OPERE & OMISSIONI

Asti-Cuneo, scontro nel Pd

La neo ministra De Micheli pare orientata a perseguire la soluzione Toninelli. Dadone: "Ho avuto ampie rassicurazioni". Delrio furente. Anche con Gariglio, cui toglie l'appoggio nella corsa a sottosegretario. E la grande incompiuta resta ferma

L’estate sta finendo e la promessa riapertura entro la stagione dei cantieri dell’Asti-Cuneo si scioglie come neve al sole, lasciando il ruolo di foglie morte nell’autunno dei facili entusiasmi i troppo euforici annunci che avevano accompagnato il Toninelli-day del “tutto è risolto”. Ma questo lo si sapeva, lo avevano capito tutti anche quelli che avevano dato fiato alle trombe pur avendo ben presente la messa da requiem che la Commissione Europea aveva pronta con tutto il peso di una procedura di infrazione, non a caso motivo di forte preoccupazione per l’ex ministro Giovanni Tria e che non sarà di meno per il suo successore al Mef Roberto Gualtieri.

Più difficile prevedere i tempi così rapidi e i modi così spicci con cui la neoministra della Infrastrutture, la zingarettiana Paola De Micheli avrebbe liquidato il piano del suo indiretto predecessore Graziano Delrio allineandosi non con il suo compagno di partito, bensì con l’ostracizzato Danilo Toninelli. Illuminante la lettura di quanto dichiarato dalla cuneese Fabiana Dadone, grillina assurta al vertice del dicastero della Pubblica Amministrazione: “La De Micheli mi ha assicurato che l’Asti-Cuneo sarà portata a termine così come impostata dal ministro Toninelli”. In assenza, fino ad ora, di smentite quel rapido colloquio tra colleghe a margine della cerimonia del giuramento al Quirinale racconta la morte per eutanasia del piano Delrio e la resurrezione del mai completamente morto partito delle autostrade che per anni ha albergato in quello democratico, con vaste e potenti rappresentazioni proprio in Piemonte.

Il “regalo ai concessionari”, come autorevoli esponenti del Pd hanno ripetutamente definito lo schema adottato dal precedente Governo in sostituzione a quello completato dall’allora ministro piddino oggi capogruppo alla Camera, e già passato al vaglio dell’Unione Europea, non sembra preoccupare affatto la neoministra se è vero come pare che non intenda mettervi mano. Ad ulteriore conferma dell’intendimento della De Micheli e dell’assurgere a spinosa questione politica interna al Pd dell’annosa vicenda dell’opera attesa ormai da troppi anni in Piemonte, c’è la per nulla nascosta incazzatura di Delrio.

L’ex ministro, che aveva ribattuto con un “non si è sbloccato un bel niente e la delibera portata al Cipe è illegittima”agli squilli di tromba del governo gialloverde cui si era (forse troppo) prontamente unito il governatore Alberto Cirio, l’ha presa molto male. A farne immediatamente le spese, secondo fonti parlamentari del Pd, il deputato torinese Davide Gariglio cui Delrio avrebbe tolto senza troppi complimenti ogni appoggio per la corsa alla poltrona di sottosegretario al Mit. L’ex segretario regionale, attuale membro della commissione Trasporti della Camera agli occhi del capogruppo ed ex ministro sarebbe stato troppo morbido sulla vicenda, troppo lontano dalla linea che Delrio aveva tracciato e sulla quale la De Micheli non sembra voler tornare, facendo intravvedere in all’orizzonte il mai del tutto scomparso “falce e casello”, il caro vecchio partito delle autostrade.

L’aver riaffermato l’intenzione di costruire la gronda a Genova e ridotto revisione l’annunciata revoca della concessioni autostradali ai Benetton ha fruttato alla De Micheli l’etichetta di ministro amico dei concessionari agli occhi di più di un parlamentare del M5s. Etichetta che alcuni del suo stesso partito ben difficilmente sembrano disposti a toglierle di fronte all’atteggiamento che pare intenzionata a tenere sull’opera incompiuta piemontese. Il mantenere molto alto, così come previsto dallo schema Toninelli, il diritto di subentro a favore del concessionario uscente da parte dell’eventuale vincitore delle gare per l’appalto delle tratte, ad incominciare dalla Torino-Milano, è sempre stato considerato dal Pd un regalo all’attuale gestore, ovvero il gruppo Gavio. Con quella prospettiva di esborso – è il ragionamento condiviso anche nelle ipotesi di violazioni delle regole sulla concorrenza da parte della Commissione Europea – è molto difficile immaginare potenziali nuovi titolari di concessioni.

Diversi e di minore peso i parametri fissati nel precedente accordo tra ministero e Gruppo Gavio per il completamento dell’Asti-Cuneo, accordo come detto già passato al vaglio dell’Unione Europea, ma messo nel cestino dal Governo Lega-Cinquestelle, sempre ostinatamente deciso a sostenere che Bruxelles non avrebbe dovuto mettere becco. Anche se poi l’interlocuzione con la Commissione c’è sempre stata, così come ci sono stati i rilievi dell’Autorità dei Trasporti e dello stesso Cipe. Manca ancora il via libera del Mef e non è cosa di poco conto.

Tornare al piano Delrio, come da tempo richiesto dal suo partito e in particolare dalla deputata cuneese Chiara Gribaudo che segue il dossier e ha marcato stretto ogni passaggio del progetto Toninelli mettendone in evidenza carenze e rischi, comporterebbe il ridiscutere l’accordo con il Gruppo Gavio che peraltro aveva accettato la proposta dell’ex ministro del Pd. Proseguire sulla linea dei Cinquestelle avrebbe come assai probabile conseguenza l’apertura della procedura di infrazione da parte della Commissione Europea con titolare del procedimento, molto probabilmente, l’ex premier Paolo Gentiloni dato come futuro commissario alla Concorrenza. Un harakiri perfetto per il Pd falce e casello.   

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