SPOIL SYSTEM

Cavino verso la presidenza Ires

La nuova maggioranza a trazione leghista (novarese) sceglie il costituzionalista per la guida dell'istituto di ricerca. Politicamente vicino al centrodestra si schierò a favore del referendum Renzi. Sventato il blitz per la riconferma del direttore Sisti

Probabilmente neppure il più attrezzato degli analisti dell’Ires, abituati a prefigurare scenari e anticipare cambiamenti, avrebbe saputo prevedere la svolta che riguarderà proprio l’Istituto di ricerche economiche e sociali. Per essere precisi, il suo vertice.

Questo, va premesso, non vuol dire che qualcuno non l’abbia temuta la svolta e in qualche modo abbia cercato di mettersi al riparo per tempo. Ma tant’è, la decisione che ormai pare certa dell’amministrazione guidata da Alberto Cirio di procedere allo spoil system affidando la presidenza dell’ente strumentale al costituzionalista Massimo Cavino è un passaggio decisamente inatteso, ma altrettanto qualificante proprio per il profilo del successore in pectore di Mario Viano.

A differenza dell’ex assessore comunale all’Urbanistica con Sergio Chiamparino sindaco e al quale deve la poltrona che s’appresta a dover lasciare, Cavino – alessandrino, 45 anni, cattedra di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università del Piemonte Orientale e un curriculum che supera abbondantemente la dozzina di pagine gran parte delle quali fitte di pubblicazioni ed esperienze negli atenei italiani ed europei, soprattutto francesi – non è uomo che arriva dai partiti. Intendiamoci, la sua collocazione nel centrodestra è nota e rivendicata, anche quando non l’ha affatto ritenuta una contraddizione con il suo schierarsi apertamente a favore del referendum costituzionale che sarebbe costata all'allora premier e segretario del Pd la sconfitta.

“Ci hanno definiti anche prezzolati di Matteo Renzi”, diceva in quei giorni sorridendo Cavino, mentre sfatava due luoghi comuni che avrebbero segnato la campagna referendaria: quello che voleva solo i renziani a sostenere l’approvazione delle riforme e l’altro, che descriveva tutto il centrodestra compatto e convinto sul fronte del no. Il terzo risultato di quella firma apposta al manifesto di oltre cento costituzionalisti era l’affermazione di una libertà di pensiero, che non si può non riconoscere all’accademico scelto per presiedere l’istituto di ricerca di cui in passato è stato membro del cda.

A fare il suo nome e a sostenerlo pare sia stata, in particolare, la Lega novarese, città dove il professore insegna e dove molto si suggerisce e forse pure si decide dalle parti del Carroccio per le faccende regionali. E se al posto dell’ex dirigente regionale di lungo corso, allievo e pure vagamente sosia di Massimo Cacciari, arriverà il costituzionalista che qualche anno addietro fu a un passo dall’entrare nel Consiglio di indirizzo della Compagnia di San Paolo e nel cui curriculum l’unico incarico di nomina politica è quello nella Commissione di garanzia della Regione, un’altra poltrona sta per cambiare titolare all’Ires.

Il primo marzo del prossimo anno scadrà il contratto con il quale nel 2016 Marco Sisti era stato nominato direttore. Laurea in Scienze Politiche, master in Public Policy, una quasi ventennale attività in un centro di ricerca non profit, ottime sponde nella sinistra torinese, la strada spianata alla direzione dell’istituto dalla giunta Chiamparino, Sisti non ci ha messo molto a capire che dopo il 26 maggio la sua poltrona sarebbe stata meno solida. Qui, di fronte al cambio dell’inquilino di piazza Castello, non serviva un raffinato analista. Per evitare di veder arrivare, insieme alla primavera, l’autunno della sua carriera all’Ires, all’inizio dell’estate il direttore prova ad anticipare i tempi, nel senso di proporre al cda – peraltro ormai decaduto (come prevede la legge istitutiva in occasione di ogni fine della legislatura regionale) e in carica per il disbrigo della normale amministrazione – il rinnovo del suo contratto per altri quattro anni.

Il centrodestra è già in allerta e con qualche telefonata vanifica il tentativo di Sisti, il quale non solo da quella parte politica è considerato, non a torto, sulla sponda opposta, ma è guardato con qualche arricciamento di naso anche per via del gran numero (e relativo costo) di consulenze affidate negli anni all’esterno: un andazzo iniziato ben prima dell'arrivo di Sisti e da questi incrementato. C’è chi, scorrendo i lunghi elenchi di incarichi, ha messo l’indice per esempio su quei 67.500 euro pagati per sette mesi nel 2016 a Ragnar Gullstrand, esperto svedese nel controllo di gestione in sanità, per la “stima del fabbisogno teorico di personale nelle aziende sanitarie regionali” e l’”approfondimento sulle modalità adottate dalle aziende al fine di razionalizzare i processi produttivi e l’utilizzo delle tecnologie mediche”.  Un lavoro che, in quel periodo in cui il Piemonte era ancora in piano di rientro, forse sarebbe stato più naturale vedere in corso Regina piuttosto che in via Nizza. Incarico assegnato dal precedente direttore Marcello La Rosa ma poi reiterato dal successore il 9 maggio 2017.

Comunque sia, quel niet alla riconferma dell’attuale direttore è arrivato chiaro e forte (pare da alcuni autorevoli esponenti di Forza Italia) a chi nel cda l’ha recepito e agito di conseguenza. Quel posto da circa 120mila euro lordi l’anno più un’indennità di risultato che può arrivare a 25mila e una gestione di consulenze e incarichi esterni piuttosto cospicua, nei primi mesi del prossimo anno tutto lascia supporre cambierà titolare.

A nominare il futuro direttore, per la cui selezione si sta approntando l’avvio delle procedure, sarà il nuovo consiglio di amministrazione, presieduto dal professore universitario di centrodestra che si schierò per il sì al referendum. “In politica ho le mie idee, ma non porto il cervello all’ammasso”, disse allora Cavino. Nient’affatto male come biglietto da visita per chi deve guidare l’istituto di ricerca al servizio del Piemonte.     

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