Torino val bene una messa?

Abbiamo preso uno schiaffone. Non nascondiamoci dietro ad un dito. Un gruppo dirigente che stava provando a candidarsi a guidare questa città nel 2021, che si è rialzato a fatica, e che è emerso dopo la rovinosa sconfitta del 2016, essenzialmente dovuta alla mancata rottamazione, oggi è frastornato.

Una gruppo ampio di giovani donne e uomini presente nelle fila del partito democratico e nelle esperienze civiche, anche in – giusta – competizione al suo interno, ma che era ormai riuscito ad intercettare il malessere della città e dei torinesi verso l’amministrazione Appendino e verso i danni prodotti dai troppi “no” detti a chi provava e prova a investire a Torino e su Torino, ieri si sono presi una scoppola dal loro stesso partito, dai loro compagni dirigenti di ogni ordine e grado (e corrente), che si ricorderanno a lungo.

Due ministre piemontesi nel nuovo governo. Entrambe dei Cinque Stelle, nessuno del Pd. Una delle due proveniente direttamente dalla Giunta Appendino, proprio da quella giunta che una città intera, scendendo in piazza a novembre a favore della Tav, aveva per prima messo seriamente in difficoltà. Come se tutto di colpo fosse stato cancellato con un colpo di spugna. L’addio del Salone dell’Auto, il no alle Olimpiadi, il no al bioparco Zoom, il no alla Ruota Panoramica, il disastro di piazza San Carlo, le inchieste, la revoca delle deleghe all’assessora all’Ambiente, la revoca delle deleghe all’Assessora all’Istruzione, la revoca delle deleghe e la cacciata del vicesindaco, il caso Ream, la defenestrazione di un capo di cabinetto e un portavoce, altre inchieste. Tutto cancellato in onore della “ragion di stato”.

Si potrebbe, parafrasando Enrico di Navarra, dire che per il Pd nazionale “Torino val bene una messa”. Mi spiace no! È più importante Torino del Pd.

Ieri a mezzogiorno la futura (a ore) ministra all’Innovazione e ancora assessora ai Servizi demografici, perché pare non voler lasciare il doppio ruolo, comunicava a tutta la Commissione Comunale, convocata all’uopo, che l’Anagrafe di via Nizza non avrebbe più riaperto. Due ore dopo il premio: Ministra. Sta proprio nella mancata rottamazione, nella nostra (mi ci metto dentro a piè pari) incapacità di rompere con i meccanismi di necessità di consenso dall’alto la debolezza in cui oggi ci ritroviamo. Ora quella classe dirigente che stava provando a mettere fuori la testa, di cui ho detto all’inizio, ha una sfida davanti: costruire una alleanza territoriale per la realizzazione di un’alternativa capace di far cambiar rotta a questa città oppure, dopo la scoppola, riassestare gli equilibri e aprire un dialogo con coloro che sono responsabili del declino di Torino.

Diverso ovviamente sarebbe ragionare con chi tra loro, e fino alla nascita del governo giallo-rosso ce n’erano molti, è insoddisfatto dalla sua stessa giunta, dallo scarso peso dato agli attivisti, ai consiglieri comunali e circoscrizionali, a chi non si era illuso della favola di una giunta tecnica (per cui secondo il sillogismo aristotelico Paola Pisano sarebbe una ministra tecnica e non politica). In politica, tutte le scelte, se non sono eversive, sono legittime. Mi farebbe solo ridere se qualcuno pensasse di salvarsi da solo. Cercando nel nuovo corso uno sbocco esclusivamente personale a scapito del progetto che stavamo cercando di costruire faticosamente per il rilancio di Torino. Ma ci sta anche questo.

*Davide Ricca, presidente Circoscrizione VIII di Torino

print_icon