PIAZZA CASTELLO

In Regione è stagione di mandarini, pronti i bandi per i nuovi direttori

La Giunta Cirio ridisegna la macchina della burocrazia. Casagrande al vertice di piazza Castello in stretto contatto con il governatore. Nella seduta di venerdì via libera alla selezione dei top manager. Per la Sanità spunta l'ex dg di Aifa Melazzini

Per la Giunta di Alberto Cirio è arrivata la stagione dei mandarini. Intesi, ovviamente, come alti dirigenti della macchina regionale cui il centrodestra s’appresta a mettere mano negli ingranaggi principali: venerdì saranno formalizzati i bandi per la selezione dei futuri direttori.

Tra le varie poltrone in attesa di nuovi titolari quella su cui, da tempo, si concentra maggiore attenzione sta in corso Regina: il posto occupato ancora per poco più di un mese da Danilo Bono al vertice tecnico-operativo della Sanità resta ancora una grande incognita per quanto riguarda il futuro successore, anche se nelle ultime ore una figura sembrerebbe affacciarsi con una certa concretezza.

Un po’ risiko un po’ Cencelli, lo spoils system (anche se, probabilmente, parziale) occuperà le prossime settimane per culminare con le scelte che, pur rispettose dei criteri fissati dai bandi, restano fiduciarie. Nell’attesa dei nomi, di certo c’è la riorganizzazione delle undici direzioni. Principale elemento di novità l’istituzione di quella è stata definita Direzione della Giunta regionale, snodo cruciale della macchina burocratica e non a caso già ribattezzata dagli addetti ai lavori come la superdirezione, rispetto a un gabinetto della presidenza ridotto ad esercitare competenze solo su audit e avvocatura. Superdirezione che, stante ad oggi la mancata riconferma della figura del segretario generale introdotta da Sergio Chiamparino e ancora in forse nei progetti di Cirio, risulta una delle più ambite e potenti, non foss’altro per il rapporto diretto con il governatore. Un posto al quale sembra essere destinata Paola Casagrande attuale direttore alla Cultura e Sport, dirigente molto stimata dal presidente.

QUI LA BOZZA DELLA RIORGANIZZAZIONE

Altra innovazione quella rappresentata dalla direzione per il Coordinamento delle politiche e dei fondi europei, tema caro all’ex europarlamentare oggi governatore che non a caso ha deciso di gestire in prima persona. E questa direzione non può che rischiare di apparire una sorta di commissariamento gentile di altre tre che proprio sulle risorse che arrivano da Bruxelles basano gran parte dell’attività: l’Agricoltura – lasciata libera da Valter Galante andato a governare l’Asl di Alessandria per la cui successione sono dati in lizza i due attuali dirigenti Mario Ventrella e Paolo Balocco – ma anche la Competitività del sistema regionale e l’Istruzione con, in questo caso particolare, la Formazione.

Chi va, chi viene, chi resta: i pronostici che si ripetono ad ogni giro di nomine non fanno eccezione neppure questa volta. Tra i nomi su cui molti scommettono per una riconferma, magari con cambio di poltrona, c’è quello di Paolo Frascisco che puntava alla formalizzazione dell’interim alla segreteria generale e forse dovrà “accontentarsi” di una direzione “semplice”, così come quello di Giovanni Lepri nel settore delle finanze. In crescita pure il borsino di Loredana Annaloro (ex Ires) attualmente a capo del settore dell’anticorruzione. Tutti nomi interni all’alta burocrazia regionale, questi. Ma non è affatto detto che non ci possa essere una certa iniezione di figure esterne, anche in arrivo da altre regioni, nei gangli amministrativi di un ente politicamente non più isolato rispetto agli altri territori del Nord.

E che, ormai, sia certo l’arrivo da oltre i confini piemontesi del futuro direttore della Sanità non lo nasconde più nessuno. Il ruolo più importante, per peso nel bilancio regionale e per impatto sulla vita dei cittadini, è anche e non da oggi il più difficile cui trovare la figura adeguata. Per dare l’idea della strategicità di quella poltrona basta ricordare come Chiamparino decise di chiamare, nel 2014, Fulvio Moirano prima ancora di designare l’assessore.

Negli anni successivi i ricambi, dopo le dimissioni del manager migrato in Sardegna, risultarono meno facili: per portare a Torino dal ministero della Salute Renato Botti Chiamparino e l’allora assessore Antonio Saitta dovettero raschiare il fondo del barile e trovare il modo di aumentare lo stipendio del 20%, più una serie di incentivi. Botti incassò, poi quando arrivò l’offerta dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti, senza che molti si fossero accorti della sua presenza mollò baracca e brurattini, lasciando la Regione in braghe di tela, soccorsa dal civil servant Bono nominato al suo posto.

Tra un mese Bono andrà in pensione e non è quello un ruolo da lasciare vacante, ancor più visto il coordinamento della Sanità in capo all’assessore Luigi Icardi in seno alla Conferenza delle Regioni. Caduti uno via l’altro come petali non pochi nomi di papabili – dal “tedesco” Thomas Schael, a Domenico Mantoan, il doge della sanità veneta che Luca Zaia avrebbe volentieri ceduto a un recalcitrante Cirio e che invece ha poi piazzato alla presidenza di Aifa e, prima ancora, svanita l’eventualità di portare a Torino dalla direzione generale del Niguarda Marco Bosio, solo per citarne alcuni – l’attenzione di Cirio, il quale ha ribadito più volte di volere “il meglio”, si sarebbe concentrata su una figura di spicco a livello nazionale.

L’idea di affidare il governo tecnico della sanità piemontese a Mario Melazzini, sembra attrarre molto il governatore. Medico specialista in ematologia, master in management sanitario, pagine di curriculum con ruoli dirigenziali in strutture sanitarie pubbliche e di vertice in istituti privati, un’esperienza da assessore regionale in Lombardia, Melazzini insignito dell’Ambrogino d’oro per la sua testimonianza di malato di Sla nell’impegno a favore di una “migliore qualità della vita ai pazienti e alle loro famiglie attraverso l'esperienza del Centro Nemo, da lui fondato all'ospedale Niguarda”, nel 2016 viene nominato dall’allora ministro Beatrice Lorenzin direttore dell’Agenzia nazionale del farmaco.

“Mi dissero che puntavano su di me per avere dimostrato nella mia vita una certa capacità scientifica e abilità amministrativa, perché certamente sarei stato dalla parte dei pazienti e non perché di quel mondo faccio parte, ma perché della mia malattia ho colto l’opportunità che mi è stata offerta: cambiare lo sguardo sulla quotidianità, sulla vita”, aveva ricordato quando con l’arrivo al ministero della pentastellata Giulia Grillo e l’annuncio di voler cambiare anzitempo il vertice di Aifa, si era dimesso.

Attualmente Melazzini, oltre a presiedere la Fondazione italiana di ricerca sulla Sla, dirige l’Irccs Maugeri di Pavia ed è componente del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Convinto sostenitore dei vaccini, in Aifa era riuscito a far abbassare i prezzi alle industrie farmaceutiche. Durante il suo mandato, “in un Paese dove per colpa di certa politica suggestionabile lo Stato stava per regalare miliardi a ciarlatani senza scrupoli”, come disse riferendosi alla vicenda stamina, riuscì ad autorizzare il primo farmaco per il trattamento per l’Atrofia spinale muscolare, rendendo accessibile una cura per una malattia che prima non ne aveva.

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