frutto di pura quanto fervida fantasia.

La regolamentazione dell’uso delle aree pubbliche da parte dei privati (che garantisca almeno l’istituzione di spiagge gratuite, e gestite dal comune, in superficie pari a quella occupata dai bagni) non è mai stata nell’agenda politica di alcun governo. Vuoto politico colmato oggi dal “Comitato Rodotà”, ente sostituitosi al potere legislativo delle Camere tramite la presentazione di una proposta di legge popolare a tutela del nostro patrimonio immobiliare a ambientale.

Favorire le tensioni verso i migranti, incrementare le pene per chi manifesta in piazza e tutela penale del decoro urbano, sembrano le uniche garanzie di mantenimento in vita degli esecutivi di queste ultime legislature. Come spesso avviene gli interessi dei potenti e la credulità degli elettori, creata ad arte dalla comunicazione propagandistica, sono gli ingredienti alla base della nascita di tutti i regimi.

Il popolo è distratto dalle usuali false emergenze, mentre i colletti bianchi incamerano facili profitti grazie allo sfruttamento delle risorse comuni. Lo Stato è retto da imprenditori corsari che guardano con soddisfazione i loro portafogli gonfiarsi di giorno in giorno, nella totale indifferenza della Res Publica (di chi dovrebbe vigilare su tutto), a discapito della moltitudine che paga l’acqua come le cure sanitarie e la scuola.

Cittadini saccheggiati di ogni loro diritto e plaudenti verso chi li depreda quotidianamente: vittime e carnefici ancora una volta si confondono in un'unica patetica figura. 

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