GIALLOROSSI

"Pronti ad accogliere grillini delusi", il Pd Lo Russo prova a sparigliare

Mentre nei palazzi romani c'è chi delinea futuribili alleanze, in Sala Rossa il capogruppo dem scombina i giochi e rilancia: "Il giudizio negativo su Appendino resta immutato, ma alcuni consiglieri del M5s potrebbero dare un loro contributo". E Lubatti scrive a Franceschini

Mentre nei palazzi romani c’è chi tenta di trasformare un matrimonio di convenienza, quello tra Pd e M5s, in un’alleanza politica in grado di estendersi dalla capitale fino alle estreme periferie del Paese, prospettando intese alle prossime scadenze elettorali, a Torino l’appeasement tra vecchi avversari non può non fare i conti con tre anni di scontri frontali. Sotto la Mole le aperture di Dario Franceschini e di altri capataz della nomenclatura piddina non possono suonare come un colpo di spugna sulle responsabilità amministrative di una maggioranza, quella grillina di Chiara Appendino, che governa la città, colpevole di aver segnato il declino del capoluogo piemontese. Un governo cittadino su cui il “giudizio è inappellabile e resta assolutamente negativo”. Parola di Stefano Lo Russo, capogruppo dem in Sala Rossa, che parla di “sindaca e assessori inadeguati”, “autori e interpreti di un disegno di città incoerente, debole nei contenuti, schizofrenico e pieno di contraddizioni”. Come a dire che in riva al Po di corrispondenza di amorevoli sensi non è proprio il caso di parlare. Del resto, è la stessa sindaca pentastellata a ricondurre nell’alveo delle dinamiche nazionali il rapporto con il nuovo alleato: “Non è assolutamente prevista un’alleanza col Pd ma ben vengano, se ci sono, convergenze su temi programmatici al centro dell’agenda nazionale, come ambiente e innovazione”.

Ad oggi, insomma, nessuno vede praticabili intese organiche per il 2021. Piuttosto, tra Pd e M5s locali, con pesi e prospettive diverse, si apre una competizione su chi debba (e possa) presentarsi come forza attrattiva in grado di allargare il perimetro di una coalizione che si candida a governare la città. E di certo formule politiciste, dettate più da logiche di tatticismi romani che non di contenuto, potrebbero fiaccare l’azione del Pd. In quest’ottica va vista la mossa di Lo Russo che, provando a sparigliare le carte apre a quei “consiglieri del Movimento magari più timidi politicamente ma anche più in buona fede”, i quali “se evolvessero potrebbero anche dare un loro contributo in futuro”.

Parole sibilline che lette in filigrana raccontano già di qualche abboccamento con più di un esponente grillino ormai consapevole che al prossimo giro, nel 2021, il M5s subirà una netta contrazione, passando dai 24 consiglieri eletti nel 2016 a non più di tre o quattro. A chi si riferirà? Non mancano gli indiziati a dimostrazione di come i rapporti interni alla maggioranza di Appendino restano tesi, tra un rimpasto e l’altro. “Sono convinto che il progetto di Città del centrosinistra sarà non solo in grado di coinvolgere le energie migliori di Torino, ma sarà anche capace di raccogliere e re-interpertare in chiave positiva alcune giuste istanze originarie del Movimento – conclude Lo Russo –. In quest’ottica sono ottimista sul fatto che certamente molti elettori delusi ma anche molti militanti e alcuni degli attuali consiglieri, alla luce della loro deludente esperienza con il M5s, potrebbero essere interessati a darci una mano e sostenere il centrosinistra e il rilancio di Torino nel 2021”. Un invito rivolto non certo ai pretoriani di Appendino, naturalmente.

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Si gioca su un filo la partita a scacchi tra chi è già pronto a ridisegnare il perimetro del centrosinistra, allargandone i confini al Movimento 5 stelle così da costruire un argine all’onda d’urto di Matteo Salvini, e chi invece continua a rigettare schemi troppo semplicistici, forse in grado di descrivere la contingenza ma non sufficienti a interpretare il futuro prossimo e remoto. C’è chi, per esempio, come l’ex presidente della Sala Rossa, Fabio Versaci, fedelissimo di Appendino prende l’accetta e indica la strada: “Immigrazione, salario minimo, politiche del lavoro, credo che su questi temi con il Partito Democratico si possa trovare punti comuni su cui lavorare, per togliere fiato a una destra senza idee”. Lo stesso Versaci secondo cui il governo Conte bis nato dall'alleanza tra Pd e 5S “ha una grande occasione per dimostrare al Paese che una politica diversa è possibile”. Diversa, forse, da quella che i Cinquestelle hanno attuato con la Lega. Chissà.

Non solo nel Pd c’è chi continua a considerare, al di là di ogni convergenza nazionale, l’esperienza di Appendino a Palazzo Civico “disastrosa per la città”. Moderati, da intendersi con la “m” maiuscola e minuscola, rappresentanti di quell’area sfaccettata ed eterogenea che respinge parole d’ordine e atteggiamenti propri di quel Movimento 5 stelle delle origini di cui molti consiglieri ancora si fanno interpreti, costringendo spesso la prima cittadina a compromessi al ribasso. Tra chi non intende partecipare al balletto ci sono i Moderati, seconda forza del centrosinistra a Torino: “Noi siamo incompatibili con il Movimento 5 stelle, a Roma come a Torino – spiega il capogruppo Silvio Magliano –. E siamo pronti a costruire una coalizione in grado di offrire una proposta alternativa che permetta ai torinesi di non dover scegliere sempre il meno peggio”.

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