TIFO & CRIMINALITA'

Juventus ricattata, arrestati capi ultrà

I leader della curva avrebbero messo in piedi una "capillare strategia criminale", vittima la società bianconera che ha provveduto a denunciare. Nel mirino tutte le principali sigle del tifo organizzato, dai Drughi ai Viking. Procuratore Borgna: "Club è parte offesa"

Blitz della polizia nella curva della Juventus: i capi e i principali referenti dei gruppi ultrà bianconeri sono stati arrestati nell’ambito di un’indagine coordinata dalla procura di Torino, che ha portato all’emissione da parte del gip di 12 misure cautelari. Le accuse nei confronti degli ultras sono, a vario titolo, associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata. In corso anche decine di perquisizioni in diverse città italiane. L’indagine, condotta dalla Digos e dal gruppo criminalità organizzata della procura, coinvolge tutti i principali gruppi del tifo organizzato: “Drughi”, “Tradizione-Antichi valori”, “Viking”, “Nucleo 1985” e “Quelli... di via Filadelfia”. Oltre ai leader delle varie sigle, risultano coinvolti nell’inchiesta anche un’altra quarantina di soggetti, tutti iscritti nel registro degli indagati: si tratta dei referenti dei gruppi nelle varie città italiane e dei rappresentanti di un altra sigla, il “Nab” (Nucleo armato bianconero). Le perquisizioni, coordinate dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione, sono in corso non solo in diverse città del Piemonte - Alessandria, Asti, Biella - ma anche a Como, Savona, Milano, Genova, Pescara, La Spezia, L’Aquila, Firenze, Mantova, Monza e Bergamo.

I leader della curva della Juventus avrebbero messo in piedi una “capillare strategia criminale” per ricattare la società bianconera dopo che la Juve aveva deciso di interrompere una serie di privilegi concessi ai gruppi ultrà. È quanto emerge dall’inchiesta durata oltre un anno e partita da una denuncia della stessa società bianconera. Secondo investigatori ed inquirenti, dalle intercettazioni e dalle attività d’indagine sono emersi “incontrovertibili elementi probatori” nei confronti dei soggetti coinvolti nell’inchiesta, che sarebbero responsabili di una “precisa strategia estorsiva” nei confronti della Juventus.

In sostanza, la decisione della società bianconera al termine del campionato 2017-18 di togliere una serie di privilegi ai gruppi ultrà, ha scatenato la reazione dei leader storici delle varie sigle, che si sono dati da fare con ogni mezzo per riavere quei vantaggi che gli erano stati tolti e per affermare la loro posizione di forza nei confronti della società. Ma non solo: dall’indagine è emerso inoltre che uno dei principali gruppi del tifo bianconero, i “Drughi”, riusciva a recuperare centinaia di biglietti per le partite allo Stadium con una “capillare attività” in tutta Italia, grazie alla compiacenza di alcuni titolari di agenzie e negozi abilitati alla vendita dei tagliandi delle partite della Juve.

Il pm Paolo Borgna, procuratore reggente  a Torino, spiega come “la parte offesa è la Juventus, ma anche i tifosi, vittime di intimidazioni, costretti a non andare più allo stadio perché non riescono più a sopportare certe angherie, un certo clima, slogan razzisti che nello stadio della città hanno offeso Torino e il Piemonte”. “Capisco che si possa pensare che è stata scoperta l’acqua calda, che i capi ultrà sono prevaricatori nei confronti degli altri tifosi – aggiunge il magistrato –. Ma questa indagine ha trasformato la conoscenza generica in precise prove di precisi reati attribuibili a determinate persone. Le indagini servono a questo, a raccogliere prove a carico di precisi individui da portare davanti a un giudice per un processo”. “Ci sono persone che si sono viste allontanare, anche con violenza, dal posto allo stadio che avevano pagato perché infastidivano il gruppo ultrà. I tifosi vittime hanno reso dichiarazioni e ci hanno permesso di elevare imputazioni. Ci sono poi state estorsioni anche ai danni del gestore del bar dello stadio” spiega ancora il procuratore aggiunto Patrizia Caputo. “Gli arrestati sono finiti in manette per reati commessi all’interno dello stadio, ecco una peculiarità di questa indagine” aggiunge il magistrato.

Sono dodici i capi ultrà della Juve arrestati nell'ambito dell'operazione 'Last banner' della Digos di Torino. In manette sono finiti Geraldo Mocciola detto Dino, leader dei Drughi, Salvatore Cava, Domenico Scarano, Umberto Toia, leader di Tradizione, Luca Pavarino, Sergio Genre. Per Fabio Trincchero, Giuseppe Franzo, Christian Fasoli, Roberto Drago sono stati disposti i domiciliari. Misura cautelare dell'obbligo di dimora invece per Massimo Toia e Massimo Corrado Vitale. Geraldo Mocciola era già finito in carcere agli inizi degli anni Novanta per l'omicidio di un carabiniere.

Nella sede dei Drughi, a Moncalieri (Torino), la polizia ha sequestrato bandiere e striscioni con simboli nazisti e fascisti, bassorilievi che rappresentano Benito Mussolini, calendari e quadri del Duce. Tra il materiale trovato dalla Digos anche una scritta: “Miglior capo. Sei un vero leader, in grado di dare le giuste indicazioni a tutti. Senza dubbio non c’è un capo migliore al mondo. Vali oro!”. Era a casa di Geraldo Mocciola, detto Dino, leader dei Drughi, arrestato nel corso del blitz della polizia nella curva della Juventus. La scritta conferma l’indiscusso ruolo di leader di Mocciola, che dopo essere uscito dal carcere per l’omicidio di un carabiniere all’inizio degli anni Novanta, ha riportato i Drughi in auge tra i gruppi della tifoseria organizzata bianconera.

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