VERSO IL 2021

La Lega "ipoteca" Torino, Damilano candidato sindaco

Dopo averlo bruciato nella corsa per la presidenza della Regione, Giorgetti ripropone il tycoon di vino e acqua: questa volta per la poltrona di primo cittadino del capoluogo piemontese. Le mosse di Ricca e gli equilibri interni al Carroccio

L’inizio è quello di un film già visto, la trama ancora in gran parte da scrivere e il finale potrebbe essere la vera sorpresa. Il presidente della Film Commission, Paolo Damilano – imprenditore al vertice del gruppo di famiglia che opera tra acque minerali e vini di pregio – è, ad oggi, il candidato sindaco di Torino per la Lega. A poco più di sei mesi da quando era finito nello schema del partito di Matteo Salvini per occupare la casella di governatore del Piemonte, il nome di Damilano torna con forza come figura civica nei progetti dal Carroccio, o almeno di una parte di esso. Ora come allora dietro e fianco del cinquantatreenne, erede con il fratello Mario e il cugino Guido della storica azienda vinicola di Barolo fondata dal bisnonno, si staglia con nettezza e peso la figura di Giancarlo Giorgetti.

Era stato il potentissimo allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel Governo gialloverde a puntare su di lui e a riceverne la disponibilità a presiedere la futura giunta di centrodestra in Piemonte. Poi Forza Italia, dopo un'interminabile attesa e un non facile confronto con l’alleato salviniano, l’aveva spuntata con il mantenimento del patto spartitorio delle Regioni aprendo la strada ad Alberto Cirio. Damilano aveva incassato, non senza fatica, il colpo. Il rapporto con l’ormai ex eminenza del Carroccio è rimasto invariato, se non rafforzato. E come accadde nei primi mesi dell’anno, giovedì scorso i due si sono nuovamente incontrati. Di nuovo per ragionare di una discesa in campo, di nuovo con Giorgetti pronto a sostenerlo e lui per nulla titubante nel dare la sua disponibilità.

Damilano ha tra i principali supporter un paio di esponenti di primo piano del Carroccio piemontese, entrambi collocati nella geografia interna tra quelli più vicini all’ex sottosegretario: il presidente della commissione Lavori Pubblici della Camera Alessandro Benvenuto e l’assessore regionale Fabrizio Ricca. Il titolare delle deleghe più politicamente identitarie per la Lega nella giunta Cirio, incominciando dalla Sicurezza, nonché capogruppo in Sala Rossa, da tempo come si dice, studia da sindaco. Le sue ambizioni e il suo percorso indirizzato verso la poltrona di Chiara Appendino che il centrodestra aspira a conquistare per la prima volta nella storia, sono note. Evidentemente il nuovo scenario nazionale che si riverbera e lo farà ancor di più nei prossimi mesi su quello torinese con le elezioni del 2021 ha contribuito a indurre Ricca a passare dal ruolo di giocatore a quello di kingmaker locale.

Mossa a sorpresa, sicuramente per gli alleati che pare ne siano rimasti all’oscuro, nonché giocata con un buon anticipo quella della Lega, in linea proprio con le esortazioni dello stesso Ricca. Il quale non ha mai perso l’occasione negli ultimi tempi per avvertire della necessità di non arrivare alla designazione del candidato con il fiato corto. Il profilo civico, moderato e innovatore dell’imprenditore illuminato e di successo sono elementi che avevano portato il lungimirante Giorgetti a individuare in Damilano l’uomo giusto per guidare un Piemonte a trazione leghista senza allarmare e irritare il socio di minoranza forzista in quell’ipotesi di all in sulle regioni del Nord da parte del partito di Salvini.

Oggi, come e se possibile più di allora, sembrano carte vincenti quei tratti del tycoon delle acque minerali e dei vini, ma anche di negozi storici torinesi entrati nel business del gruppo come la pasticceria Zucca e il pastificio De Filippis, al quale l’allora presidente della Regione Sergio Chiamparino aveva conferito incarichi di prestigio nel campo della cultura e del turismo e che poco più di un mese fa è entrato su indicazione del ministro dei Beni Culturali nel cda di Istituto Luce Cinecittà.

Dal duello, mai dichiarato, con Cirio l’imprenditore torinese, uscì sconfitto dal mantenimento del patto tra alleati del centrodestra. Un precedente che potrà presumibilmente spianargli la strada senza che dal partito di Berlusconi possano essere frapposti ostacoli. Resterà da vedere se, abilmente nascosti, non vengano piazzati proprio da qualche settore della Lega, da esponenti di rilievo che non si misero certo a stappare bottiglie quando Giorgetti tirò fuori il nome dell’uomo che esporta Barolo in tutto il mondo. Guardare in direzione Alessandria.

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