POLITICA & SANITA'

Sanità, il congedo amaro di Bono: "Vado via anche se potrei restare"

Al netto dei controversi pareri sull'applicazione della Madia, l'attuale numero uno di corso Regina annuncia che a fine anno andrà in pensione. "Un conto essere considerato un valore, altro un peso o un intralcio". La ferrea legge dello spoil system

“Potrei continuare ancora nel mio incarico, ma si continua se si è voluti. Sarebbe veramente complesso non essere un valore aggiunto per il sistema, ma venire considerato uno che vuole rimanere a tutti i costi. Quindi a meno di calorosi colpi di scena a dicembre andrò in pensione. E senza rivendicare nulla”.

Mentre, ormai da settimane, in cui il suo nome viene tirato in ballo come possibile ostacolo alla nomina del nuovo direttore regionale della Sanità, Danilo Bono sgombra il campo da ogni dubbio. Il medico a lungo al vertice del 118 piemontese, poi chiamato lo scorso anno a ricoprire quel ruolo lasciato anzitempo prima da Fulvio Moirano e poi da Renato Botti, spiana la strada al suo successore con un approccio da civil servant pur non rinunciando a sottolineare come la sua sia, appunto, una scelta e non un’imposizione dettata dalle norme. Rispondendo allo Spiffero, l’attuale numero uno operativo di corso Regina ribadisce un concetto su cui non lascia spazio a interpretazioni: “Ritengo che a tutti gli effetti potrei continuare, sarei nelle condizioni di poterlo fare, ma sarebbe veramente complesso non risultare un valore aggiunto per il sistema, ma venire invece considerato uno che vuole rimanere a tutti i costi”.

Dunque contrariamente a quanto sostenuto da molti, a partire proprio da chi dovrà decidere di chi avvalersi per governare il sistema sanitario piemontese dalla centrale di comando sullo stesso piano degli uffici dell’assessore Luigi Icardi, almeno a detta del diretto interessato non sarebbero le forche caudine della legge Madia a impedire a Bono di proseguire fino alla scadenza naturale del contratto, ma quelle della politica nel rispetto di uno spoil system che non scandalizza nessuno, soprattutto se è palese e non mascherato da articoli di legge dalla non facile interpretazione.

“L’anno scorso mi è stato fatto firmare un contratto che conteneva una dichiarazione del candidato di essere in grado, con la normativa vigente, di portare a termine il contratto stesso”, ricorda la riserva della Regione cui si erano dovuti rivolgere Sergio Chiamparino e il suo assessore Antonio Saitta dopo che il tanto corteggiato Botti, li aveva lasciati in braghe di tela per andare a dirigere la sanità del Lazio, chiamato da Nicola Zingaretti.

L’attuale direttore, pronto a riempire gli scatoloni per fine anno, ricorda anche come “la legge Madia prevede che si sia collocati a riposo al compimento di sessantacinque anni e se sono maturati 42 anni di contributi senza riscatti. Io al netto dei riscatti non ho i 42 anni di attività e quindi potrei rimanere. Con i riscatti posso andare in pensione con 42 e così farò. Andrò via a dicembre, a meno che qualcuno non mi chieda di rimanere”.

Esclude anche eventuali chi strascichi e non improbabili rischi di esborsi economici per la Regione, Bono: “Non ho nessuna intenzione di aprire contenziosi con un ente per cui ho lavorato quarant’anni, nel sistema pubblico ci credo, non rivendicherò nulla”.

Se l’eventuale impuntatura dell’attuale direttore avrebbe potuto rappresentare un ostacolo lungo il percorso, o addirittura rendendone difficile l’avvio, per la designazione del suo successore, adesso Cirio e Icardi non hanno quello che sarebbe potuto risultare una sorta di alibi di fronte a un passo non facile. Vero o non vero che l’assessore avesse puntato su Thomas Schael e lo stesso governatore si fosse mostrato interessato all’idea, il tedesco, rigido uomo dei conti, li ha tolti dall’imbarazzo andando a dirigere l’Asl di Chieti.

Il nome che circola (e viene fatto circolare) con insistenza è quello di Sergio Morgagni che quell’incarico lo ha già svolto in passato con la giunta di Roberto Cota. Come, abbiamo già scritto, anche per lui c’è l’incognita del limite di età, compiendo i sessantacinque anni nel 2021 rischierebbe di non poter completare il mandato fino a fine legislatura. Ma pure in questo caso, articoli, commi e novazioni di legge non è detto che forniscano quella garanzia cui difficilmente rinuncerebbe un’amministrazione regionale al momento di procedere a una delle nomine più importanti, ancor più considerando il coordinamento della Sanità in capo al Piemonte nell’ambito della Conferenza delle Regioni.

Morgagni è molto gradito al centrodestra e il suo borsino, mentre gli uffici dell’Avvocatura e del Personale verificano gli spazi di manovra per evitare un mandato di soli due anni, è dato in crescita. Il manager di lungo corso, con incarichi anche nel privato, è un laureato in Medicina. Un profilo non proprio coincidente con quello più volte ipotizzato dall’assessore che pur premettendo tutta la stima per i camici bianchi aveva spiegato in più di un’occasione di prediligere una figura più spiccatamente gestionale, anche “vista la situazione dei conti”.

E a proposito di conti, adesso che Cirio e Icardi sono liberati dal peso di doverli eventualmente fare con Bono, restano quelli con le varie spinte e controspinte dei partiti che compongono la maggioranza. Se un veto si è stagliato dietro una nomina di un commissario di un’azienda, figurarsi quel che potrebbe succedere per una delle poltrone più importante tra quelle dei mandarini regionali.   

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