LA NUOVA REGIONE

Lavoro, prima i piemontesi: "Una vera stupidaggine"

La Regione vuole fare come il Friuli: erogare incentivi alle imprese che assumono residenti da almeno cinque anni. Misura impugnata dal Governo. Per Cantamessa è una sciocchezza e pure un harakiri per l’economia e lo sviluppo del Piemonte. Intervenga Cirio

“Spero che si rendano conto che è una stupidaggine, senza che sia un giudice a doverglielo dire”. E la misura che la Regione intende attuare erogando incentivi alle imprese che assumano residenti da almeno cinque anni in Piemonte, per Marco Cantamessa, è una autentica sciocchezza. Anzi, un vero e proprio autogoal, un provvedimento che sarebbe un «harakiri per l’economia e lo sviluppo di Torino e della regione», aggiunge esplicitando il concetto il professore ordinario di Gestione dell’innovazione e sviluppo al Politecnico di Torino. L’accademico che dal 2008 al 2017 è stato presidente dell’incubatore I3P del Politecnico e attualmente collabora con Neva Finventures, il fondo di corporate venturing di Intesa Sanpaolo, e presiede Cva, uno dei principali operatori nel campo delle energie rinnovabili, è balzato sulla sedia nel leggere di quell’idea partorita dal capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale Maurizio Marrone e fatta propria con inusitata rapidità dall’assessore alle Attività Produttive Andrea Tronzano. Oltre sette milioni di investimenti della Regione da destinare a nuove assunzioni: ma solo per chi vive in Piemonte da almeno cinque anni.

A Tronzano, uno più avvezzo a delineare “cluster tridimensionali olistici” che a tentare di capirci qualcosa di un incarico piovutogli dal cielo come una manna, e al governatore Alberto Cirio, Cantamessa si è rivolto con un tweet: “Che fate?” chiede il professore ai due politici, non prima di aver spiegato che quella misura annunciata da squilli di tromba sovranisti «non solo è molto probabilmente anticostituzionale», ma è «anche masochista, in una regione che fatica ad attrarre investitori e a declino demografico, che attrae studenti, ma poi non riesce a trattenerli».

La spada di Damocle della Consulta, con il precedente recentissimo dell’impugnazione da parte dell’appena insediato Governo della norma analoga introdotta dal Friuli-Venezia Giulia, non sembra allarmare la giunta Cirio cui riesce difficile sfuggire dall’immagine di una certa sudditanza nei confronti di FdI e della sfida che il partito di Giorgia Meloni intende lanciare al nuovo esecutivo giallorosso impugnando la clava sovranista nel pur scivoloso terreno dell’occupazione e dello sviluppo. Certo non può stupire il favore che il provvedimento all’insegna di “prima i piemontesi” trova tra gli esponenti di un partito come Forza Italia che del liberismo ha sempre fatto la sua bandiera. Una contraddizione rimarcata dallo stesso Cantamessa, il quale ricorda come «l’attuale presidente della Regione in campagna elettorale diceva: lasciamo libere le imprese, basta dirigismi. E adesso?». Adesso, «basandomi su quello che ho letto della proposta, è naturale osservare che, se si vuole agevolare lo sviluppo e gli investimenti da parte dei privati, più si mettono vincoli dirigisti, meno chi vuole investire sarà contento, per usare un eufemismo. Misure del genere comportano un alto rischio di alienare investitori da un Piemonte che, peraltro, ne avrebbe bisogno come il pane».

Voce autorevole e ascoltata (talvolta meno di quanto sarebbe utile) da chi deve o dovrebbe occuparsi di favorire la crescita del Piemonte, Cantamessa indica anche una colpevole “miopia” alla base del provvedimento cui verrebbero destinati oltre sette milioni di euro, vincolati appunto alle assunzioni di piemontesi.  «Immaginatevi un’impresa piemontese che vuole assumere un ragazzo di Napoli, perché più qualificato, magari uno delle tante migliaia di studenti che vengono a studiare nei nostri Atenei da fuori regione e, una volta laureati, vanno a lavorare a Milano o nel Nord-Est. Come non comprendere che quel ragazzo, rimanendo in una regione in crisi demografica come la nostra, ne favorirà la crescita, andando al ristorante, pagando l’affitto, comprando nei negozi, insomma facendo muovere l’economia. Perché questo è il punto, far girare l’economia. E non lo si fa mettendo paletti. I dati ci dicono che i territori più dinamici del mondo sono quelli che  attirano persone di valore e ne facilitano l’arrivo. E qui stiamo pensando di fare il contrario?».

Quei 10mila euro di cui ogni impresa potrà godere per ciascun reintegro nel ciclo produttivo di persone di cassintegrati o i 20mila per ogni nuova assunzione, vincolati dalla residenza in Piemonte del futuro dipendente “sono anche un segnale culturale molto negativo”. Il professore del Politecnico non ha dubbi: «Al neolaureato di Napoli si dice “qui non ti vogliamo”. E all’imprenditore che si trova di fronte  una cosa del genere verrà da pensare: “questi sono matti”, e io in una gabbia di matti ho paura a investire».

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