POLITICA & GIUSTIZIA

Così Pasquaretta prova(va) a risorgere

Era tutto pronto per il lancio della nuova impresa del pitbull, l'ex portavoce di Appendino indagato per peculato ed estorsione. Una società di comunicazione politica e ufficio stampa. Ma i verbali delle indagini rischiano di far saltare i suoi piani. Quando nel 2017 tagliò i contributi del Salone allo Spiffero

Era pronto a ricominciare Luca Pasquaretta. Convinto che la bufera giudiziaria che lo coinvolge si sarebbe placata ben presto. Era deciso a sfruttare le relazioni tessute nei suoi due anni al fianco di Chiara Appendino per aprire un’agenzia di comunicazione politica, consulenza alle aziende e ufficio stampa. C’era il sito, c’era il nome: la Itapoll. Si sarebbe dovuta occupare anche di sondaggi. Una società con un raggio d’azione tra Milano, Torino e Matera, nella sua terra d’origine: “Dicono che sono un tamarro, però so fare il mio mestiere” raccontava ai suoi interlocutori che era solito incontrare in un noto bar di piazza Solferino. Non aveva fatto i conti, il ruspante giornalista lucano, non solo con la gravità degli addebiti mossi dalla magistratura, ma soprattutto con l’acredine diffusa che un comportamento, spesso sopra le righe e non propriamente improntato alle buone maniere, aveva alimentato nei suoi confronti. Confidava che i buoni rapporti stretti con un paio di capocronisti, cui era solito passare anticipazioni e veline, gli potessero valere una sorta di salvacondotto, tale da scongiurare la gogna mediatica. Le cose sono andate diversamente.

Nei giorni precedenti all’avviso di conclusione indagini, preludio al rinvio a giudizio, con le accuse di peculato ed estorsione ai danni di Appendino e della sottosegretaria Laura Castelli, pareva un esaltato: rivendicava meriti, si appuntava medaglie, snocciolava i dati sul gradimento della sindaca finché c’era stato lui e il crollo subito da lei e da tutto il M5s dopo il suo allontanamento: “Da primo partito in città all’irrilevanza certificata alle ultime elezioni regionali”. Poi, però, il precipitare degli eventi lo ha costretto a stoppare tutto, ad attendere ancora. Il contenuto dei verbali dell’inchiesta in cui è indagato per peculato ed estorsione lo collocano nuovamente nell’occhio del ciclone, in cattiva luce anche nei confronti dei colleghi con i quali dovrebbe avere a che fare nella sua nuova veste.

Non solo l’atteggiamento spiccio e sbrigativo con cui trattava alcuni di loro, dalle intercettazioni emergono anche le rappresaglie economiche messe in atto nei confronti di quelle testate che non erano allineate con il nuovo corso grillino. Nell’edizione del Salone del Libro in cui gli viene contestata la consulenza da 5mila euro, Pasquaretta scrive a Chiara Appendino: “Sono passato un attimo dalla Fondazione per il Libro”, “dovevo controllare come hanno destinato il budget per la pubblicità”. Sua intenzione è intervenire anche in questa partita e ci va di mezzo anche la nostra testata come spiega Nicola Gallino, capo ufficio stampa della buchmesse del Lingotto, in sede di testimonianza il 7 luglio 2018: “In effetti, abbiamo – dove commercialmente sostenibile – ridotto gli investimenti con Repubblica e lo Spiffero, testate a dire del Pasquaretta non così favorevoli al sindaco”. Il portavoce della sindaca ridistribuisce gli investimenti pubblicitari della Fondazione sulle testate che sono politicamente più favorevoli ad Appendino e le preannuncia: “Ho sistemato un po’ di cose sul budget. Stasera ti faccio vedere. Così sono tutti contenti”. Lei risponde “ok”. “Questa attività l’ho seguita io per anni e ho predisposto anche per il 2017 il piano di ripartizione degli investimenti pubblicitari – ha spiegato Gallino al magistrato –. Come espressione del vertice Pasquaretta diede delle indicazioni operative e concrete sulla ripartizione dei fondi consigliando alcuni siti o testate o comunque dando indicazione sul riposizionamento delle risorse presso le testate, indicazioni anche di tipo politico. In particolare, ricordo che mi diede precise indicazioni su tagli da applicare a testate meno favorevoli, a suo dire, alla sindaca”. Contestualmente si parla di rapporti stretti con altre testate e giornalisti, rapporti utilizzati per colpire gli avversari politici di Appendino.

Il capogruppo del Pd in Sala Rossa Stefano Lo Russo parla di un “verminaio nauseante di comportamenti che sarebbero stati tenuti da collaboratori della sindaca fatto di piccolezze, straordinari, bollature, rimborsi di trasferte a carico del Comune in cui ci si smarrisce per la loro diffusione e pervasività e si resta senza parole. Piccoli e miserrimi interessi personali. E non può non correre il pensiero, leggendo questi articoli, all’erba mai tagliata, ai bus che vanno a fuoco, alle persone in coda alle 2 di notte all’Anagrafe, agli anziani in difficoltà e ai giovani senza lavoro. E non può non montare insieme al disgusto profondo anche la rabbia”. Lo Russo chiederà le comunicazioni in aula già lunedì prossimo e tira in ballo un’altra figura controversa di questa amministrazione: l’assessore al Commercio Alberto Sacco, colui che portò Pasquaretta a Palazzo Civico, l’artefice della sua ascesa nei gangli del potere cittadino, e soprattutto il suo confessore nei giorni più bui, dopo le dimissioni che fu costretto a rassegnare il 3 agosto del 2018, quando la sua consulenza (secondo i pm fittizia) da 5mila euro al Salone del Libro diventò pubblica e la pressione dei consiglieri M5s su Appendino la convinse di disfarsi del suo prezioso collaboratore. Sacco lo rassicurò, ne raccolse gli sfoghi e si attivò assieme alla prima cittadina per trovargli un’altra collocazione.

Venne coinvolta anche la sottosegretaria Laura Castelli che dapprima gli affida un incarico da 600 euro ma con l’avvertenza di non dire di questa collaborazione: “Non sei il mio portavoce, crea problemi se circola questa cosa. Ed evidentemente la stai dicendo. Un portavoce che fa certi lavori ce l’ho e se circola questa voce non possiamo lavorare. Ok?” scrive Castelli a Pasquaretta via watsapp il 20 settembre 2018. I due avevano un rapporto di collaborazione (di natura differente) instaurato dopo l’allontanamento di Pasquaretta dal Comune e lui stesso capisce di essere andato oltre quando risponde “Laura lo so che non sono il tuo portavoce. Fidati di me. Non ti metterei mai in difficoltà”. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, Pasquaretta stipulò un accordo con Castelli il 25 luglio 2018. Poi cercò di ottenere una collaborazione con l’europarlamentare Tiziana Beghin (M5s). Per convincerla, Castelli le disse che l’inchiesta per peculato che coinvolgeva Pasquaretta era una “cazzata galattica”, ma lei temeva la reazione della base e degli stessi consiglieri comunali Cinquestelle cui l’ex capo ufficio stampa della sindaca era inviso. E così non se ne fece nulla. All’epoca Pasquaretta era indagato solo per peculato. In ottobre Castelli integrò il contratto con Pasquaretta, aumentandogli il compenso da 600 a 2000 euro, ma all’apertura dell’inchiesta per estorsione, gli revocò l’incarico.

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