Non c'è più il partito centrale

Si moltiplicano gli sforzi e i tentativi, peraltro maldestri, di sostenere che nella politica italiana c’è comunque un “partito centrale”. Non centrista, ma centrale nella dialettica politica del nostro paese. Ossia, quel ruolo che per quasi 50 anni ha assunto e declinato la Democrazia Cristiana, e non solo per la mole dei suoi consensi o per la persistenza della “questione comunista” ma anche e soprattutto, per il ruolo politico che ha saputo svolgere nella concreta azione politica quotidiana.

Da tempo quel ruolo e quella funzione politica sono stati abbandonati. Ci ha provato sino in fondo Berlusconi negli anni della sua onnipotenza politica e mediatica ma non ci è riuscito. Ci ha provato l’Ulivo di Prodi e Veltroni ed è finita come tutti sappiamo. Ci ha provato soprattutto il Partito democratico con la sua “vocazione maggioritaria” prima di franare definitivamente con la disfatta nel voto politico del 2018 e la serie infinita di sconfitte rimediate a livello locale, regionale e nazionale. Sino, però, alla auspicata trasformazione del Pd nel partito “della sinistra italiana” come pensa di fare Zingaretti. Anche se deve fare tutti i giorni i conti con l’ex segretario Renzi che, come tutti sanno, è un leader politico naturale e carismatico ma che coltiva l’obiettivo di delegittimare politicamente l’attuale segretario del partito. Per non parlare del movimento di Grillo e Casaleggio dove c’è addirittura qualche commentatore e opinionista che allegramente e grottescamente paragona il grande partito di De Gasperi, Moro, Donat-Cattin e Martinazzoli ad un movimento che ha fatto dell'antipolitica e della non politica la sua cifra distintiva.

Ora, è del tutto evidente che nel dibattito politico e culturale, giornalistico e non solo, il partito “centrale” dovrebbe coincidere con il cosiddetto “partito di centro” di cui si auspica da tempo la nascita e il decollo. Soprattutto in una fase politica dominata dal trasformismo, dalla superficialità e dalla sostanziale assenza di una prospettiva coerente e lungimirante delle varie forze politiche nel campo delle alleanze. Ma questo “partito centrale”, o di centro come sbrigativamente viene definito, oggi semplicemente ancora non c’è.

Ma il tema non può essere eluso anche perché in un sistema sempre più proporzionale dove le alleanze – auspicabilmente non solo dettate dal trasformismo e dalle convenienze momentanee – saranno sempre più decisive, la presenza di un “partito centrale” sarà altrettanto importante e decisivo. Certo, con un consenso, anzi quasi certamente, forse più striminzito rispetto al passato ma destinato comunque a svolgere un ruolo politicamente importante e cruciale.

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