INDUSTRIA & LAVORO

Ilva, la crisi più grave del Piemonte

In una regione in ginocchio, l'addio di Arcelor Mittal potrebbe essere l'ennesimo colpo ferale all'economia. Oltre 800 addetti tra Novi Ligure e Racconigi, mille a Genova, altrettanti nell'indotto: tutto il Nord Ovest rischia di pagare un prezzo altissimo

Ottocentoquindici. È il numero dei dipendenti dell’Ilva in Piemonte (681 a Novi Ligure, 134 a Racconigi). È la cifra, ad oggi, più pesante nella drammatica classifica delle crisi occupazionali nella regione. Senza contare l’indotto che, soprattutto attorno all’impianto di Novi Ligure, almeno raddoppia il numero dei posti a rischio. Per restare ai numeri, Embraco – amaro simbolo della crisi in Piemonte – conta 409 addetti.

Strano destino quello dello stabilimento siderurgico di Novi Ligure, così come quello di Racconigi: l’essere una propaggine del colosso tarantino, spesso ne ha ridotto l’attenzione riservatagli dalle istituzioni rispetto ad altre emergenze del tessuto economico e sociale piemontese. Capitò così anche in passato. Oggi di fronte al quadro drammatico dell’abbandono di Arcelor Mittal e a una tardiva corsa ai ripari della politica tutta (e tutta a vario modo responsabile), il Piemonte scopre la sua più grande emergenza occupazionale per numero di addetti e per indotto, oltre che per residenti nell’area del Basso Piemonte occupati o legati allo stabilimento di Genova oltre a quello di Novi Ligure.

E proprio da Genova, ancora una volta e prima che da Torino, arriva un segnale forte: "Le istituzioni sono al fianco di ogni iniziativa che i sindacati vorranno prendere a tutela dei colleghi, dell'occupazione ma anche di un settore strategico come l'acciaio" ha annunciato il presidente della Regione Giovanni Toti al termine del tavolo con i sindacati, Fim Fiom e Uilm, e una delegazione di lavoratori dell'Ilva di Genova per discutere della situazione dello stabilimento di Cornigliano. "Abbiamo fatto un primo confronto - ha spiegato Toti - perché ci tenevo a dire ai sindacati e a tutti i lavoratori quella che è la posizione dell'istituzione Regione e anche del Comune”.

Nella lettera inviata ai sindacati e alle rsu, Arcelor Mittal sottolinea che "la protezione legale costituiva un presupposto essenziale su cui Am Investco e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all'operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal contratto". Inoltre, prosegue il testo, "nella comunicazione di cessazione Am InvestCo ha altresì dichiarato, in subordine, anche a fronte di una serie di altre circostanze (fra le quali, esemplificativamente, la prefigurata impossibilità di operare l'altoforno numero 2 per effetto dei provvedimenti giudiziari ad esso relativi) che il contratto è risolto di diritto per sopravvenuta impossibilità di eseguirlo e che, in via di ulteriore subordine, ne chiederà la risoluzione giudiziale per i gravi inadempimenti delle società concedenti e/o per eccessiva onerosità della prestazione di Am Investco e delle società designate".

E mentre a Palazzo Chigi era in corso l’incontro con il vertice di Arcelor Mittal, hanno continuato a susseguirsi prese di posizione di sindacati e partiti. “Se la scelta sarà tra Governo e lavoratori, i democratici staranno al fianco di questi ultimi" e la decisione "sullo scudo penale, sbagliata, va sanata al piu' presto" hanno dichiarato Enzo Lavolta e Giordano Otello Marilli, rispettivamente responsabile Lavoro per iol Pd regionale e segretario del partito a Novi Ligure. "La decisione di Arcelor Mittal di ritirarsi dalla gestione dell'ex Ilva impone alla politica e innanzitutto al Governo di mettere in campo ogni azione necessaria per la salvaguardia del lavoro e dell'industria siderurgica".

 "Proviamo ad essere Italiani: una delegazione di tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione, insieme al governo, riunite a Taranto, affinché si trovi una soluzione " ,propone il leader dei Moderati, Giacomo Portas, indipendente di Italia Viva "Un accordo che tuteli la salute dei tarantini, e che salvi le migliaia di posti di lavoro, anche con gli aiuti di stato. Sarebbe un messaggio positivo e di unità che potremmo dare come paese sia all'Europa, sia al mondo intero",

Al netto di queste e altre prese di posizioni, resta quella sensazione di marginalità che sembra connotare la vicenda Ilva in Piemonte. Se Genova, dove gli addetti sono 1.016, è pronta a mobilitarsi probabilmente il prossimo 11 novembre e in Regione si è tenuto un tavolo oggi, Torino sembra ancora una volta un po’ (troppo) lontano da Novi Ligure e da Racconigi. Anche se i numeri sono chiari e raccontano della più grande crisi occupazionale con cui il Piemonte si appresta a dover fare i conti.

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